Anche il club rossoblù a fianco di Zaki
LO STUDENTE UNIBO PER CUI SI È MOBILITATA LA CITTÀ HA GRIDATO IN AULA: «FORZA BOLOGNA»
Nessuno si aspettava quel grido soffocato: «Forza Bologna». È arrivato da un’angusta e caotica aula di tribunale di Mansura, in Egitto. E nemmeno che Patrick Zaki, 27 anni, studente dell’Università di Bologna, accusato dal temibile sistema poliziesco-giudiziario egiziano di sovversione dello Stato, potesse offrire in modo così irrituale la sua rabbia e la sua paura, evocando la squadra di Mihajlovic. La detenzione, cominciata il 7 febbraio, le accuse costruite attraverso un falso profilo Facebook e le torture denunciate, nel momento di tornare ai ferri, tra i poliziotti che lo trascinavano via, hanno spinto lo studente a simboleggiare la sua richiesta, “non lasciatemi solo”, attraverso un’icona che fa di lui un eroe domestico e per questo immediatamente avvertito come autentico.
La società di Saputo, attraverso il top manager, Claudio Fenucci, si è sentita engagé: «La vicenda di Patrick George Zaki ha colpito tutti, in particolare i bolognesi, visto che prima dell’arresto stava frequentando un master proprio nella nostra città. Il Corriere della Sera riporta alcune sue dichiarazioni tra le quali un pensiero all’Italia, a Bologna e al Bologna, a cui da appassionato al calcio si è affezionato. A Zaki va tutta la nostra solidarietà con l’augurio di poterlo ospitare presto al Dall’Ara. Forza Zaki». Il caso dello studente dell’Unibo, arrestato dalla polizia egiziana, una volta tornato a casa per trovare i parenti, sta mobilitando, le coscienze internazionali, le associazioni come Amnesty International, alcune cancellerie europee e da ieri un club di calcio. L’inquietante vicenda è collegata all’omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore italiano sequestrato al Cairo nel gennaio del 2016 dalla polizia egiziana e poi ritrovato ucciso dopo feroci torture. Zaki fa parte di una rete di attivisti che si organizza nell’ “Egyptian iniziative for personal rights” per la quale l’affaire Regeni è diventato un fronte di denuncia. Di qui i sospetti e l’intervento della Spectre egiziana. Ma Zaki, oltre ad essere un militante per i diritti umani, è anche un ricercatore nel campo delle scienze umane e si è iscritto al master Gemma, attivato presso l’Alma Mater di Bologna, legato alla laurea magistrale in “Women’s and gender Studies”. Da agosto dello scorso anno è arrivato in Via Zamboni. Studente, militante e grande tifoso di calcio. L’arrivo a Bologna lo ha spinto al Dall’Ara e, grazie ai risultati, al gioco e al coinvolgimento nato anche dalle vicende umane di Mihajlovic, la squadra rossoblù è diventata un riferimento affettivo nel mondo di Zaki, intrecciato fra calcio, politica e studio. Con l’amico Gasser Abdel Razek, uno dei responsabili di “Egyptian iniziative for personal rights”, Zaki ha spesso seguito, oltre alle altre vicende, tantissime partite, soprattutto di Coppa d’Africa, fino in Senegal. Insomma la sua reazione e il suo grido sono eco di un concreto vissuto emozionale. Il Bologna, il calcio e la speranza di rivedere, magari in questa stagione, un gol di Orsolini, lo stanno davvero aiutando e gli offrono quell’immaginario che la letteratura romantica degli imprigionati hanno riempito di altre figure della consolazione.
In questi giorni per Zaki si è mobilitato il Senato accademico, i professori e Francesco Ubertini, rettore dell’Unibo, ma anche il sindaco di Bologna Virginio Merola: «Zaki non è solo, arriverà ancora più forte la richiesta di rispetto dei diritti umani». Respinta sabato la richiesta di scarcerazione, proprio nell’udienza di Mansura, secondo il codice penale egiziano, non se riparlerà prima di 5 settimane, mentre sabato prossimo verranno discusse le accuse di merito. Oggi pomeriggio, alle 18, presso il Rettorato bolognese in via Zamboni, ci sarà la manifestazione dei colleghi di Zaki. Sarebbe bello che partecipasse un rappresentante del Bologna calcio.