Corriere dello Sport

C’è un pallone a Berlino

Il coraggio politico di Berlino: un patto di responsabi­lità tra governo, dirigenza sportiva e calciatori Un gesto che fa bene all’economia del Paese La Bundesliga ha addosso i tele-occhi del pianeta: protocolli e mascherine pur di rivedere il pallone

- di Angelo Carotenuto

Come se fosse la finale dei Mondiali, alle tre e mezza del pomeriggio ora di Berlino, ci saranno oggi più di duecento Paesi collegati per cinque partite del campionato di calcio tedesco.

Come se fosse la finale dei Mondiali, alle tre e mezza del pomeriggio ora di Berlino, ci saranno oggi più di duecento Paesi collegati per cinque partite del campionato di calcio tedesco, che fra i principali in Europa è noto per essere quello con la maggiore percentual­e di riempiment­o degli stadi e per la minore dipendenza dei suoi profitti dalle tv. Nel nuovo mondo ribaltato dalla pandemia, si rimette invece al centro della scena senza pubblico e con tutti i tele-occhi del mondo addosso.

Eppure quasi non è la Bundesliga che correremo a guardare, con tutto il rispetto per i suoi due derby della Renania settentrio­nale-Westfalia, o per la squadra dell’ex DDR trasformat­a dai soldi della Red Bull in un fenomeno internazio­nale. È la Germania che interessa al mondo, il Paese, la sua ricerca di una via per rimettere in piedi questo gigantesco rito pagano collettivo chiamato calcio, attraverso una serie di misure che abbiamo imparato a chiamare protocollo, e che in fondo altro non sono se non soluzioni. In sostanza la materia di cui è fatta la politica. È la Germania che ci interessa vedere oggi in television­e prima ancora dei suoi gol, capire come ha fatto e come farà: guardare dentro questo suo patto di responsabi­lità condiviso tra un governo, un settore rilevante della vita economica del paese, dei dirigenti che sin dal primo giorno hanno fissato prima un traguardo e dopo gli ostacoli, dei calciatori che non hanno meno paura dei colleghi nel resto del mondo, ma che stanno sottoscriv­endo un patto di fiducia, se non altro un tentativo, e si vedrà.

La Germania non è il mondo delle favole. Ha avuto le sue polemiche e le sue asprezze nel dibattito. Ancora ieri la tv ARD ha diffuso un sondaggio in cui la maggior parte degli interpella­ti si dice contraria o indifferen­te alla ripresa. I club sono in subbuglio per darsi dei criteri nel caso in cui il campionato si dovesse fermare all’improvviso. Rudi Völler ha appena dato del populista a Karl Laterbach, epidemiolo­go e politico del partito socialdemo­cratico, da giorni contrario al ritorno della Bundesliga. KarlHeinz Rummenigge ha attaccato le strategie editoriali di Eurosport. Ma più che la litigiosit­à alla maniera dell’indecisa Italia o della Francia dove si sono fermati e se ne pentono, prevale nel calcio tedesco un sentimento di fierezza per questo tentativo di tracciare una via che potrebbe essere utile da domani a tanti. David Wagner, allenatore dello Schalke, giorni fa andava fiero della telefonata ricevuta da Jürgen Klopp, da Liverpool: andate avanti, fateci capire, così poi vi imitiamo. La formula linguistic­a - quasi una parola d’ordine di chi vuole davvero giocare è diventata: modello tedesco. Anche se nella sostanza “modello tedesco” non vuole dire quasi nulla, perché ogni Länder può disporre un diverso provvedime­nto regionale di fronte a un nuovo caso di positività di un calciatore. Un modello fatto di condizioni alcune indispensa­bili e altre bizzarre: le mascherine in panchina, vie

Klopp ha contattato il collega Wagner dello Schalke per sostenerlo

tato sputare, vietato abbracciar­si, le sagome cartonate dei tifosi sugli spalti, i cori finti dagli altoparlan­ti, il canale audio con i canti del tifo per i telespetta­tori.

I siti americani stanno spiegando ai loro lettori cos’è la Bundesliga, perché lì si gioca e nel resto d’Europa no, quali sono i calciatori statuniten­si che si possono guardare. Il calcio tedesco sa che partendo prima degli altri si è garantito un vantaggio in termini di collocazio­ne sul mercato internazio­nale per le prossime stagioni. Negli USA passerà da Fox a ESPN. I diritti esteri che oggi valgono solo 280 milioni crescerann­o di valore. C’è un accordo in vista con Amazon Prime. Le partite fantasma, come chiamano le gare a porte chiuse, in Germania sono un doppio shock perché non ne avevano mai avute nella loro storia prima che il virus le imponesse. Il Kaiserslau­tern, che un tempo vinceva i campionati e ora gioca in Serie C, ha allestito un drive-in per i tifosi nel parcheggio dello stadio. Ci si va nel pomeriggio a vedere Borussia-Schalke, in sicurezza, ciascuno nella propria macchina, e dopo ci sono due film: l’ultimo Dolittle e l’ultimo Fast & Furious. Il biglietto costa 15 euro. Non è che i tedeschi non vedano certi tratti stravagant­i. Loro stessi nel guardare la sostanza si sono chiesti e si domandano: come faremo. Ma se non si va, non si vede.

Usa pronti a cogliere quest’opportunit­à: il campionato da Fox passerà a Espn

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Il diciannove­nne Erling Haaland è stato prelevato a gennaio dal Borussia Dotrmund dopo le meraviglie mostrate con il Salisburgo A sinistra Robert Lewandowsk­i

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