Cagliari, la paura del S’annu doxi
Il coprifuoco è uguale a quello di tutte le altre città, ma qualcuno ha iniziato a guardare al passato
Il coprifuoco è uguale a tutte le altre città, il silenzio tombale pure. Eppure c’è qualcosa che distingue Cagliari in questo triste periodo: ha perso i suoi colori, il sole è sempre lo stesso, ma non illumina più come prima. E’ come se Casteddu avesse voluto far capire a tutti che non è ora, non è il momento di mostrarsi, di risplendere. Un contegno pudico, una timidezza che vuole essere soprattutto una forma di rispetto. Per chi non c’è più, per i loro familiari che sono stati costretti a piangere i congiunti scomparsi in un attimo. I numeri dicono che se paragonata ad altre zone bisognerebbe quasi ringraziare che Cagliari sia così, ma sai cosa gliene importa dei numeri a chi ha perso i propri cari. Le storie si accavallano, si rincorrono; cresce il disappunto per un destino cinico e baro che ha tutti gli ingredienti di una punizione, una penitenza. Per aver osato troppo, per non aver goduto nella giusta maniera tutto quel ben di Dio che era considerato quasi dovuto piuttosto che un dono.
Giusto un mese fa, forse due settimane prima, qualcuno aveva intuito cosa stava per accadere. Inascoltata ovviamente. Una farmacista di un ospedale cittadino aveva dapprima chiesto i mezzi necessari per entrare nel reparto infettivi a portare i medicinali con un minimo di protezione. Le avevano riso in faccia con uno sguardo di compassione e lei, sorretta da uno spirito combattivo che ne aveva fatto a suo tempo una delle promesse più seguite a livello nazionale nel mezzofondo giovanile dell’atletica leggera, aveva dovuto persino prendersi una lettera di richiamo per essersi preoccupata di lavorare in quelle condizioni. Di lì a poco in quello stesso ospedale sarebbe arrivato il primo cagliaritano contagiato che sarebbe poi tragicamente scomparso con la stessa celerità con cui era arrivato. E si sarebbero ammalati altri medici seguendo lo stesso vortice che ha avviluppato il mondo intero in questo mese e mezzo che rimarrà purtroppo negli annali. C’è stato anche il momento dell’esodo di massa di chi ha lasciato le zone rosse per arrivare da queste parti nelle seconde case. E non è stato un momento edificante perché in un periodo in cui l’unità avrebbe dovuto farla da padrone, hanno tenuto banco vecchie divisioni tra nord e sud di cui si sarebbe fatto volentieri a meno.