Corriere dello Sport

«LA GERMANIA HA MANAGER BRAVI NOIIMPROVV­ISATI»

Il filosofo della politica e germanista Bolaffi spiega il differente approccio non solo culturale di fronte alla crisi del Covid-19 «Mentre in Italia assistevam­o ai litigi tra mondo del calcio e politici, a Berlino si definivano piani e strategie tutti i

- Di Furio Zara

Noi, loro. Noi fermi, loro fanno gol. Il nostro calcio certe volte somiglia a un bordello, il loro si propone come modello. Italia-Germania non finisce mai. Angelo Bolaffi, filosofo della politica e germanista, dal 2007 al 2011 direttore dell’Istituto di cultura italiana a Berlino, autore di numerosi saggi - il più celebre “Cuore tedesco. Il modello Germania, l’Italia e la crisi europea (Donzelli, 2013)” - ci aiuta a cogliere le differenze dei due Paesi nella gestione del calcio al tempo del Coronaviru­s.

Professor Bolaffi, in Germania si gioca, in Italia no. Perché? «Risposta semplice: perché i tedeschi si sono presi una responsabi­lità accettando eventuali rischi, mentre noi ancora no».

E’ stata una gestione diversa dell’emergenza.

«La pandemia è stata uno choc simmetrico, cioè ha colpito tutti. Ma la risposta è stata asimmetric­a, ogni paese ha reagito in maniera diversa. E’ una questione anche culturale».

Cioè?

«In Germania di fronte a un problema si sono detti: proviamo a risolverlo. Sia a livello sociale che nel calcio. Certo, non hanno avuto i nostri giorni di dolore e il nostro trauma, si sono sentiti più garantiti. In Italia invece il mondo del calcio ha cominciato a litigare, ogni parte si preoccupav­a solo dei propri interessi. E per prima cosa il governo ha chiuso il Paese, mentre in Germania si è evitato di comprimere le libertà dei cittadini. Sa qual è la cosa che mi ha dato più fastidio del nostro calcio?».

Prego.

«In piena pandemia tanti nostri presidenti discutevan­o di scudetto e retrocessi­oni, l’ho trovato indecoroso».

Immagino che anche in Germania le questioni focali fossero le stesse.

«Certo, lo credo anch’io, ma hanno avuto il buongusto di non metterle in piazza, si sonno dati da fare per definire una strategia, hanno lavorato come un sistema».

Quattro grandi club tedeschi hanno istituito un fondo di solidariet­à di 20 milioni per evitare il fallimento dei club più fragili. Della serie: se ci salviamo, ci salviamo tutti.

«Ecco, perfetto, le sembra che in Serie A una cosa così sarebbe potuta accadere? Le rispondo io: no. E questo spiega molto della differenza tra i due movimenti».

Facciamo un passo indietro: su che premesse sociali si sono mosse Italia e Germania?

«La struttura familiare italiana e la quotidiani­tà sono completame­nte diverse, in Italia tra anziani e giovani esiste un rapporto che in Germania è sconosciut­o. In Italia i nonni portano a casa la pensione, sovvenzion­ano i giovani e si prendono cura dei bambini. In Germania i ragazzi a 18 anni vanno via di casa. Questo ha favorito inevitabil­mente il contagio».

Quasi 31.700 morti in Italia, meno di 8.000 in Germania. «Sottolineo un altro dato: all’inizio della pandemia in Germania c’erano 28.000 posti in terapia intensiva, in Italia solo 5.000.

I tagli alla nostra sanità pubblica in questi ultimi anni sono stati drammatici. Certo, la Germania ha un prodotto interno lordo che è più del doppio di quello italiano, ma non cinque-sei volte di più. La sproporzio­ne non è giustifica­ta. Dentro questa forbice si è giocata una partita che la Germania, a tutti i livelli, sta vincendo».

La ripresa della Bundesliga è un segnale per tutta l’Europa. Quali i vantaggi e quali i rischi?

«Se riescono a finire il campionato, allora il sospiro di sollievo sarà quello dell’intera Europa. Rummenigge ha detto che tutti guarderann­o la Bundesliga ed è vero. Con questo scatto in avanti la Germania può diventare davvero anche la locomotiva del calcio. Ma se questa ripresa non funziona, allora crolla il circo».

E ci si rivede tutti in autunno. «Purtroppo sì. In Germania si sono presi un rischio, ma è calcolato e garantito da un buon protocollo. Oggi (ieri, ndr) la «Frankfurte­r Allgemeine Zeitung», uno dei giornali di riferiment­o in Germania, ha scritto che il sistema-calcio tedesco si è preso la responsabi­lità più importante da quando esiste la Bundesliga».

Perché in Italia non l’abbiamo fatto?

«Lei ricorda Shakespear­e, vero? Quando ha dovuto ambientare una tragedia tra due famiglie che litigano ha scelto Verona, non Dusseldorf. In due mesi ho assistito a tante liti da condominio tra Lega, Figc, club e Governo».

Il 23 aprile in Germania la Lega compatta ha raggiunto accordo su television­i che hanno versato 230 milioni, cioè l’80% dell’ultima rata. Da lì ci si è sentiti garantiti a ripartire. Da noi c’è il rischio che la faccenda dei diritti tivù finisca in tribunale.

«I manager del calcio tedesco sanno lavorare, scelgono in tempi rapidi, hanno subito costruito una buona alleanza col governo. Ma hanno saputo anche «slegarsi» dalla politica. Mentre da noi il Ministro dello Sport Spadafora si muove per ragionamen­ti astrusi, e il sistema-calcio è in balia di decisioni sempre rimandate. La politica per sua natura cerca consenso, del resto i Cinquelà stelle dicono «no» a prescinder­e: l’unica decisione della sindaca di Roma Raggi è stata quella di dire no alle Olimpiadi, di cosa stiamo parlando?».

Ma i tedeschi - i cittadini, non solo i tifosi - come stanno vivendo questa ripresa?

«Con sollievo, con curiosità, con qualche preoccupaz­ione. Sono convinto che se la DFB e il Governo tedesco avessero bloccato il campionato, i tifosi non sarebbero scesi in piazza, l’avrebbero accettato. La ripresa è stata una battaglia vinta dai dirigenti, al di

di come la pensavano i tifosi».

«In piena emergenza da noi si discuteva solo su scudetto e retrocessi­oni»

«Abbiamo pagato i tagli al nostro sistema sanitario degli ultimi anni»

«Shakespear­e ha scelto Verona e non Dusseldorf per una disputa familiare»

E’ fiducioso sulla ripresa della Serie A?

«La spinta a ripartire si avverte, non so se basterà. Certo è che l’Italia guarda alla Germania: se va bene, se vediamo che nei prossimi 10-15 giorni non ci saranno contagi tali da pensare di interrompe­re il campionato, allora anche il nostro calcio si sentirà più garantito e ripartirà con fiducia».

«L’epopea degli azzurri è lontana. Il periodo d’oro in Italia è durato fino agli anni ’90»

Professor Bolaffi, lei è tifoso? «Hertha Berlino. E la Roma, ovviamente».

Chi vince la Bundesliga?

«I miei amici tedeschi sono sicuri che a vincere sarà il Bayern».

Tra un mese esatto - 17 giugno ricorre un anniversar­io speciale: i cinquant’anni di Italia-Germania 4-3 all’Azteca. Proviamo a riannodare il filo. Come eravamo allora noi e i tedeschi? Cosa siamo diventati?

«Vidi quella partita a Roma, fu una notte di caroselli, la prima in Italia per il calcio. Allora avevamo tanti problemi, certo, ma l’Italia era davanti alla Germania. Anche il nostro calcio era più prestigios­o. Schnelling­er, Haller, poi Voeller, Matthaus, Klinsmann venivano da noi, avevamo i soldi. Sono andato a Berlino per la prima volta nel 1972, la Bundesliga era un campionato di seconda fascia. Il nostro periodo d’oro è durato fino agli anni ’90, poi la Germania ha fatto uno scatto avanti decisivo, superandoc­i. Negli anni '70 a Berlino vivevo da signore, cambiavo un marco a 100 lire. Oggi le cose si sono capovolte. La Germania corre, noi siamo fermi. Anche nel calcio».

 ??  ?? Un contrasto tra Tyler Adams del Lipsia e Christian Guenter del Friburgo nel match di Bundesliga giocato ieri
Un contrasto tra Tyler Adams del Lipsia e Christian Guenter del Friburgo nel match di Bundesliga giocato ieri
 ??  ?? L’urlo di Marco Tardelli dopo il gol alla Germania nella finale mondiale ‘82
L’urlo di Marco Tardelli dopo il gol alla Germania nella finale mondiale ‘82
 ??  ?? Angelo Bolaffi, 73 anni, filosofo della politica e noto germanista
Angelo Bolaffi, 73 anni, filosofo della politica e noto germanista

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy