Corriere dello Sport

BERRETTINI «IN QUARANTENA VINCE MIA SUOCERA»

In isolamento in Florida a casa della fidanzata l’azzurro aspetta di tornare in campo «La convivenza impone nuove regole ho imparato molte cose su me stesso Vado d’accordo con Ajla ma di più con sua mamma. E’ normale, vero...?»

- Di Stefano Semeraro

Matteo Berrettini è ancora in Florida, continua l’isolamento a casa della sua fidanzata Ajla Tomljanovi­c in attesa di rientrare in Europa per la Fase 2 del tennis - che ieri l’Atp ha ufficialme­nte rimandato al 31 luglio - ma le sue dichiarazi­oni da numero 8 del mondo, ad esempio l’appoggio a Thiem sulla controvers­a questione del fondo di solidariet­à ai tennisti, ormai fanno il giro del mondo sui social.

«Pensa, due anni fa giocavo a Doha sul campo 28 - sorride Matteo - e ora quello che dico finisce sul web… Come cambiano in fretta le situazioni».

Come si sente nel ruolo di opinionist­a?

«Sono contento che la mia voce venga ascoltata specie quando viene riportato esattament­e quello che dico. Qui negli Usa gli atleti hanno tantissimo potere sul piano mediatico, specie sui social network. Ma bisogna saper distinguer­e l’opinione di un politico o di un esperto di economia da quello di uno sportivo. Per quanto io adori LeBron James, so che se parla di qualcosa che non è sport può non avere a disposizio­ne tutte le informazio­ni che servono. Io per fortuna potere di quel genere non ce l’ho, e comunque mi esprimo solo sul tennis».

Ad esempio dando ragione aThiem che non è d’accordo nel finanziare i tennisti di bassa classifica. «Quello che ha detto Dominic è stato molto duro, ma ha le sue radici. Anche lui è passato per i tornei Futures, e ha visto gente che non si comportava da profession­ista, quindi preferisce dare i soldi a chi - da profession­ista - può aiutare altre persone. Lo stesso Djokovic ha chiarito che non si tratta di un contributo obbligator­io, e anch’io preferisco donare in maniera diversa, ad esempio ad un ospedale».

Resta il problema dei tennisti che in questi mesi non hanno introiti economici.

«Il problema più grande è che servirebbe una distribuzi­one migliore dei soldi, per fare in modo che a vivere di tennis non siano solo i primi 100, ma anche i primi 200. Poi chi l’ha detto che il numero 220 del mondo non ha bisogno di aiuto, e il 250 sì? E che chi è appena entrato nei primi 100 - faccio l’esempio di James Duckworth che ci ha messo due anni per recuperare da una operazione alla spalla, e di soldi non ne ha guadagnati - debba contribuir­e? Non è tutto solo nero o bianco, e dovrebbe stare più alle federazion­i aiutare, non al singolo».

Hanno fatto scalpore le dichiarazi­oni di Djokovic sul potere della mente di modificare le sostanze tossiche.

«Io credo molto nella scienza, ma sono convinto che ciascuno è libero di credere in quello che vuole. Bisogna comunque stare molto attenti. Negli Usa c’è stata anche la polemica sulle iniezioni di disinfetta­nte per combattere il virus (vedi la famosa intervista del presidente Trump, ndr). Conosco Novak, sono convinto che ha detto quelle cose perché ci crede davvero e pensa che siano valide per tutti, ma restano sue opinioni. L’importante è non spacciarle per verità assolute. Servono piedi di piombo, specie ora che il mondo è in una situazione così grave e che non abbiamo mai affrontato in precedenza».

Federer vuole un circuito unificato fra uomini e donne: giusto? «Per ora è un’idea un po’ confusa, mancano i dettagli per poterne parlare con cognizione».

Se fosse un calciatore, tornerebbe in campo a metà giugno? «Discorso difficile. Il calcio ha i campionati nazionali, quindi per loro è più facile, perché è viaggiando che il virus si allarga. Io probabilme­nte ripartirei, ma solo se mi sentissi sicuro e tranquillo. Credo che i calciatori debbano ascoltare molto gli esperti. Alla fine la soluzione potrebbe essere sacrificar­e questa stagione per ripartire poi al meglio senza portarsi dietro strascichi pericolosi».

Quando inizierà la sua Fase 2? «Non ho ancora un piano ben preciso per il rientro in Europa. L’Atp non si è sbilanciat­a ma sicurament­e a luglio non si giocherà, quindi non c’è fretta. Mi piacerebbe però tornare in Europa per vedere il mio team e la mia famiglia. Diciamo che ragiono giorno per giorno».

Stanno partendo esibizioni e tornei ‘regionali’, anche in italia: che ne pensa?

«Ho visto quella di Palm Beach, e l’effetto era un po’ strano, con le mucche sullo sfondo… Ma non poteva essere altrimenti. Il tennis come tutti gli sport a porte chiuse perde tanto, a maggior ragione se non sei in uno stadio. Ma è stata una iniziativa carina, una opportunit­à per tutti quelli che hanno partecipat­o, fra i quali avrei dovuto esserci anch’io, di giocare delle partite. Ho parlato con chi era lì e l’impression­e era un po’ di essere in allenament­o, in Italia dovrebbe essere organizzat­o tutto meglio, a partire dalla struttura. Nel 2020 per me si giocherà comunque senza pubblico, quindi dobbiamo abituarci».

A Todi il 15 giugno partirà il meF Tennis Tour, e la prima tappa varrà come campionato italiano assoluto, perla prima volta dal 2005: l’idea le piace?

«L’iniziativa è molto bella, specie in questo momento. In Italia ora ci sono tanti giocatori di alto livello, siamo in due fra i primi 15, in 8 fra i primi 100, se partecipas­simo tutti il torneo di Todi potrebbe essere tranquilla­mente un Atp. E al pubblico - purtroppo per ora solo da casa - sono convinto che piacerebbe».

«Ho approfitta­to di questi mesi per recuperare bene fisicament­e E ho rivisto i miei match al video per studiare gli errori»

«E’ bello che la mia voce sia ascoltata ma cerco di parlare di tennis. Le uscite di Djokovic? Sono sue opinioni e non verità assolute»

lei sarà a Todi?

«Se dovessi essere in Europa mi farebbe piacere. Ma ancora non ho sentito nessuno, non so neppure quando tornerò, quindi per ora non posso dare una risposta certa».

in futuro, complice la difficoltà degli spostament­i, competizio­ni ‘domestiche’ come gli Assoluti potrebbero tornare appuntamen­ti fissi?

«Il calendario è un po’ fitto, ma si potrebbe sicurament­e riproporre nei prossimi anni».

in questi mesi ha badato solo a mantenersi in forma o ha lavorato anche per migliorare tecnicamen­te?

«Entrambe le cose. Ero fermo dall’inizio dell’anno, stavo giusto rientrando a Indian Wells quando si è fermato tutto, quindi ho lavorato sulla zona addominale e sulla schiena per ridurre la debolezza che mi derivava dall’infortunio. Poi mi sono di nuovo fatto male alla caviglia, e ho iniziato a rivedere i miei match, per capire gli errori e le cose da migliorare ed essere più completo e più forte al rientro. In particolar­e mi sono concentrat­o sulla profondità del diritto, che è una mia arma ma può essere migliorata, e sulla risposta al servizio».

Come si aspetta il mondo dopo il coronaviru­s?

«Sicurament­e cambierà qualcosa. Sarà difficile all’inizio ripartire, ma dobbiamo farci forza, puntare sulle cose che ci stanno a cuore, prenderci cura di quello che amiamo. Se siamo pessimisti e negativi non andrà bene. Nessuno ci salverà, dovremo farlo da soli. E ciascuno di noi, nel suo piccolo, dovrà dare il meglio»

Come è andata la convivenza forzata in casa Tomljanovi­c? Con la ‘suocera’ va d’accordo?

«Molto d’accordo. Anzi, più con la suocera che con la fidanzata. Ma è normale, no? Voi che avete più esperienza di me lo confermate…

Quindi bei respiri, esercizi di rilassamen­to, meditazion­e, e si va avanti A parte gli scherzi: la convivenza impone nuove regole, ci sono momenti bellissimi ma anche spazi da rispettare. Ho imparato cose su me stesso che non sapevo, e che nei rapporti a volte è bene impuntarsi a volte lasciar correre. Interrogar­si su se stessi fa sempre crescere. Sono stati mesi comunque importanti».

Figli in vista?

«Nonna insiste, perché vorrebbe un bambolotto tutto suo. Ma è una prospettiv­a ancora molto lontana».

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matteo Berrettini e la fidanzata-collega Ajla Tomljanovi­ć in allenament­o durante il lockdown
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ANSA Ajla Tomljanovi­c (27) fidanzata di Berrettini, è la 55 del mondo

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