NAPOLI DA PIANGERE VIOLA, È TUTTO VERO
Al San Paolo ennesimo tonfo per la banda Gattuso in caduta libera Chiesa-Vlahovic firmano un netto successo. Insigne e compagni escono in uno stadio scioccato
Il tormento, l’estasi: e in quella Napoli scioccata, che urla alla luna il proprio dolore, la Fiorentina scopre cosa sia la felicità propria e dove arrivi il «dramma» altrui. Cambiare l’allenatore si può e forse si deve, talvolta: e Beppe Iachini, sette punti in tre partite (aggiungendoci però la vittoria in Coppa Italia sull’Atalanta), certifica quanto fosse necessario imprimere una svolta. Ma intervenire può anche non avere un senso: e i tre punti in cinque giornate di Gattuso (quattro sconfitte, una vittoria nel recupero a Reggio Emilia) allungano le ombre su una scelta divenuta statisticamente un boomerang. Il Napoli non ha certezze, le ha smarrite chissà quando e non c’è verso di scoprire dove siano finite. Ma a questa crisi d’identità - e per mezz’ora - Gattuso dà il proprio robusto contributo, rischiando un’incomprensibile difesa a tre e mezzo, con Manolas-Di Lorenzo-Luperto che in fase di non possesso restano disorientati da una scelta che sfugge alla logica. La Fiorentina si prende il campo e anche la partita, la riempie in ogni settore, la gestisce con la personalità che Iachini ha trasmesso e la infarcisce di scelte coraggiose che (26') Chiesa sublima chiudendo una manovra ampia, costruita con spregiudicatezza con 44 secondi di possesso e tredici passaggi sfruttati per aprire la difesa altrui con la sventagliata da Castrovilli a Benassi ed esaltata dalla rasoiata dell’enfant-terrible.
POI SI RICAMBIA. Ma prima, e solo occasionalmente, il Napoli concede pallidi cenni della propria esistenza scavando nella memoria antiche giocate per arrivare Milik (azzerato da Dragowski: 12'): però è il concetto di squadra che manca, mentre la Fiorentina sfonda a destra (con Lirola) e rimpiange persino un tap in di Castrovilli (12'). Il trauma prolungato stordisce il san Paolo, esalta la Fiorentina, che viene frenata da Ospina (26') sul colpo di testa di Chiesa e graziata da Cutrone (in fuorigioco di poco nel 2-0 annullato) e costringe Gattuso a restituire una fisionomia che possa considerarsi appropriata, sistemando come natura suggerisce ognuno al proprio posto. Però non basta avere Di Lorenzo a destra, Hysaj a sinistra e Manolas e Luperto difensori centrali, perché alla Fiorentina per governare quel calcio sotto ritmo e privo di illuminazioni basta starsene ad occupare in ampiezza il san Paolo e aspettare che altro succeda, tra le linee o nelle praterie che rischiano di spalancarsi e comunque ringraziare Callejon, che (35') dopo aver ottenuto da Fabian lo scavetto alle spalle di Caceres strozza l’occasionissima a porta spalancata. Il Napoli è prigioniero di una inespressività che va al di là di ogni ragionevole analisi e la Fiorentina non deve neppure disperarsi per fronteggiare una squadra slegata, che impreca conto la sorte (palo esterno di Insigne) e non sa offrire altro. Ma quella di Iachini è una strategia, attesa e ripartenza o attacco frontale, e quando la Fiorentina può chiuderla, infilandosi nelle burrose linee del Napoli, Chiesa (11') - alimentato da un Castrovilli geniale - generosamente grazia Ospina, che fa un figurone sulla botta a colpo sicuro.
DEMME E LOZANO. Il Napoli è privo di forme, è esangue, mentre la Fiorentina non smette di far sentire i muscoli, anche con Dalbert a sinistra: e mentre Castrovilli, Benassi e Pulgar continuano a straripare a centrocampo, Gattuso toglie Allan e Zielinski, rischia Demme e Lozano e il terzo modello di calcio personale, stavolta è 4-2-31 egualmente vuoto. E’ tutto scritto, in una partita limpida, che la Fiorentina domina e poi celebra con una prodezza di Vlaovich, favoloso nell’andare a trovare con il sinistro (che Luperto gentilmente gli concede) un angolo in cui rifugiarsi per esultare, in quella Napoli incredula, turbata, distrutta dentro, viola di rabbia.