NAPOLI, IN 4 MESI CADUTA E RISALITA
Una lite legale tra il club e i giocatori che ora però sembra poter rientrare Il 5 novembre l’ammutinamento e il no al ritiro quindi l’esonero di Ancelotti e l’arrivo di Gattuso
Fu un tuono nel buio: «Noi in ritiro non ci andiamo». E le tenebre calarono sul Napoli, fin dentro l’anima d’una squadra poi smarritasi nel labirinto delle proprie fragilità. Centoventidue giorni fa, quando il pallone era appena finito nelle mani di Marciniak, e il suo triplice fischio sembrava stesse per chiudere la partita, in realtà ne cominciava un’altra, più dura, più seria, persino più «selvaggia», nella implosione di uno spogliatoio ribelle: il 5 novembre del 2019, nel suo piccolo, fa la Storia, e non c’è da vantarsene, perché a memoria di calcio mai nessuno ha osato (in maniera così plateale) contestare una decisione societaria, rifiutandosi di accomodarsi in ritiro per cinque giorni. Era (ovviamente) già tutto deciso da quarantotto ore, da quando De Laurentiis aveva chiamato Ancelotti per comunicargli la propria decisione, dopo la sconfitta all’Olimpico di Roma: e c’era già stato, in quella telefonata, un dibattito frontale, tra posizioni divergenti, che il tecnico avrebbe poi sostenuto anche pubblicamente, in conferenza stampa, alla vigilia della gara con il Salisburgo. «Io non sono d’accordo». Ma Ancelotti obbedì, dovette farlo, glielo imponeva il contratto da allenatore, mentre i calciatori scelsero la strada dall’ammutinamento, sfilarono via tra schiamazzi, voce grossa e improperi, si persero in una decisione irrazionale e ingiustificata. Fu un tormentato post-partita, quello con il Salisburgo, con Allan e De Laurentiis jr che non se le mandarono a dire, con una rissa dialettica che venne fronteggiata e frenata, con l’inizio della fine dell’era-Ancelotti che esplose nella penombra del San Paolo, nel quale da quel momento (e per un bel po’) niente è stato come prima.
COMUNICATI E MULTE. Il Napoli ai tempi della «rivolta» s’è sgretolato su se stesso, ha smarrito le coordinate - e non solo quelle tecniche - è finito in un limbo tra comunicati (del giorno dopo) e multe (del 28 novembre) che hanno spaccato in due quel microcosmo senza più convergenze. Sono scesi in campo gli avvocati, si è spalancato un contenzioso da circa due milioni e mezzo di euro che rimane ancora lì: insomma, è stato offerto ossigeno a quella fiamma che stava probabilmente covando sotto le ceneri e s’è rischiato che andasse in rogo una stagione intera.
LO SHOCK. Da quella insurrezione, il Napoli non si è mai immediatamente ripreso, neanche nello 0-0 di Anfield, quando l’orgoglio d’una squadra ha accantonato, per un’ora e mezza, il mal di pancia collettivo: prima del Liverpool, e lo dicono le statistiche, c’è scappato uno 0-0 con il Genoa e l’1-1 di san Siro con il Milan; e dopo quella frattura, nell’inconsapevole abbandono in cui la squadra s’era lasciata andare, sconfitta interna con il Bologna, un pallido pareggio a Udine e la decisione di De Laurentiis di procedere con lo strappo, esonerando Ancelotti, arrivato a Napoli-Genk, la sfida che sarebbe valsa la qualificazione agli ottavi, con le idee già chiare e una cena convocata sul terrazzo del «Vesuvio» con «revoca dell’incarico di allenatore» incluso nel menù.
L’EREDITÀ. Sono volati gli stracci e anche quattro mesi da Napoli-Salisburgo, ma ora c’è un dialogo ch’è ricominciato, una serenità «faticosamente» ritrovata, persino una richiesta di disgelo intorno alle multe, che restano comunque lì, a testimoniare quell’attimo di follia. Allan e De Laurentiis jr hanno fatto pace, con tanto di scuse del mediano brasiliano; le liste di proscrizione sono sparite; Gattuso è riuscito a comprendere i vizi e le virtù d’una squadra rifatta al mercato e che ora sogna l’Europa League e la finale di coppa Italia; Mertens ha incontrato Adl per rinnovare; il Camp Nou abbaglia e un pochino ancora s’avverte - ma sembra stia evaporando - quel retrogusto acidissimo del 5 novembre, quando il Napoli si lasciò inghiottire dagli spiriti della notte.