Un provino al Milan e ora è dei cugini

I suoi idoli erano Laudrup e Totti Tredici anni fa il test rossonero

Una carriera programmata da quando era ragazzino. Non poteva essere altrimenti per chi, come Christian Eriksen, è cresciuto con un padre allenatore ma anche con la testa sulle spalle. Papà Thomas lo allenava nelle giovanili del Middelfart, squadretta sull’isola di Funen, al largo della costa danese. Una specie di New Team dell’epoca, con Eriksen nel ruolo di Holly: tre stagioni senza subire una sola sconfitta. Ma a 13 anni già gli stava stretto e allora ecco il passaggio all’Odense: club più grande, più concorrenza. Il giovane Christian non si scompone, a 14 anni guida l’Under 16 al titolo di campioni di categoria. Un suo vecchio allenatore dell’epoca, in un intervista al Guardian, raccontò come un Eriksen 15enne tornò da un provino al Milan campione d’Europa. Gli chiesero come andò: «Lui rispose “bene, bello” poi prese un pallone e andò ad allenarsi da solo».

CALMA. Flemma scandinava di uno che non sembra agitarsi mai, né in campo, né fuori. A sedici anni, il passaggio all’Ajax, rifiutando offerte di mezza Europa: «Credo sia l’ambiente giusto per continuare a crescere come giocatore. Non voglio fare il passo più lungo della gamba». Una scelta che alla luce di quanto accaduto fu azzeccata. E il commento di Eriksen, come sempre, era pieno di sincerità, anche se per l’Ajax non suonava proprio come un complimento. Al Real Madrid o al Manchester United, che già gli avevano messo gli occhi addosso, forse ci sarebbe stata più pressione. Un milione di euro, all’epoca, il costo del cartellino di Eriksen, con un bonus di 50mila che il piccolo Middelfart usò per costruire un nuovo campo d’allenamento.

CRESCITA. Nell’Ajax il danese vola subito. Esordio in prima squadra a 17 anni, titolare l’anno dopo con la maglia numero otto. I lancieri, che di giovani dotati se ne intendono, sanno che hanno in mano

Padre allenatore e testa sulle spalle: così ha stupito tutti fin da bambino