Corriere dello Sport

VIVIANI: DITEMI QUANDO E VI PORTO UN ALTRO ORO

Sabato avrebbe dovuto essere il giorno della Sanremo Lui voleva vincerla, però il mondo si è fermato... «Non siamo invincibil­i, torneremo a correre solo quando la “guerra” con il Coronaviru­s sarà vinta. Il ciclismo a porte chiuse non ha senso»

- di Alessandra Giardini

Coppi e Bartali incrociaro­no la guerra sul loro cammino, a Elia Viviani è toccata la pandemia. «Qualcuno dice che sia una guerra. Per un atleta è sicurament­e un cambiament­o enorme, dobbiamo essere pronti anche alla cancellazi­one di una stagione intera, i più pessimisti non lo escludono. Io sono più fiducioso, vedo quello che è successo in Cina e mi dico che in qualche mese potremmo uscirne. Nella mia testa adesso c’è un programma che dice: Delfinato, Svizzera e Tour. Il problema è che non puoi programmar­e».

Sabato sarebbe stato il giorno della Sanremo, la sua corsa del cuore. «E’ inutile pensarci. Andavo forte, ma in questo inizio di stagione mi è mancato qualcosa, e quando non hai ancora vinto non senti quel soffio di fiducia che cerchi. Non ero ancora riuscito ad allineare tutti i pianeti in un unico giorno, non so se ci sarei riuscito a Sanremo».

Damiani, il suo direttore sportivo alla Cofidis, ha detto che evidenteme­nte era destino che la vincesse a settembre, o a ottobre. «Giusto. Chissà che non sia un punto a mio favore: a marzo non ho mai avuto la forma che avevo ad agosto e settembre nelle ultime stagioni».

A luglio ci sarebbero anche i Giochi.

«Quello è il pensiero più grande, anche perché l’Olimpiade è la cosa più bella che ci sia, quella che le contiene tutte. Mancano quattro mesi, c’è ancora tempo. Mi spaventa pensare che potrebbero rimandarle di un anno, o due. Prima o poi dovremo saperlo: se mi dicono che l’Olimpiade salta mi concentro solo sulla strada, altrimenti devo prepararmi, fare in modo di essere pronto, perché io voglio rivincere l’oro».

Allenarsi su pista potrebbe essere una buona soluzione.

«In teoria sì. Ma il velodromo è a Montichiar­i, in una zona che adesso purtroppo è irraggiung­ibile».

Come ci si allena allora?

«Il mio livello di forma era buono, ma adesso dovrò gestirmi come se fossimo a ottobre. Per cominciare sto una settimana senza toccare la bici, anche per recuperare energie mentali. Poi cerco di tenere una base di forma sul 70-75%. Così, quando saprò che manca un mese al via, ho il tempo per arrivarci al meglio».

E’ orgoglioso del quartetto?

«Assolutame­nte sì. Il mio Mondiale è stato sottotono, ma lo sapevo, non sono spaventato, sapevo che non era l’anno giusto per la maglia iridata. In questo momento il quartetto è il solo che può correre per l’oro. Qualcuno mi ha detto che dovrei concentrar­mi sul quartetto se voglio una medaglia facile, ma io sarò solo uno dei cinque. Se Villa è stato felice per il mio oro a Rio, lo sarà molto ancora di più per una medaglia nell’inseguimen­to, perché è il segno che si è creato qualcosa. C’è un gran gruppo, quando sarà ora delle scelte qualcuno metterà il muso ma è giusto così perché sono tutti bravi, tutti all’altezza».

Quindi Omnium e Americana?

«Sì. L’Omnium è il mio pallino».

Molti in casa si annoiano.

«Noi no, per il momento è una novità. Rulli, palestrina, vado in garage a mettere a posto una bici, un armadio, le cose che non ho mai voglia di fare. Cucina no, Elena dice che le sto fra i piedi. A colazione mi vizia: le crepes, i waffles. So che non dovrei, soprattutt­o adesso che siamo fermi, ma il mio debole sono i primi. Spaghetti alla carbonara, gnocchi ai formaggi».

Strano essere fermi in questo momento dell’anno.

«Se uno non vedesse il disastro che ci circonda, sarebbe quasi bello avere l’occasione di godersi la casa, la vita che non abbiamo mai tempo di fare. Però prevale la preoccupaz­ione. Per i miei, per mia nonna che ha più di ottant’anni. Per tutti».

Attilio, suo fratello, era fra gli isolati ad Abu Dhabi. Era preoccupat­o?

«Sinceramen­te sì, correvo ma la mia testa non era tutta lì. Mio fratello lo sentivo ogni giorno, lui era tranquillo, ma si sapeva poco o niente, non era normale. Mi preoccupav­o per mia madre, che quando siamo tutti in giro per il mondo non è mai in pace». A casa adesso stanno bene? «Fortunatam­ente sì. Ma io non li vedo dai Mondiali di Berlino, sto a casa».

L’Olimpiade a porte chiuse si può fare?

«Non ha senso. Come non ha senso il ciclismo a porte chiuse. Lo fai per il diritti tv? Elimini i rischi per il pubblico, ma ai corridori chi ci pensa?».

Ha lasciato la Parigi-Nizza prima della fine. «Era un po’ assurdo. Sapevo che i miei erano chiusi in casa, invece lì parlavamo del percorso, delle salite da fare, questo distacco rendeva tutto irreale. Arrivavi alla partenza e non c’era nessuno, ti chiedevi: ma cosa stiamo facendo? Salivi in bici e sembrava tutto normale, ma non lo era. E poi questa cosa degli asintomati­ci che possono contagiare gli altri, ti guardi attorno e ti chiedi chi potrebbe avere il virus. E dopo che hai fatto 220 chilometri sotto l’acqua, la sera ti senti la febbre anche se non ce l’hai. Lo sport non poteva andare avanti come se niente fosse: noi non siamo invincibil­i, siamo come il resto del mondo, come tutti. Sono convinto che non si riprenderà a correre, a saltare e a giocare finché questa storia non sarà davvero finita, in tutto il mondo».

«Appena sarà possibile farò un nuovo programma, perché voglio trionfare ancora ai Giochi. Ma non senza pubblico»

«La Classiciss­ima? Magari lontano dalla primavera andrò meglio. La ParigiNizz­a? E’ stato davvero tutto un po’ assurdo»

«No, a casa non mi annoio. E poi Elena Cecchini mi vizia preparando­mi crepes e waffles Il mio punto debole è la carbonara»

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ANSA Elia Viviani, 31 anni, mentre vince l’oro europeo nell’agosto scorso
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BALLET/COFIDIS Elia Viviani

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