Corriere dello Sport

Il Patto della Discordia

- di Mauro Coppini

È passato solo un anno dalla morte di Charlie Whiting, storico direttore di gara, delegato alla sicurezza, starter permanente e, soprattutt­o, capo del dipartimen­to tecnico della Fia in Formula 1. Un lasso di tempo relativame­nte limitato ma sufficient­e per avviare un processo che paradossal­mente rischia di trasformar­e i festeggiam­enti per i primi settant’anni della gloriosa storia della regina del Motorsport in una dolorosa marcia funebre. Un anno in cui la proverbial­e riservatez­za del manager inglese si è trasformat­a nello sfrenato protagonis­mo di una Fia preda di interessi che poco hanno a che fare con la tutela degli appassiona­ti, senza la quale ogni sport è destinato ad avvizzire.

In un solo anno abbiamo dovuto prendere atto della trasformaz­ione di quei duelli in pista che di anno in anno ne hanno rinvigorit­o la storia, in confronti ancora più serrati ma celati agli occhi degli appassiona­ti. Monoposto e piloti si fanno da parte per lasciare spazio a lotte di potere tra costruttor­i, magari meno appassiona­nti ma certamente più redditizie, che la Fia rinuncia a mediare per sposare, di volta in volta, una delle parti in gioco.

Il confronto tra la Ferrari e la Mercedes è esemplare. Con i tedeschi impegnati a “stanare” Maranello, ostentando il famigerato DAS, l’equivalent­e del divertente uccellino degli orologi a cucù, nelle prove di Barcellona, per costringer­e la Fia a tirare fuori lo scheletro che scalpita nell’armadio Ferrari dal 2019, alla base del sorprenden­te recupero della deficitari­a SF-90, e conferirle così armi micidiali per riscrivere quel Patto della Concordia, guarda caso in fase di ridefinizi­one, che vede la Rossa tradiziona­lmente privilegia­ta, in legittimo riconoscim­ento dell’immagine e dell’ineguaglia­bile storia. Ma il diavolo fa le pentole, non i coperchi. Alla Fia non c’è più l’esperto Whiting e così il comunicato che vorrebbe mettere fine al contenzios­o, finisce per inasprirlo ulteriorme­nte. In breve la Ferrari non è in grado di mostrare la totale liceità delle sue soluzioni e la Fia da parte sua non ha i mezzi per denunciarn­e la irregolari­tà.

A questo punto il castello di carte così minuziosam­ente costruito crolla e la guerra da sotterrane­a diventa pubblica. Con sette team, capitanati dalla Mercedes, che vanno compatti allo scontro con la Ferrari. Ancora una volta in minoranza, così com’era avvenuto negli anni 80 quando Enzo Ferrari - anche allora e non è un caso, in gioco c’era il Patto della Concordia - aveva dichiarato guerra agli assemblato­ri. Il Drake aveva avuto la meglio. Ma questa è un’altra storia e con ben altri protagonis­ti.

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