Corriere dello Sport

Quei nodi mai sciolti

- di Francesco de Core

Stavolta, contro la Fiorentina dei giovani spietati, non è stata questione di errori individual­i. Del gesto scellerato di un singolo. No, non ha funzionato proprio nulla nel Napoli che si è infilato in un tunnel dal quale non vede più luce. Dal 14 dicembre, l’alba dell’era Gattuso, una vittoria soltanto contro il Sassuolo e quattro sconfitte, di cui tre al San Paolo.

Stavolta, contro la Fiorentina dei giovani spietati, non è stata questione di errori individual­i. Del gesto scellerato di un singolo. No, non ha funzionato proprio nulla nel Napoli che si è infilato in un tunnel dal quale non vede più luce. Dal 14 dicembre, l’alba dell’era Gattuso, una vittoria soltanto contro il Sassuolo e quattro sconfitte, di cui tre al San Paolo. Consideran­do il ko contro il Bologna, al capolinea della gestione Ancelotti, il Napoli ha colleziona­to il quarto stop interno in cinque partite. Roba da retrocessi­one, altro che zona Champions.

Della squadra di Sarri, e anche di quella dell’Ancelotti prima versione, neanche l’ombra. Cosa sia potuto accadere in un lasso di tempo così breve a un orologio che aveva mostrato meccanismi perfetti, è quasi impossibil­e spiegarlo. O meglio, forse è fin troppo semplice, se solo vogliamo attenerci ai numeri e alle impression­i: di quella formazione manca tutto. Manca il gioco, andato via via sbiadendos­i in una confusa miscellane­a di schemi; mancano la condizione e la convinzion­e, perché questo Napoli corre male, spesso a vuoto; manca il senso di un obiettivo, perché Gattuso è finito nella franosa terra di nessuno, con i club più piccoli che mordono dalle retrovie di una classifica che sgomenta; manca la serenità, che non si acquista al mercato di gennaio. La vecchia guardia vive di sprazzi, e con i guizzi non si vincono le partite; la nuova non ha saputo mai recuperare il bandolo della matassa, fattasi fin troppo intricata anche per uomini come Manolas e Lozano, gente che ne ha viste tante. E che qui sembra non capirci nulla.

Non c’è una sola spiegazion­e per questo tracollo. La collezione di figurine non dà punti né rimette in piedi una stagione che da grigia sta diventando buia e scellerata. Troppi nodi tecnici, gestionali, contrattua­li - non sono stati sciolti a tempo debito, e la tela si è sfilacciat­a irreparabi­lmente. Facile capire quando un ciclo nasce, ci sono segnali precisi, inequivoca­bili; più difficile, anche sul piano psicologic­o, intuire a tempo debito quando una fase sta per chiudersi. Gattuso sapeva di non avere un compito semplice, ma forse non immaginava di trovarsi con briciole e cocci tra le mani. Ieri sera, con la delusione scolpita sul volto, ha avuto parole durissime. Chiedendo scusa con dignità. La società, adesso, non può che sostenerlo. Non accampando alibi, ma con un lavoro concreto, anche a costo di scelte dolorose. Per non affondare. Per salvare il salvabile. A oggi, meglio non pensare a quello che potrebbe accadere il 25 febbraio contro il Barcellona di Messi, ottavi di Champions. Martedì c’è la Lazio in Coppa Italia, domenica la Juve. Non serve solo il ritiro come panacea, ma proprio un altro Napoli. Se c’è ancora.

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