Corriere dello Sport

La forza della sua gente

- Di Stefano Chioffi

Di padre in figlio, da nonno a nipote, tenendosi per mano: sono loro, generazion­i di famiglie, che hanno cucito con pazienza e fedeltà questi centoventi anni di Lazio, accompagna­ndola in ogni epoca, nei giorni di sole e in quelli di tempesta.

Di padre in figlio, da nonno a nipote, tenendosi per mano: sono loro, generazion­i di famiglie, che hanno cucito con pazienza e fedeltà questi centoventi anni di Lazio, accompagna­ndola in ogni epoca, nei giorni di sole e in quelli di tempesta, quando il pallone era solo football e un’invenzione degli inglesi, un gioco per tutti, e ora che è un business mondiale e crea a volte troppe distanze e barriere verso chi lo segue con amore. I tifosi hanno sempre fatto la differenza, prima ancora dei presidenti e dei campioni, anche se i loro nomi non sono raccolti in un almanacco e in un albo d’oro. Gli ideali si nutrono nel segno della continuità e del senso di appartenen­za: i gol più belli, in rovesciata e di tacco, nascono dall’istinto geniale di un fuoriclass­e, ma in uno stadio senza voci né bandiere diventereb­bero capolavori scritti sulla sabbia e cancellati da un’onda. Questa è la festa della gente, dei papà, delle mamme e dei bambini: di chi lega alla Lazio non solo i ricordi di un campionato vinto all’ultimo minuto o di una Supercoppa conquistat­a qualche giorno fa a Riyad, ma la mappa della propria vita, perché ogni partita può significar­e un momento, una situazione, che ciascuno si porta nel cuore. Dentro il valore di una maglia c’è la capacità di fermare il tempo, di coniugare personaggi distanti anche oltre un secolo, partendo dal 1900, da una Roma dove in estate la gente faceva il bagno nel Tevere.

La Lazio è un formidabil­e gioco di specchi che ha il potere di rimettere insieme qualche pezzo di storia, l’evoluzione di una città e di un Paese. Gioie e cicatrici, emozioni e dolori. E’ un’enorme cattedrale pagana che ha battezzato il calcio dei pionieri, quello di Ancherani, il primo capitano, e lo stile di un centravant­i con la brillantin­a come Piola. E che continua a riconoscer­si in Sentimenti IV, il portiere che tirava i rigori, e nelle parate in tuffo di Lovati, nella dolcezza di Maestrelli e nello spirito ribelle di Chinaglia, nella generosità di Re Cecconi e nelle magie di Giordano, nella forza dell’unione di Fascetti - durante un allenament­o a Gubbio - quando da un telefono a gettoni arrivò la notizia della penalizzaz­ione di 9 punti, e in un gol baciato dal piede destro di Fiorini. È la Lazio che si sposa nella saggezza di Zoff e nella velocità di Signori, nell’eleganza di Nesta e nel carisma di Mancini, nel giro di campo di Eriksson con il tricolore e nel derby di Lulic, fino alle meraviglie di Inzaghi e alla gigantogra­fia di Immobile, che per i tifosi è solo Ciro, un vicino di casa, un amico. In quei brindisi in piazza della Libertà e a Castel Sant’Angelo, ieri notte, c’era la Lazio di ogni età.

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