Pallotta non vuole svendere Gli investitori restano scettici
Il presidente prova a mandare messaggi rassicuranti: «Sosterrò la Roma». Ma gli interrogativi crescono
C’è una riga del comunicato finanzario della Roma, l’ultima, a creare ansia negli investitori: «Non vi è un piano di ristrutturazione del debito, né sono stati approvati piani industriali dagli organi sociali». Non si può colpevolizzare il Cda della Roma per questa considerazione, perché la pandemia e la conseguente sospensione del campionato di Serie A non consentono di stimare le prospettive di danno economico. Ma in quel concetto è spiegato bene l’atteggiamento di diffidenza che tutti i possibili soggetti interessati all’acquisizione della Roma, a cominciare da Dan Friedkin, hanno mostrato davanti alla proposta di Goldman Sachs, la banca d’affari americana che tesse le trattative di alta finanza per conto di Pallotta. Le espressioni «Ci aggiorniamo» e «Le faremo sapere» sono state le più diplomatiche, come era logico supporre in uno scenario apocalittico all’interno del quale nessuno può permettersi alcun azzardo.
FIAMMELLA. Friedkin, da parte sua, rappresenterebbe una garanzia importante per il futuro della Roma. Non sarà Paperon de’ Paperoni, per citare una battuta incauta di Petrachi, ma è comunque un imprenditore che guida un gruppo solido e che ha intenzioni diverse rispetto a Pallotta: non è interessato più di tanto a speculare, nel senso tecnico degli hedge fund che comprano valorizzano e rivendono, ma a conquistare una fetta di mercato italiana per espandere la sfera di influenza. I suoi capitali sarebbero stati benedetti in questo periodo di vuoto ma Pallotta, che staso va per fare il colpo del secolo, non è riuscito a vendere in tempo la Roma. Proprio quando tutto sembrava pronto per la firma sui contratti preliminari, il Covid ha spazzato via ogni negoziato.
TENDENZA. Adesso la palla spetta a Pallotta, che di solito è molto capace a manovrare i gruppi di pressione (le cosiddette lobby) ma è meno condizionabile quando sono altri ad esercitare pressioni sui suoi affari. Un socio imponente come Starwood, che Pallotta aveva coinvolto con la chimera dello stadio di Tor di Valle, spinge per un rapido disimpegno dalla Roma. E lo stesvorrebbero altri partner del consorzio, chiamati addirittura in causa da un pulviscolo di piccoli azionisti per un’irregolarità amministrativa. Ma Pallotta per il momento tira dritto, incurante anche della popolarità ai minimi storici agli occhi dalla tifoseria: «Farò quello che serve a sostenere la Roma» ha fatto sapere. In questo senso, la distanza geografica è un prezioso alleato: i quasi due anni (per la precisione 23 mesi) dall’ultimo viaggio romano sono il manifesto programmatico della sua volontà, che è uscire di scena il prima possibile; ma la realtà è assai più complessa sul fronte economico e gli consiglia di non accettare offerte poco gratificanti. Potrebbe per assurdo essere meglio aspettare un po’, altri 12-24 mesi, accontentandosi di sistemare i conti del club per rendere l’azienda più vendibile, aspettando la ripresa del mercato postpandemico.
INCROCIO. Nel frattempo però il Ceo, Guido Fienga, dovrà gestire una situazione molto delicata. E riferire agli azionisti, che ha convocato per la fine di giugno (il 26 in prima convocazione, il 29 in seconda). Durante l’assemblea, di risposta alle richieste dei piccoli risparmiatori, la Roma dovrà spiegare pubblicamente come intende sopravvivere al tornado che l’ha travolta.
Friedkin rimane in disparte: serve tempo per stimare il valore del club