Fuorigioco di centimetri il Var non sarà utilizzato
Verso un’altra rivoluzione Ifab per i casi più controversi Casarin: «Ma è giusto così»
Reggetevi forte: sta arrivando il post-calcio. È figlio del postmoderno e di una cultura che prima stabilisce le regole e poi, con la stessa velocità, le frantuma creando sempre più confusione. L’Ifab ha detto basta alla rilevazione geometrica del fuorigioco.
«A secondo del frame scelto per analizzare l’azione possono ballare 20 centimetri E quei “fenomeni” della Fifa vendono la perfezione...»
«Prima si cercava di favorire il gioco d’attacco, adesso le difese, quando tutto il calcio evolve in favore dello spettacolo: non ha senso»
Reggetevi forte: sta arrivando il post-calcio. È figlio del postmoderno e di una cultura che prima stabilisce le regole e poi, con la stessa velocità, le frantuma creando sempre più confusione. L’Ifab, l’organo internazionale composto da 8 persone che domina il calcio e i suoi regolamenti, ha detto basta alla rilevazione geometrica del fuorigioco. Ci chiederanno di dimenticare la tecnologia 3D, le linee tracciate al millimetro, le punte degli scarpini oltre l'ultimo difensore. «Un fuorigioco di un millimetro è fuorigioco – ha spiegato il segretario generale Lukas Brud – ma se la prima decisione è di non fischiarlo e il Var deve usare 12 telecamere, vuol dire che non si trattava di un chiaro ed evidente errore». Il ragionamento, in teoria, non fa una piega. Solo che in Italia gli arbitri hanno sbandierato per mesi il “modello fuorigioco” come esempio di perfetta funzionalità del Video Assistant Referee. L’Ifab potrebbe aver scelto di tornare al passato (inserendo un margine accettabile e rivalutando il ruolo del guardalinee) per una questione regolamentare: nella revisione dell’azione al monitor, l’immagine corretta è quella in cui l’autore del passaggio tocca il pallone per destinarlo al compagno, non quella in cui la palla si stacca dal suo piede. Al Var, per un difetto tecnologico, non sempre viene scelto il frame giusto e tra una situazione e l’altra (pallone toccato o pallone che si stacca dal piede) l’attaccante potrebbe aver percorso anche 20 centimetri, finendo in fuorigioco. Ne abbiamo parlato con Paolo Casarin, ex arbitro internazionale e designatore.
Casarin, che sta succedendo? «Si sono accorti che calcolare il fuorigioco sulla posizione attaccante-difensore non è sufficiente. Bisogna sapere con esattezza quando è partito il lancio o il passaggio. Esiste una straordinaria e inutile precisione nella parte finale dell’azione, mentre c’è il buio più assoluto sulla situazione di partenza. Sbagliare frame vuol dire sbagliare la valutazione anche di 1520 centimetri».
Lei è d’accordo con la proposta dell’Ifab? Dicono che non bisogna più intervenire sulle questioni di centimetri
«Sì, sono d’accordo. Oggi è come se dicessimo: facciamo una gara sui 100 metri però misuriamo solo il tempo degli atleti al traguardo, senza controllare se la partenza è corretta. Assurdo».
Cipermetta:significaabbandonare l’oggettività. Il fuorigioco come lo interpretiamo oggi è stato accettato da tutti…
«Quando il guardalinee contava davvero, doveva accorgersi del momento in cui partiva il pallone e contemporaneamente controllare il movimento dell’attaccante. I 20 centimetri di cui parlavo erano un margine più che accettabile di errore. La misura per determinare un fuorigioco era la luce tra attaccante e difensore: se la figura del primo si trovava avanti rispetto al secondo si alzava la bandierina. Ma quei fenomeni della FIFA hanno preferito abbandonare il buonsenso. Se vogliamo misurare i centimetri sulla linea, dobbiamo essere certi che la stessa oggettività possa essere dimostrata nel momento in cui parte il pallone».
Quindi nessun tipo di tecnologia nel calcio è perfetta…
«L’occhio di falco lo è. La valutazione sul gol-no gol viene fatta dalla macchina: è un dato oggettivo se il pallone supera la linea oppure no. Sul fuorigioco un essere umano sceglie il frame di partenza e poi la tecnologia si accorge se c’è un’unghia in offside».
Un bilancio dopo due anni e mezzo del Var in Italia?
«Il Var è in possesso del 15% delle Federazioni affiliate alla FIFA. Ci vogliono anni per migliorarlo, è stata una bugia farci credere che siamo alla fine dell’esperimento. Secondo lei si sono accontentati o volevano venderlo come un prodotto perfetto?».
Lei che risposta si dà? «Secondo me hanno messo troppe regole. Ci voleva più tempo per far digerire lo strumento, in primis agli arbitri che non erano pronti a usarlo. Il Var serve ad abbattere un certo numero di errori evidenti, non ad annullarli. Continuo a pensare che l’arbitro in certe circostanze veda meglio della macchina, almeno finché i robot non sostituiranno i direttori di gara. E quello, datemi retta, sarà un brutto giorno per il calcio».
Latecnologiaèsfuggitadallemani di chi l’ha pensata?
«Penso di sì. Hanno voluto fare i super precisi senza avere lo strumento giusto. E poi c’è un altro tema centrale».
Quale?
«Con la vecchia valutazione del fuorigioco si favoriva l’attaccante, che poteva essere avanti di qualche centimetro ma non superare la figura del difensore. Con questa storia del 3D si sceglie, invece, di dar ragione sempre alle difese, tanto è vero che sono stati annullati decine di gol in più. In un momento in cui il calcio progredisce verso il gioco offensivo, e in cui tutte le regole sono finalizzate a migliorare lo spettacolo, è stato un ragionamento contro senso».
Si torna al passato quindi. «Difficile che possa accadere subito. E i gol annullati fin qui? Potrebbero essere messi in discussione. Il problema è che la gente non sta capendo più dove vogliono portare il calcio».
Che responsabilità ha l’Ifab nella confusione attuale? «L’International Football Association Board tutela le regole. Forse oggi decidono un po’ troppo velocemente, senza aspettare i risultati. Servirebbe più cautela. Quando ero disegnatore ci ho messo tre anni a farmi approvare l’introduzione dei minuti di recupero».
È nato tutto per la polemica del presidente Uefa Ceferin, che a iniziodicembrechieseunatolleranza di 10-20 centimetri sul fuorigioco e attaccò il nostro calcio dicendo: "Non si capisce nulla, in Serie A ci mettono mezz'ora per controllare un fallo di mano”. «Lui ha detto che il Var così non ha senso di esistere. Questa precisione esasperata non è richiesta. Ripeto, deve esserci solo sul gol che è l’elemento essenziale del calcio».
Neanche sul fallo di mano? «Oggi si parla dell’uomo vitruviano per capire come il difensore può tenere le braccia in area. Questa roba finirà prima o poi in qualche libro di barzellette. L’involontarietà è la base del gioco. Il rigore di Cagliari-Brescia alla 1ª giornata, con il difensore girato di spalle e il pallone che gli finisce sul braccio, è il simbolo di questa assurdità».
Lei non l’avrebbe mai fischiato?
«Io quasi non davo i rigori che c’erano, si figuri quelli inesistenti (ride, ndr)».