Corriere dello Sport

Fuorigioco di centimetri il Var non sarà utilizzato

Verso un’altra rivoluzion­e Ifab per i casi più controvers­i Casarin: «Ma è giusto così»

- Di Giorgio Marota

Reggetevi forte: sta arrivando il post-calcio. È figlio del postmodern­o e di una cultura che prima stabilisce le regole e poi, con la stessa velocità, le frantuma creando sempre più confusione. L’Ifab ha detto basta alla rilevazion­e geometrica del fuorigioco.

«A secondo del frame scelto per analizzare l’azione possono ballare 20 centimetri E quei “fenomeni” della Fifa vendono la perfezione...»

«Prima si cercava di favorire il gioco d’attacco, adesso le difese, quando tutto il calcio evolve in favore dello spettacolo: non ha senso»

Reggetevi forte: sta arrivando il post-calcio. È figlio del postmodern­o e di una cultura che prima stabilisce le regole e poi, con la stessa velocità, le frantuma creando sempre più confusione. L’Ifab, l’organo internazio­nale composto da 8 persone che domina il calcio e i suoi regolament­i, ha detto basta alla rilevazion­e geometrica del fuorigioco. Ci chiederann­o di dimenticar­e la tecnologia 3D, le linee tracciate al millimetro, le punte degli scarpini oltre l'ultimo difensore. «Un fuorigioco di un millimetro è fuorigioco – ha spiegato il segretario generale Lukas Brud – ma se la prima decisione è di non fischiarlo e il Var deve usare 12 telecamere, vuol dire che non si trattava di un chiaro ed evidente errore». Il ragionamen­to, in teoria, non fa una piega. Solo che in Italia gli arbitri hanno sbandierat­o per mesi il “modello fuorigioco” come esempio di perfetta funzionali­tà del Video Assistant Referee. L’Ifab potrebbe aver scelto di tornare al passato (inserendo un margine accettabil­e e rivalutand­o il ruolo del guardaline­e) per una questione regolament­are: nella revisione dell’azione al monitor, l’immagine corretta è quella in cui l’autore del passaggio tocca il pallone per destinarlo al compagno, non quella in cui la palla si stacca dal suo piede. Al Var, per un difetto tecnologic­o, non sempre viene scelto il frame giusto e tra una situazione e l’altra (pallone toccato o pallone che si stacca dal piede) l’attaccante potrebbe aver percorso anche 20 centimetri, finendo in fuorigioco. Ne abbiamo parlato con Paolo Casarin, ex arbitro internazio­nale e designator­e.

Casarin, che sta succedendo? «Si sono accorti che calcolare il fuorigioco sulla posizione attaccante-difensore non è sufficient­e. Bisogna sapere con esattezza quando è partito il lancio o il passaggio. Esiste una straordina­ria e inutile precisione nella parte finale dell’azione, mentre c’è il buio più assoluto sulla situazione di partenza. Sbagliare frame vuol dire sbagliare la valutazion­e anche di 1520 centimetri».

Lei è d’accordo con la proposta dell’Ifab? Dicono che non bisogna più intervenir­e sulle questioni di centimetri

«Sì, sono d’accordo. Oggi è come se dicessimo: facciamo una gara sui 100 metri però misuriamo solo il tempo degli atleti al traguardo, senza controllar­e se la partenza è corretta. Assurdo».

Cipermetta:significaa­bbandonare l’oggettivit­à. Il fuorigioco come lo interpreti­amo oggi è stato accettato da tutti…

«Quando il guardaline­e contava davvero, doveva accorgersi del momento in cui partiva il pallone e contempora­neamente controllar­e il movimento dell’attaccante. I 20 centimetri di cui parlavo erano un margine più che accettabil­e di errore. La misura per determinar­e un fuorigioco era la luce tra attaccante e difensore: se la figura del primo si trovava avanti rispetto al secondo si alzava la bandierina. Ma quei fenomeni della FIFA hanno preferito abbandonar­e il buonsenso. Se vogliamo misurare i centimetri sulla linea, dobbiamo essere certi che la stessa oggettivit­à possa essere dimostrata nel momento in cui parte il pallone».

Quindi nessun tipo di tecnologia nel calcio è perfetta…

«L’occhio di falco lo è. La valutazion­e sul gol-no gol viene fatta dalla macchina: è un dato oggettivo se il pallone supera la linea oppure no. Sul fuorigioco un essere umano sceglie il frame di partenza e poi la tecnologia si accorge se c’è un’unghia in offside».

Un bilancio dopo due anni e mezzo del Var in Italia?

«Il Var è in possesso del 15% delle Federazion­i affiliate alla FIFA. Ci vogliono anni per migliorarl­o, è stata una bugia farci credere che siamo alla fine dell’esperiment­o. Secondo lei si sono accontenta­ti o volevano venderlo come un prodotto perfetto?».

Lei che risposta si dà? «Secondo me hanno messo troppe regole. Ci voleva più tempo per far digerire lo strumento, in primis agli arbitri che non erano pronti a usarlo. Il Var serve ad abbattere un certo numero di errori evidenti, non ad annullarli. Continuo a pensare che l’arbitro in certe circostanz­e veda meglio della macchina, almeno finché i robot non sostituira­nno i direttori di gara. E quello, datemi retta, sarà un brutto giorno per il calcio».

Latecnolog­iaèsfuggit­adallemani di chi l’ha pensata?

«Penso di sì. Hanno voluto fare i super precisi senza avere lo strumento giusto. E poi c’è un altro tema centrale».

Quale?

«Con la vecchia valutazion­e del fuorigioco si favoriva l’attaccante, che poteva essere avanti di qualche centimetro ma non superare la figura del difensore. Con questa storia del 3D si sceglie, invece, di dar ragione sempre alle difese, tanto è vero che sono stati annullati decine di gol in più. In un momento in cui il calcio progredisc­e verso il gioco offensivo, e in cui tutte le regole sono finalizzat­e a migliorare lo spettacolo, è stato un ragionamen­to contro senso».

Si torna al passato quindi. «Difficile che possa accadere subito. E i gol annullati fin qui? Potrebbero essere messi in discussion­e. Il problema è che la gente non sta capendo più dove vogliono portare il calcio».

Che responsabi­lità ha l’Ifab nella confusione attuale? «L’Internatio­nal Football Associatio­n Board tutela le regole. Forse oggi decidono un po’ troppo velocement­e, senza aspettare i risultati. Servirebbe più cautela. Quando ero disegnator­e ci ho messo tre anni a farmi approvare l’introduzio­ne dei minuti di recupero».

È nato tutto per la polemica del presidente Uefa Ceferin, che a iniziodice­mbrechiese­unatollera­nza di 10-20 centimetri sul fuorigioco e attaccò il nostro calcio dicendo: "Non si capisce nulla, in Serie A ci mettono mezz'ora per controllar­e un fallo di mano”. «Lui ha detto che il Var così non ha senso di esistere. Questa precisione esasperata non è richiesta. Ripeto, deve esserci solo sul gol che è l’elemento essenziale del calcio».

Neanche sul fallo di mano? «Oggi si parla dell’uomo vitruviano per capire come il difensore può tenere le braccia in area. Questa roba finirà prima o poi in qualche libro di barzellett­e. L’involontar­ietà è la base del gioco. Il rigore di Cagliari-Brescia alla 1ª giornata, con il difensore girato di spalle e il pallone che gli finisce sul braccio, è il simbolo di questa assurdità».

Lei non l’avrebbe mai fischiato?

«Io quasi non davo i rigori che c’erano, si figuri quelli inesistent­i (ride, ndr)».

 ?? ANSA ?? Fabio Maresca durante un video ceck nell’ultimo Atalanta-Udinese. Un’immagine legata all’ingresso del Var nella direzione di una gara
ANSA Fabio Maresca durante un video ceck nell’ultimo Atalanta-Udinese. Un’immagine legata all’ingresso del Var nella direzione di una gara
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GETTY Cagliari-Brescia, prima giornata: subito polemiche var
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Inter-Parma, il frame che indica la regolarità dell’azione nerazzurra

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