«Tifo per Gattuso». Nel nome di Diego
Nella magica scalata del Lipsia, che in dieci anni è volato da zero fino al comando della Bundesliga e agli ottavi di Champions, si specchia il successo di Diego Demme. A 28 anni, nel club dei Red Bull dal 2014, il mastino con genitore italiano, insieme col centravanti danese Yussuf Poulsen, è il giocatore con la maggiore anzianità di servizio nei ranghi biancorossi. «Diego è un combattente nato, sempre nel posto giusto per spingere o per difendere, tenace in marcatura, pulito e propositivo nel palleggio, duro nei contrasti, con una moderna visione di gioco», questa la scheda tecnica del brevilineo (1,72) numero 31 di Julian Nagelsmann. Il nuovo allenatore del Lipsia ha ulteriormente valorizzato le qualità di Demme di cerniera sul centrosinistra nella mediana a quattro. «Mio padre Enzo è stato il mio maestro e rimane tuttora il mio giudice più severo - ha raccontato Demme ai cronisti - Mi ha insegnato la passione per il pallone, a correre moltissimo, a tirare con entrambi i piedi. Mi hanno detto che a due anni e mezzo ero già capace di stoppare di petto».
COME DIEGO. Negli anni ´80 papà Enzo emigrò con la famiglia dalla
Calabria nella regione di Hannover, a Herford, dove Diego è nato il 21 novembre 1991 ed è stato battezzato col nome di Maradona, l’idolo di suo padre. Il futuro capitano del Lipsia è cresciuto nel vivaio dell’Herford e dell’Arminia Bielefeld. Il Paderborn, all’epoca ancora in serie C, è stato il trampolino per il trasferimento al Lipsia nel gennaio 2014 per 350mila euro. Oggi il suo cartellino vale almeno 12 milioni. Nel Belpaese, Diego ha trovato la sua bussola: «Sono un tifoso di Rino Gattuso. Mi è sempre piaciuto il suo stile aggressivo e generoso, la voglia di dare tutto per la vittoria della squadra. Nel mio modo di stare in campo, spero proprio di somigliargli». Ama la Penisola, tempo fa aveva detto di sperare «prima o poi non mi capiti un’opportunità in una squadra italiana». Accontentato.
VIVA L’ITALIA. Il suo italiano zoppicante risente della mancanza di esercizio: «Capisco perfettamente la lingua, però mi manca un pò la grammatica». Quanto alla sua italianità, ammette di avere un «cuore calabrese» felice anche della sua vita in Germania: «Difficile spiegare se mi sento più italiano o tedesco. Ritengo che da entrambe le parti ci siano molti pregi. Sono convinto che la cucina italiana non ha rivali e mi attira sempre per le vacanze. Anche la moda italiana mi piace. Ammiro molto l’Italia». Ha un buon ricordo dell’impatto agonistico nel Belpaese: «Fu la nostra sofferta qualificazione agli ottavi in Europa League due anni fa contro il Napoli di Sarri. Noi vincemmo 3-1 a Napoli e loro 2-0 a Lipsia». Lui aveva la fascia di capitano e nel cassetto un autografo di Eros Ramazzotti.
Il papà lo chiamò così in onore di Maradona: «Rino è il mio modello»