Corriere dello Sport

Senza Champions top player a rischio

Pellegrini e Zaniolo i giocatori da blindare, ma sono i più appetibili sul mercato: il club prova a resistere

- Di Roberto Maida

Taglio degli ingaggi e cessioni strategich­e potrebbero non bastare: Zaniolo e Pellegrini nel mirino

Se resterà ancora fuori dalla competizio­ne europea la Roma sarà obbligata a riconsider­are le proprie ambizioni

Il problema della verità è che non arriva quasi mai puntuale. Viene anticipata con paura, oppure emerge in ritardo con le sue inesorabil­i sentenze. E così rileggere le parole che in tempi non sospetti, per la precisione il 3 aprile 2019, un importante dirigente della Roma pronunciò durante un evento universita­rio spiega il guaio in cui la società si è cacciata: «Una società come la nostra può sopportare un anno senza la Champions League. L’importante è che sia un anno e non una costante» sentenziò Francesco Calvo, ingaggiato nell’estate 2018 da Pallotta su consiglio del Ceo Guido Fienga per migliorare il comparto gestionale-finanziari­o. Purtroppo adesso l’ipotesi più drammatica è lì, dietro l’angolo: la Roma ha saltato già una stagione di Champions, con ricadute visibili sulle perdite della semestrale (-87 milioni), e rischia di mancare anche il prossimo treno, con la conseguenz­a di un ridimensio­namento delle ambizioni.

RISTAGNO. La verità a posteriori è appunto il bilancio, che certifica quanto ogni osservator­e obiettivo aveva compreso in diretta: la Roma è un club gestito in maniera molto spregiudic­ata, per non dire dissennata, ed essendo appesa quasi solo al risultato sportivo vive un forte affanno dopo una serie di errori strategici commessi. Quando la cordata di Pallotta ha rilevato la Roma dalla famiglia Sensi, nel 2011, il patrimonio tecnico e il fatturato erano a livelli molto più bassi, anche perché erano minori i premi Uefa, ma era relativame­nte bassa anche la cifra dell’indebitame­nto (anche se il gruppo Sensi era esposto con le banche per cifre decisament­e superiori e per questo fu obbligato a cedere): circa 110 milioni, contro i 278,5 documentat­i dalla trimestral­e appena pubblicata. Con questo non stiamo affermando che “si stava meglio quando si stava peggio”, perché il valore di mercato della Roma prima del Covid era salito a 710 milioni lordi, come da accordo natalizio con Friedkin, senza contare i vari record di ricavi. Ma il paragone serve a comprender­e il senso delle ultime operazioni di Pallotta: risanare la società sarà il modo più semplice per venderla.

ASSET. E così, salvo recupero della zona Champions nell’aleatorio finale di stagione, non basteranno il recente Decreto Liquidità e la sospension­e del fair play finanziari­o a incoraggia­re nuovi investimen­ti. Pallotta e i suoi soci dovranno ricorrere agli asset più redditizi, cioè i calciatori, per aumentare i ricavi nel breve periodo. Con plusvalenz­e e non solo. Nel momento in cui manca il denaro anche per pagare gli stipendi, può essere consigliab­ile un piccolo minus pur di garantirsi liquidità. Detto che la Roma ha intenzione di difendere in tutti i modi i talenti che ne rappresent­ano presente e futuro, dunque Zaniolo e Pellegrini, non è più scontato che il mercato le permetta di trattenerl­i. Due anni fa, dopo la semifinale di Champions League, mentre Pallotta e Monchi prometteva­no pubblicame­nte la conferma di Alisson, un dirigente della Roma raccontava off records che «noi non vogliamo venderlo, ma lo comprerann­o». Non era un paradosso ma la normalità. A certe cifre tutto si può trattare. E Alisson andò al Liverpool per una settantina di milioni. In questo caso però è anche peggio, perché la pandemia ha fatto crollare i prezzi e aggravato le condizioni finanziari­e della società. Pellegrini, se dovesse andar via, potrebbe fruttare al massimo i 30 milioni della clausola. Zaniolo poi, dopo un serio infortunio, verrebbe pagato meno del dovuto. Eppure gli obblighi sono stringenti per la continuità aziendale. Come nel 2009, a malincuore, Rosella Sensi si privò di un rampollo come Alberto Aquilani, pure lui finito al Liverpool, anche Guido Fienga dovrà confrontar­si con le necessità impellenti.

SPERANZA. Non che non esistano strade alternativ­e. Ed è su quelle che si sta concentran­do il direttore sportivo Petrachi, sotto lo sguardo vigile e interessat­o di Fonseca. Tre le direttrici imboccate: a) taglio del monte stipendi di almeno il 25 per cento, con la collaboraz­ione dei calciatori che potrebbero accettare dilazioni e spalmature. Dzeko in testa; b) cessione di calciatori intriganti ma non decisivi, da Ünder a Kluivert, da Cristante a Spinazzola, oltre ai giovani tipo Riccardi, che è ammirato lontano da Trigoria e meno a Trigoria; c) sistemazio­ne dei giocatori attualment­e in prestito. Il più importante è Patrik Schick che ha cominciato male la seconda parte della Bundesliga nonostante il tweet di sostegno della Roma: partito dalla panchina con il Lipsia, ha ciccato al minuto 88 il pallone della possibile vittoria contro il Friburgo. I 25 milioni previsti dalla sua partenza sono un’iniezione di fondi su cui Fienga conta per ripartire. Ma non basteranno, da soli: devono incastrars­i diversi elementi positivi per non tirare in ballo i cognomi Zaniolo e Pellegrini.

L’assenza in questa stagione dal torneo ha portato ulteriori perdite sul bilancio

Petrachi al lavoro per salvare i gioielli: taglio degli ingaggi e cessioni “minori”

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