Il calcio ha le mani legate
C’è solo un modo di fare le cose: bene e rapidamente. Il resto è burocrazia. Su questo Rocco Commisso ha ragione da vendere.
C’ è solo un modo di fare le cose: bene e rapidamente. Il resto è burocrazia. Su questo Rocco Commisso ha ragione da vendere, anche se nessuno gliela comprerebbe e infatti gli introiti della Fiorentina restano quelli che sono, cinque volte inferiori alla media delle più facoltose squadre d’Europa, la metà più o meno di quelli di club italiani volenterosi che magari a lustri alterni frequentano la Champions League. Pure la pazienza è una virtù inflazionata e non basta a recuperare lo svantaggio del bilancio. Per quello serve lo stadio di proprietà, almeno per cominciare.
La pazienza costa poco e frutta ancora meno - infatti Commisso ha rinunciato ben presto ad adoperarla - perché da noi bisogna possederne tanta per tirare avanti. Vale per tutti coloro che hanno capito come funziona il calcio di oggi e non solo il calcio: è una problema di dimensione di business e di impatto sociale. Chi non si modernizza svanisce. Inutile che citiate significative eccezioni. Quelle esistono sempre. Esiste persino una società italiana di primo livello che ha deciso di costruirsi uno stadio e c’è riuscita con una certa rapidità, grazie a scelte azzeccate e a un certo peso politico. Comunque in quel lodevole caso tra l’accordo con l’amministrazione comunale e l’inaugurazione sono passati nove anni, tanto per dire che anche i ricchi languono.
Tra gli stadi di Serie A, e tra quelli non più utilizzati come il Flaminio di Roma, ci sono opere d’arte. Però le opere d’arte raramente e giusto per caso rispettano le norme di oggi in tema di sicurezza, di accessibilità, di fruizione da parte del pubblico e delle televisioni, di sfruttamento commerciale. Inaugurare uno stadio nuovo, e possederlo oppure averne la concessione in esclusiva, significa se proprio non hai il senso degli affari raddoppiare gli introiti nei giorni della partita. A saperlo sfruttare allarghi il bilancio di 50-60 milioni all’anno. Se hai fantasia lo usi come segnale di fumo visibile in tutto il mondo, a beneficio del merchandising. Per non parlare dei posti di lavoro in aumento, dell’indotto innescato dalla costruzione e dalle attività collegate all’impianto, della spinta economica per l’intera comunità.
Così fan dovunque. Non in Italia. Neppure a Roma, dove l’attesa è giunta all’ottavo anno. Neppure a Milano, dove erano partiti bene prima di accorgersi che la politica li osservava ghignando sinistramente. Commisso ha ragione da vendere, al pari di altri sei o sette presidenti di Serie A. Qualcuno dei quali, infatti, anziché vendere la ragione ha deciso di vendere la squadra.