Duncan è già diventato punto fermo
Definirlo esordio perfetto è forse troppo. Esordio perfetto sarebbe stato, a esempio, se avesse segnato uno dei cinque gol con cui Pezzella e compagni domenica pomeriggio hanno espugnato il Ferraris di Genova, ma già così va più che bene e lo “stato” di Alfred Duncan da emozionato all’avvicinarsi della partita è passato senza alcun dubbio a felice al termine. Felice per sé e per la Fiorentina.
BALUARDO. E che il ghanese, nonostante decine di presenze e stagioni su stagioni nel nostro calcio, avvertisse il patema del debutto in maglia viola alla prima convocazione s’è notato appieno nei minuti iniziali: lento dopo le tensioni della passata stagione. Pace raggiunta grazie all’incontro con il presidente Commisso. Si lavorerà per il bene del giocatore e della società. Il patron farà i suoi conti, guarderà quanto ha già investito, il debito viola, poi deciderà se accettare le offerte stratosferiche - occhio all’Inter per prima - oppure se proporre a Federico di diventare il pilastro che sarà elemento fondante per il futuro della Fiorentina. A tranquillità raggiunta penserà se proporre al proprio giocatore un nuovo contratto, con una base economica in sintonia con il suo eventuale a piazzarsi sulle linee di passaggio degli avversari, impreciso in due-tre appoggi facili, scarsamente dinamico. L’emozione, appunto. Non poteva essere il vero Duncan e non lo era, poi la squadra viola ha chiuso la Sampdoria all’angolo e tutto è diventato più semplice. Anche per merito dell’ex Sassuolo. I passaggi sbagliati si sono trasformati in passaggi giusti, i palloni “mancati” per posizionamento errato sono diventati intercetti uno dietro l’altro, gli avversari che transitavano dalle sue parti li ha sradicati dal terreno a suon di contrasti vinti con forza e tecnica. Quello sì che era il centrocampista a tutto campo, completo e maturo su cui il club di Commisso ha investito un bel mazzetto di milioni al mercato di gennaio: e quando inevitabilmente e prezzo di cessione. Con la naturale conseguenza di un tecnico importante, una squadra importante, un traguardo importantissimo. Insomma, costruire intorno a Chiesa una squadra di valore europeo. Federico, dal canto suo, aspetta: una squadra tutta sua e con grandi ed giustamente l’allenatore marchigiano al 26’ della ripresa l’ha richiamato in panchina perché a Duncan si era accesa la spia della riserva (non giocava dal 5 gennaio scorso, giorno dell’infortunio ai flessori), sono stati solo applausi dai mille tifosi gigliati a loro volta contenti e rumorosi nello spicchio di Marassi.
FUTURO. In due parole, quantità e qualità garantite, nel contesto di una maturità psico-atletica che dai 27 anni (li compirà evidenti ambizioni potrebbe rovesciare qualsiasi previsione.
VLAHOVIC. Presto, prestissimo si lavorerà anche al rinnovo di Dusan Vlahovic. Non perché ci sia l’imminente scadenza (2023), quanto piuttosto per difenderlo dai continui assalti di mercato, come quelli che sono stati respinti già nell’ultima finestra di mercato (Napoli e Roma su tutti, ma solo per restare in Italia). Toccherà a Pradè trovare la giusta soluzione, anche perché lui la sua voglia di restare a vivere questa avventura a tinte viola l’ha già ribadita a voce alta. Intra tre settimane) in avanti disegna la parabola ideale: Duncan l’hanno preso per questo e lì nel mezzo servirà da equilibratore e catalizzatore al tempo stesso, in modo da consentire specialmente al playmaker di essere sgravato da compiti di copertura: tanto ci pensa lui e non è colpa di Alfredo se lo sa fare. A proposito di regista: sabato sera toccherà nuovamente a Pulgar dopo che il cileno a Genova ha tirato il fiato per lasciare il posto a Badelj, ma la prova del croato è finita poco prima dell’intervallo a causa del secondo cartellino giallo rimediato dall’arbitro Irrati. Così contro il Milan non ci sarà spazio per nuove “restaurazioni” e Iachini si affiderà a Pulgar tra Duncan e Castrovilli: il domani della Fiorentina è già oggi.
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