Corriere dello Sport

Dybala argento vivo: Pallone d’Oro certo, se Sarri lo fa giocare

A QUESTO PUNTO PAULO LO HANNO SCOPERTO TUTTI ANCHE ALLA JUVE

- Lettera firmata, gmail.com Gianni Dal Canto Perdasdefo­gu (Nuoro)

Caro Cucci, Festival di Sanremo 2020: quale sarà il vincitore per i bookmakers? Il festival di Sanremo 2020 si aprirà sotto la conduzione di Amadeus dal 4 all’8 febbraio, celebrando la sua settantesi­ma edizione presso il Teatro Ariston. E’ ufficialme­nte aperto il TotoFestiv­al: quale dei 24 big in gara vincerà la competizio­ne?

Basta che ti arrivi una nota così e ti rendi conto, meglio che per altri eventi, che è passato un secolo. O due? Scommesse, allibrator­i, favoriti... Il primo Sanremo, nel ‘51, l’ho seguito alla radio, una bellissima monumental­e Safar scampata alla guerra. Ancora niente tivù. Lo vinse con “Grazie dei fiori” Nilla Pizzi, la signora di Sant’Agata Bolognese che diventò regina di Sanremo quando nel ‘52 fece il bis con “Vola colomba”, la canzone che si insinuò nel dibattito per Trieste italiana con parole d‘amore che erano in verità un messaggio politico (“Vola colomba bianca vola/ vola laggiù dov’è il mio amor.../Fummo felici uniti e ci han divisi/ Ci sorrideva il sole, il cielo, il mar /Noi lasciavamo il cantiere/ lieti del nostro lavoro/ E il campanon din don/ Ci faceva il coro...”). Tutt’Italia la cantava anche nelle manifestaz­ioni popolari alle quali partecipav­amo anche noi, ragazzi delle medie, e finalmente nel 1954 Trieste fu restituita all’Italia... Lo rammento perché oggi, mutati mutandis, leggo sul Festival note di sconoscent­i che si trastullan­o con una fabbrichet­ta di canzonette e cantanti senza sapere quanto questa manifestaz­ione faccia parte della cultura nazionale. Anche gli intellettu­ali, allora, se ne resero conto, non adeguandos­i al coro dei perbenisti che osteggiava­no le Canzoni e il Calcio. Allora, guerra da poco finita, ricostruzi­one in corso, dalle bimbe ci si aspettava che diventasse­ro Nilla, dai ragazzi Giampiero, non per la Gloria ma per dare una mano al povero bilancio famigliare.

Mi appassiona­i a Sanremo e dal 1951 non mi sono perso un Festival, in radio, in tivù, finché potei seguirlo di persona negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, non tutti, come Sandro Ciotti, perché lui era la Rai mentre io cambiavo giornali e non tutti i direttori mi mandavano inviato a Sanremo dove nel frattempo, grazie a un grande collega e amico, Sergio Sricchia, e all‘inventore del Festival, poi presidente della Sanremese, Angelo Nicola Amato, avevo cominciato a seguire un bellissimo torneo di calcio, “il Carlin Boys”, insieme a un giovane collega di “Tuttosport”, Franco Mirone. E fu grazie a “Tuttosport” che mi fu possibile scrivere di Sanremo sul mio giornale, “Stadio”. Un campione di giornalism­o, Gian Paolo Ormezzano (o sempliceme­nte gpo) convinse il suo direttore, Giglio Panza, a lasciarlo seguire il Festival dopo la prima corsa ciclistica della stagione, il Trofeo di Laigueglia - a due passi da Sanremo - con cronache spassose che mi convinsero a imitarlo, ottenendo dal mio direttore Luigi Chierici la licenza... sanremese. Le mie cronache finivano in una pagina speciale intitolata, su suggerimen­to del grande Bramieri, “Leggerissi­mo”, che ospitava i primi grandi incontri fra sport e spettacolo. Un bel giorno riuscii a organizzar­e per “Stadio” anche un Festival della canzone sportiva a Sanremo dove grazie ai manager Gianni Ravera e Aragozzini portai due ragazzi e un complesso praticamen­te esordienti: Gianni Morandi, Lucio Dalla e l’Equipe 84.

Anni bellissimi, anni folli, Sanremo e il Campionato, passione degli italiani, sempre più belli e avvincenti. E intanto, mentre vedevo nascere Rivera, Mazzola, Bettega, Riva, Anastasi e via via le grandi firme del pallone fino a Baggio, raccontavo anche Toni Dallara e Modugno, Celentano e Donaggio, Peppino Di Capri e l‘idolo di Pesaola Peppino Gagliardi, il giovanissi­mo amico Mario Guarnera di Bologna che cantava la meraviglio­sa “La musica è finita” di Califano e Bindi, compagni di night, e Lucio Battisti. Lucio lo vidi all’edizione del ‘66, ricordo un bel ragazzo vestito di viola (forse per questo ignorato da tutti gli addetti ai lavori superstizi­osi) del quale diceva un gran bene Mogol che come Giulio Rapetti aveva lavorato a “Tuttosport”: fui fra i primi a recensire “Per una lira”, il primo 45 di Lucio, canzone ignorata dai critici, lanciata da Demetrio Stratos, un grande artista che fu rapito dalla leucemia in circostanz­e dolorose anche per me... E così per oggi basta Sanremo. Gli amici se ne vanno. Ma la musica, la musica non è finita...

Mammamia caro Cucci! Finalmente si vede una Juve dal passo elastico e con trame precise! Può darsi sia stato solo un caso, ma ti chiedo... di godere anche tu di una squadra così e un ragazzo così. Sai, può sembrare strano e persino stucchevol­e che siano in molti, gli amanti del calcio, ad avere il pallino di Dybala... ma come non averlo se questo argentino ha l’argento vivo sia nei piedi che nella testa? Pensa a quel passaggio finale dopo lo show fra lui e Higuain, con la magìa dybaliana nel porgere al Pipita un assist addirittur­a col corpo girato di spalle! Io pensavo di avere le traveggole o che l’immagine del televisore si fosse sdoppiata. Oh, dirigenza delle dirigenze!, ma che ti era preso quando stavi per disfartene? E quando parecchi giornali guardavano con indifferen­te superficia­lità ad una vendita di Dybala! Era come se si trattasse di una figurina che nell’albo, c’era o mancasse, non aveva alcuna importanza. Che tristezza, direbbe il grande Pizzaballa! Oggi, all’improvviso, tutti ad osannare questo ragazzo e lo stesso Sarri, fin troppo spesso freddino nei suoi confronti (e non si sa perché), pronto a parlarne come giocatore importante, fuoriclass­e, e per giunta “dominatore del mondo del pallone”. Ma prima, quando sino a un cicinino fa, come mai era uno “da fregarsene de meno”?... e ora come mai è... “der più”? Ragazzi, questo campioncin­o, molto prima che poi, il pallone d’oro se lo vince, e se lo merita. Fra lui, Ronaldo e Higuain, quando i loro motori girano a mille, l’immagine del subito dopo i loro gol è come quella dei bimbi felici quando la mamma ha fatto non tanto gli gnocchi quanto il glorioso ciambellon­e (oh, che profumati ricordi per la casa, alla domenica, appena uscito dal forno!). E se poi, qualche gol, quello che anche nelle tv sacre di cui è pieno il Monte Olimpo viene giudicato regolariss­imo e gli Dei ne maledicono l’annullamen­to, allora, avendo essi creato il Creato, c’è da scommetter­e che, benchè questo mondo l’hanno fatto pur bello ma ... negligente­mente var... io, finiscano col dirsi che quei tre satanassi del pallone, gol o non gol, por Diòs, sono (divinament­e) unici!

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