Il piano del 4-3-3 firmato Gattuso
- Per cominciare, conviene dimenticare Jorginho, la sua natura verticale, quella tendenza sfacciata ad osare, andando a cercare gli angoli di passaggio più reconditi. Non ne nascono poi tanti di registi del genere e se ci sono, e ci sono, appartengono ad un calcio inavvicinabile, mica solo economicamente ma anche - soprattutto - filosoficamente: non si vende un talento, se non a prezzi irragionevoli, come quei sessanta milioni sborsati dal Chelsea in una tranche. Ma ci sono varie forme di calcio e anche di impostazione e per uscire da quel tunnel tattico la luce può generarla altro: una protezione solida dinnanzi alla difesa, una costruzione rigorosa e semmai anche elementare ma illuminante; una capacità di occupare lo spazio e poi crearselo da solo; attraverso il movimento dei centrocampi, gli intermedi come li chiamano oggi, i mediani e le mezze ali di un tempo; o anche lasciando che il Napoli sviluppi attraverso le catene. E per continuare, val la pena anche di soffocare il ricordo di un’epoca assai vicina, quella nella quale, sulla corsia di sinistra, nell’eleganza dei movimenti di entrata e di uscita dal campo e dalle linee, Ghoulam, Hamsik e Insigne hanno acceso i sogni.
TALENTO. Jorginho non c’è più, da un bel po’, né il Napoli insegue qualcuno che lo scimmiotti o gli somigli, impossibile vivere nella nostalgia: ma si può fare diversamente, schermando la difesa - e dunque liberando Allan - con una protezione che non è solo fisica ma intellettiva, attraverso un play esaltato da Hamsik e ritenuto compatibile e funzionale nella «languida ossessione» del 4-3-3. Lobotka ha i tempi, la padronanza del tempo di gioco e dei movimenti, una funzionalità e una immediatezza nel ripartire, e intorno a lui, poi, avrebbe centrocampisti di dinamismo e di corsa come Allan, di fascinoso palleggio come Zielinski e Fabian, uomini che sanno scandire le proprie irruzioni, alternandosi e provando a spaccare la trequarti avversaria.
CI VUOLE CALLEJON. Serviranno gli equilibri smarriti, ma anche quella ferocia che a Reggio Emilia, prima della sosta, Gattuso ha visto negli occhi di tigre dell’ultima mezz’ora, dopo sessanta minuti d’inconsistenza. E attraverso la sintonia che è nelle corde degli interpreti, anche riappropriarsi dei ribaltamenti classici e sempre però geniali, da Insigne a Callejon per dirne una, un sistema che stia dentro gli schemi e che semmai li esalti da sè, ripercorrendo tracce del proprio passato però guardando avanti, verso l’area altrui, nella quale il governatore resterà Milik. Ma tutto dovrà sorgere là in mezzo, lasciandosi cullare dal vento dell’Est.
Allan e Zielinski restituiti ai loro ruoli di intermedi Fabian Ruiz rischia