Corriere dello Sport

Il calcio ha le mani legate

- di Marco Evangelist­i

C’è solo un modo di fare le cose: bene e rapidament­e. Il resto è burocrazia. Su questo Rocco Commisso ha ragione da vendere.

C’ è solo un modo di fare le cose: bene e rapidament­e. Il resto è burocrazia. Su questo Rocco Commisso ha ragione da vendere, anche se nessuno gliela comprerebb­e e infatti gli introiti della Fiorentina restano quelli che sono, cinque volte inferiori alla media delle più facoltose squadre d’Europa, la metà più o meno di quelli di club italiani volenteros­i che magari a lustri alterni frequentan­o la Champions League. Pure la pazienza è una virtù inflaziona­ta e non basta a recuperare lo svantaggio del bilancio. Per quello serve lo stadio di proprietà, almeno per cominciare.

La pazienza costa poco e frutta ancora meno - infatti Commisso ha rinunciato ben presto ad adoperarla - perché da noi bisogna possederne tanta per tirare avanti. Vale per tutti coloro che hanno capito come funziona il calcio di oggi e non solo il calcio: è una problema di dimensione di business e di impatto sociale. Chi non si modernizza svanisce. Inutile che citiate significat­ive eccezioni. Quelle esistono sempre. Esiste persino una società italiana di primo livello che ha deciso di costruirsi uno stadio e c’è riuscita con una certa rapidità, grazie a scelte azzeccate e a un certo peso politico. Comunque in quel lodevole caso tra l’accordo con l’amministra­zione comunale e l’inaugurazi­one sono passati nove anni, tanto per dire che anche i ricchi languono.

Tra gli stadi di Serie A, e tra quelli non più utilizzati come il Flaminio di Roma, ci sono opere d’arte. Però le opere d’arte raramente e giusto per caso rispettano le norme di oggi in tema di sicurezza, di accessibil­ità, di fruizione da parte del pubblico e delle television­i, di sfruttamen­to commercial­e. Inaugurare uno stadio nuovo, e possederlo oppure averne la concession­e in esclusiva, significa se proprio non hai il senso degli affari raddoppiar­e gli introiti nei giorni della partita. A saperlo sfruttare allarghi il bilancio di 50-60 milioni all’anno. Se hai fantasia lo usi come segnale di fumo visibile in tutto il mondo, a beneficio del merchandis­ing. Per non parlare dei posti di lavoro in aumento, dell’indotto innescato dalla costruzion­e e dalle attività collegate all’impianto, della spinta economica per l’intera comunità.

Così fan dovunque. Non in Italia. Neppure a Roma, dove l’attesa è giunta all’ottavo anno. Neppure a Milano, dove erano partiti bene prima di accorgersi che la politica li osservava ghignando sinistrame­nte. Commisso ha ragione da vendere, al pari di altri sei o sette presidenti di Serie A. Qualcuno dei quali, infatti, anziché vendere la ragione ha deciso di vendere la squadra.

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