Cultura e tecnologia per dare un calcio al razzismo
DI SEGNI, PRESIDENTE DELL’UCEI: «I CALCIATORI DEVONO AVERE IL CORAGGIO DI DIRE NO»
Immaginate il razzismo come un tarlo del legno che agisce nell’ombra, creando danni visibili e permanenti. Un insetto in grado di mettere in crisi la stessa struttura che abita: i tifosi razzisti fanno lo stesso con la violenza e l'intolleranza negli stadi. È l’immagine utilizzata dall’amministratore delegato della Serie A, Luigi De Siervo: «Il razzismo ci sta mangiando da dentro – ha ammesso ieri durante l’evento “Un calcio al razzismo”, al Centro Bibliografico “Tullia Zevi” di Roma – Non c’è tempo da perdere, dobbiamo fare in due anni quello che in Inghilterra la Thatcher ha fatto in 10 anni». I vertici del calcio si sono riuniti, raccogliendo l'invito dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane nell’ambito delle celebrazioni per il Giorno della Memoria.
STRUMENTI. «I calciatori devono avere il coraggio di dire “no, in questa partita non gioco” – ha dichiarato la presidente dell'Ucei, Noemi Di Segni – E le società devono prendersi delle responsabilità nel gestire tifoserie di estrema destra perché le curve non sono dei partiti politici». Insieme alle altre autorità, il ministro dello sport, Vincenzo Spadafora, ha messo la firma sul "manifesto della comunicazione non ostile", un decalogo che ricorda l'importanza di creare, attraverso le parole, dei ponti per unire le persone. «A inizio febbraio sarà pronto un protocollo d’intesa con la ministra dell’Interno Lamorgese, fortemente voluto dalla Figc ha spiegato il ministro - Introdurremo nuove tecnologie per scovare i violenti e faremo pressione sulle società affinché possano installarle negli stadi».
Il riconoscimento facciale ad alta definizione e il radar passivo per individuare i "buu" verranno sperimentati tra poche settimane in Serie A. «Non possiamo più chiudere gli occhi. Le società devono fare di più» è l'accusa di Spadafora. La Figc è d'accordo, ma per proteggere i club ha già approvato esimenti e attenuanti della responsabilità oggettiva. La giustizia sportiva terrà conto di chi ha adottato comportamenti positivi quali la promozione di buone prassi, la segnalazione di scorrettezze, la collaborazione con le forze dell'ordine e la presa di distanza nei confronti dei facinorosi. «La punizione collettiva è sempre sbagliata – le parole di Gravina – bisogna colpire i singoli che commettono reati ed educare le nuove generazioni partendo dalle scuole».
L'IMPEGNO. Durante l’evento, De Siervo ha ricordato l’impegno di Lotito (presente insieme a Jordan Lukaku) «che ha combattuto, rischiando, una parte della sua tifoseria». «Ho testimoniato aggressioni e minacce nel nome della lotta al razzismo» ha ricordato il presidente della Lazio, mentre il numero uno della Lega Pro, Ghirelli, ha citato le iniziative di solidarietà delle "sue" società: l’ultima è quella del Novara, che ha donato l’incasso della sfida contro il Monza al reparto di pediatria dell’Ospedale Maggiore. La speranza di un calcio migliore arriva soprattutto dai giovani. Ieri quasi tutti i club hanno partecipato con una rappresentativa di calciatori e calciatrici del vivaio. A loro il presidente dell’Assocalciatori, Damiano Tommasi, ha ricordato «il coraggio di Matuidi, Koulibaly, Dalbert e Balotelli che in campo, fermandosi, hanno condannato il fenomeno. Noi siamo delle vittime, ma possiamo dare il buon esempio».
Spadafora: «Presto il nuovo protocollo» Gravina: «Bisogna colpire i singoli»