Catania, spalle al muro Otto giorni per non fallire
Il magistrato Regolo accusa il Cda Pagliara e Pellegrino unica chance Il sindaco Pogliese: Ora basta, agite
Tanto tuonò che piovve. Dopo i balletti di questi mesi, infatti, sembra essere arrivato il momento della svolta. A imprimerla, però, non è stato il fantomatico gruppo di petrolieri texani, né la ben più affidabile cordata guidata da Maurizio Pellegrino e Fabio Pagliara, men che meno il misterioso imprenditore romano che seguirebbe a distanza le sorti della società rossazzurra. Ci ha pensato la Procura di Catania, per iniziativa del sostituto procuratore Fabio Regolo, a mettere sostanzialmente con le spalle al muro l’attuale governance del club di Torre del Grifo, che poi è la stessa della holding Finaria, proprietaria del Catania stesso.
Regolo, due sere fa, ha presentato alla Sezione fallimentare del Tribunale etneo un’istanza di fallimento relativa proprio al club rossazzurro, con richiesta di immediato azzeramento dell’attuale Consiglio di Amministrazione, composto dal presidente Gianluca Astorina, dal vice Ignazio Scuderi e dall’amministratore delegato Giuseppe Di Natale. Su quest’ultimo si punta l’attenzione del magistrato, poiché “interessato dalle gravi responsabilità messe in luce dai commissari di Meridi (la società, cassaforte del gruppo, ridotta allo stremo, ndc) nell’ambito della relazione depositata a codesto tribunale”. Ma è l’intera governance ad essere messa in discussione perché “assolutamente inaffidabile”, colpevole di avere “aggravato il dissesto” e di avere portato il Catania a operare “in assenza del capitale sociale minimo di legge”.
Il sostituto procuratore fa pure cenno anche alla circostanza che “la società Catania non risulta abbia depositato alcuna pianificazione industriale strategica, alcun piano di ristrutturazione serio e credibile che consenta di prospettare un recupero di flussi finanziari che possano consentire l’approvvigionamento di mezzi di produzione e di regolare le proprie passività scadute e in scadenza”.
SITUAZIONE CUPA. Una situazione a tinte fosche, che sarà analizzata nell’udienza per la trattazione del fallimento fissata per il 25 maggio, cui il Catania potrà arrivare dopo avere presentato una relazione difensiva entro il 22 maggio.
Una relazione in cui dovrà giustificare quanto sopra esposto e prospettare un futuro credibile dopo uno stato di insolvenza che va avanti da cinque anni, con la società incapace di assolvere regolarmente alle proprie obbligazioni, ormai priva dei salvagenti di Finaria e Meridi, che “hanno garantito in questi anni la tenuta patrimoniale del Catania Calcio, assicurandone la possibilità di iscrizione ai campionati”.
SALVAGENTE. Ora resta un punto da chiarire. Può la cordata Pagliara-Pellegrino, che avrebbe il supporto del sindaco del capoluovo etneo Salvo Pogliese («Non c’è tempo da perdere, gli appelli ripetutamente lanciati alla proprietà del Calcio Catania a salvare la matricola originaria, sono purtroppo caduti nel vuoto. Un atteggiamento che valutiamo come gravemente irrispettoso nei confronti dei 74 anni di tradizione calcistica rossazzurra. Con un sussulto di dignità, si dia subito una svolta alla guida societaria» ha scritto ieri in una nota il primo cittadino), inserirsi in extremis e salvare la matricola? La risposta è affermativa, tanto più che, dalla vendita del Catania, Finaria ricaverebbe il denaro che serve per pagare la cauzione del concordato preventivo. Il problema è che se Finaria dovesse nel frattempo fallire, gli acquirenti potrebbero ritrovarsi con un pugno di mosche in mano e perdere la cifra investita. Rischieranno a tal punto?