Gama: Il professionismo tappa obbligata
- Sara Gama è il capitano della Juventus Women e della Nazionale. Ma è anche molto di più: un autentico simbolo di tutto il calcio femminile e della lotta contro ogni forma di discriminazione, scelta pure dalla Mattel come una delle 17 donne per la collana di bambole a edizione limitata «Shero» che in occasione dell'8 marzo 2018 promuoveva modelli femminili di ispirazione per le generazioni future. Anche consigliere Figc in quota Aic, ospite di Francesca Fialdini a «Da noi...a ruota libera» in programma su Rai 1 oggi alle 17.35, Gama ha nuovamente affrontato il tema del professionismo anche nel calcio femminile: «C’è una grandissima differenza con il calcio maschile. Ciò dipende innanzitutto da com’è lo stato delle cose, fino a ieri non si sentiva nemmeno parlare di calcio femminile, quindi è chiaro che noi siamo agli albori del nostro sviluppo. Anche per i maschi è stato graduale, una volta non si vedevano queste cifre mentre oggi si vedono».
TUTELE E DIRITTI. Il punto non sono i compensi in ogni caso, ma una parità di diritti e tutele: «La nostra questione non è paragonarci oggi a un Cristiano Ronaldo o a un Giorgio Chiellini. Noi vogliamo avere le stesse tutele. E per tutele parliamo di professionismo, cioè il diritto ad avere una pensione, le tutele assicurative, la maternità. Esiste da due anni un fondo per la maternità delle atlete italiane, è da due anni che anche a livello governativo ci si pone la questione: prima la maternità non era concepita per tutte le atlete, non parliamo solo di calcio.
La questione sono le tutele, quello è uno step fondamentale per noi», spiega ancora Gama. Che poi, nell’intervista rilasciata alla Fialdini, affronta anche il tema del razzismo: «Noi siamo un’isola abbastanza felice, che porta avanti determinati valori, motivo per cui anche questa estate abbiamo così colpito il grande pubblico. Forse c’è un po' la mancanza nel nostro Paese di messaggi positivi. Nel calcio femminile riusciamo a mantenere determinati valori». Il caso Belloli sembra ormai, fortunatamente, lontano anni luce: «Mi piace proiettarmi nel futuro. Se devo guardare a dove stavamo nel 2015 quando uscivano queste dichiarazioni («Basta dare soldi a quelle quattro lesbiche», la frase choc dell'ex presidente della Lnd) e oggi dove ci sono le nostre gigantografie sulle pareti della Figc o al fatto che ci invita il Presidente della Repubblica, ecco... mi dimentico di queste cose, o meglio, sono in un cassetto per ricordarmi la strada che abbiamo fatto, ma guardo avanti».
«È una questione di tutele. Abbiamo fatto tanta strada guardiamo avanti»