«È ARRIVATO UN VERO LEADER AVEVA RAGIONE GATTUSO»
«Esperti e giovani, il mix è giusto purché Ibra non diventi un alibi»
MILANO - «Il Milan guadagna mille punti con il ritorno di Ibrahimovic». Per Gianmarco Tognazzi, attore e tifosissimo del Milan, era ciò che serviva ai rossoneri in questa precisa fase storica. «Zlatan è la soluzione ideale per com’è messo ora il club, ovvero un giocatore d’esperienza che possa far crescere i giovani della rosa per poi passargli il testimone, ciò che il Milan ha sempre fatto dagli anni 80 fino al 2012. Prendere uomini d’esperienza e attorno far crescere giocatori di prospettiva come Leao». È il miglior acquisto dell'era Elliott?
«E’ il più intelligente sicuramente. E non solo dal punto di vista sportivo, guardiamo anche al merchandising, all’entusiasmo e tutti gli introiti. Perché si cerca di riproporre, con una diversa proprietà, il modo di fare del vecchio Milan. Perché la storia del club è cambiata proprio al momento della cessione di Ibra e Thiago Silva, quando si decise di rinunciare alla spina dorsale della rosa. Con quei giocatori lì bastava inserire un paio di giovani ogni anno e il Milan sarebbe stato competitivo. Io ad esempio Silva lo riprenderei per far crescere Romagnoli. Questa è la tradizione del Milan, grandi campioni che crescono giovani talenti da inserire pian piano». Appenaèarrivatohachiestosubito di allenarsi, poi ieri gol e assist in amichevole. Ibra è già pronto per giocare?
«E’ un esempio di professionalità, e una presenza fondamentale per una squadra molto giovane, ma allo stesso tempo ha ragione Boban quando dice che gli altri non dovranno nascondersi dietro le spalle larghe dello svedese. Ibra viene per dare un aiuto fisico e mentale, di lavoro e di come si sta in uno spogliatoio, però gli
altri giocatori non possono pararsi dietro di lui. Zlatan deve essere solo l’esempio da seguire».
Ci sarà la pazienza di aspettarlo?
«Ci vorrà calma per almeno 3-4 partite, ma so già che i giudizi saranno definitivi al primo stop sbagliato. Appena effettuerà un passaggio errato si dirà che è morto e finito, un classico del nostro Paese, in cui manca cultura sportiva. La cosa che mi spaventa è che le critiche potrebbero arrivare dagli stessi milanisti, perché si aspettano subito gol e assist dallo svedese».
Con chi lo schiererebbe in attacco?
«Accanto a Ibra cresce bene chiunque. Poi dipende se giochi a tre punte o due. Piatek ha una maturità da consolidare rispetto alle buone aspettative dell’anno scorso. Leao deve crescere nel tempo, perché è caratteriale, mi ricorda molto Niang o Balotelli».
Rispetto ai ritorni di Kakà e Sheva, perché quello di Ibra dovrebbe essere diverso? «Perché con gli altri due si puntava a una necessità sportiva, oggi c’è una necessità più importante, che è di forza e autorità. Nessuno ha il carisma di Ibra, lui è unico. E’ ciò che rappresenta come modello professionale, come forza individuale. Da Zlatan mi aspetto meno dal punto di vista sportivo, lo sa anche lui che non ha più 28 anni.
Mi aspetto un apporto mentale e di leadership. Mi ricorda più Gattuso come mentalità, ma in generale credo che Zlatan sia unico». Qual è la cura per il Milan? «Basta rivoluzioni, serve continuità e compattezza. Il Milan ha sempre ragionato così in passato, cambiando solo il minimo. Invece oggi si cambia troppo compulsivamente, prendevamo in giro i cugini perché cambiavano allenatore ogni tre mesi, invece oggi siamo noi a farlo. Si stravolge tutto troppo velocemente, e ogni volta finiscono nel tritacarne allenatori, giocatori e dirigenti».
Aveva ragione Gattuso allora: bastavano elementi d’esperienza… «La chiave è la continuità. Io avrei proseguito con Gattuso, l’avrei accontentato sul mercato prendendo tre giocatori esperti. Avrei confermato Zapata al posto di Duarte, ma questa è stata una scelta della proprietà che non ha voluto rinnovare il contratto agli anziani. L’errore di valutazione della dirigenza è stato su Rebic, ma hanno iniziato a lavorare insieme solamente sei mesi fa».
Che si aspetta da questo 2020? «Serve calma e persistenza. Dal Milan di Berlusconi in poi sono cambiate troppe cose, come se la soluzione fosse la rivoluzione, e soprattutto si pretende che il cambiamento porti risultati immediati. Parliamo di qualcosa che non esiste nel mondo del calcio, nessuno cambia e trova la quadra in due settimane. Bisogna proseguire su una strada di crescita, soprattutto se parti con una rosa giovane».
«Bisognerà avere pazienza, non darlo per finito al primo passaggio errato»