Destro, stavolta è addio senza clamore né gloria
Era stato il primo colpo di Saputo però non è mai riuscito a incidere
Ieri Mattia Destro ha ricevuto l’ultima telefonata in tarda serata, era già tutto fatto: il sì tra Bologna e Genoa era arrivato. Ci lavoravano da due mesi, ma ancora una volta Destro sembrava destinato a dover restare qui. E invece doveva succedere, prima o poi. Solo che nessuno se lo immaginava così: all’inizio di un gennaio qualsiasi, senza clamore, né gloria. Dopo oltre cento partite (112, coppe comprese) e 29 gol, Mattia cambia lascia Bologna, le due torri, la città che lo aveva accolto come un messia. Quando arrivò, nel 2015, alla stazione andarono a prenderlo in cinquecento. Era stato il primo vero grande colpo di Joey Saputo, un attaccante simbolo di una rinascita. Era il Bologna che tornava su dalla Serie B, che aveva cambiato proprietà, che stava imparando a sognare in grande, che aveva scelto lui, azzurro, in cerca di un rilancio, per darsi un’immagine. Lo avevano messo sulle tessere degli abbonamenti, la faccia del rinascimento rossoblù. Le sue maglie erano le più vendute, le più richieste.
ODI ET AMO. Una costante che in questi anni, anche quando non segnava, anche quando stava in panchina, anche quando spariva dai radar, non si è mai spenta. Ci sono uomini circondati da un’aura speciale, persone che creano scalpore o stupore. Destro a Bologna aveva suscitato tutto questo. Quando c’era da incitare la squadra a Casteldebole, c’era sempre un coro fatto per lui. E quando in attacco serviva un attaccante, il nome di Destro era sempre quello della speranza. Forze uguali e contrarie nel suo status di calciatore svogliato, ciondolante, di giocatore che non ha mia trovato una continuità. Pochissime interviste (preferiva non parlare), tantissimi gli infortuni (oltre 240 giorni di stop), troppe le gare saltate. Uno stipendio (1,8 milioni) che è sempre stato pomo della discordia: per molti guadagnava troppo, per altri l’equivalente della sua leadership.
RINASCITA. Con gli allenatori ha avuto sempre gioie e dolori, a cominciare da Donadoni, il primo che aveva provato a spronarlo, che per lui spese parole da nazionale, fino a Mihajlovic. Con Sinisa, Destro sembrava aver ritrovato se stesso, quello di lui ragazzino, che tutti davano come il campione del futuro. L’anno scorso aiutò la squadra a raggiungere il decimo posto, al punto che l’esultanza per un gol gli costò uno stiramento: era solo un’espressione di libertà. Non è durata. In ritiro Destro promise di non deludere nessuno. Non ce l’ha fatta. Adesso torna al Genoa, che guarda caso è la squadra con cui esordì in A dieci anni fa (era la stagione 10/11). Ed è anche il posto giusto, forse, dove riannodare gli errori e rinascere.