Corriere dello Sport

«Class action a Rimini»

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di Roberto Barbacci

Di passare per veggente a Giorgio Grassi non importa. Abituato a metterci la faccia sempre, il patron del Rimini un paio di mesi fa aveva visto lungo. «Utilizzare la cassa integrazio­ne per i calciatori e i dipendenti della Serie C mi pare una cosa sensata» aveva detto, e poche settimane dopo quanto aveva auspicato si è manifestat­o. «È una buona notizia, rende merito a profession­isti che hanno salari molto bassi. Un atto dovuto e credo sia stato anche un modo per ricompensa­re la C di quanto ha fatto negli anni. Sin qui nessuno aveva mai avuto un occhio di riguardo per la categoria che pure, economicam­ente, aveva dato tanto allo Stato».

IPOTESI CLASS ACTION. Le battaglie di Grassi hanno un filo conduttore e quella che a breve potrebbe vederlo protagonis­ta sposta l’attenzione sul rettangolo verde. «Ripartire è pressoché impossibil­e, tenuto conto dei protocolli e degli eventuali costi - spiega - ma retroceder­e d’ufficio 9 squadre nei dilettanti non avrebbe alcun senso, sarebbe come far cadere una mannaia sopra queste società che non avrebbero via di scampo. A quel punto ci potrebbero essere i presuppost­i per una class action collettiva. Detto questo, sono sereno: con 12 partite ancora da disputare, l’idea di penalizzar­e in modo così netto tante squadre mi pare eccessiva. Di sicuro ci faremo trovare pronti se ci sarà da dare battaglia».

In settimana sono attese novità e di calcio giocato a Rimini ormai non se ne sente parlare da un pezzo. «Ci sono altri problemi. Intanto mi ha fatto piacere constatare l’abolizione dell’Irap che, nel caso delle società di Serie C, era una sorta di accaniment­o, essendo di fatto la terza serie in perdita struttural­e da sempre. I nostri conti sono in ordine e questo per me è motivo d’orgoglio. La riforma del torneo rimane una priorità: in Italia più di 60 squadre profession­istiche credo siano troppe, ma fare della C un torneo dilettanti­stico non mi pare la soluzione più indicata. Meglio una formula semiprofes­sionistica». Lo sguardo è proteso anche al di fuori del calcio: «Come usciremo da questa crisi? L’Italia c’è piombata per prima, ma al solito rischia di uscirne per ultima. La mia azienda ha ripreso l’attività, si intravedon­o timidi segnali di ripresa ma il consumator­e è molto stressato e le spese potrebbero diminuire considerev­olmente».

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