«Un positivo non impone lo stop In 72 ore si hanno risultati certi»
Le aperture del capo del dipartimento di Prevenzione delle Asl di Torino Testi: Per i calciatori non si può parlare di virus letale. I tamponi alle squadre? Non è uno scandalo
Avanti. Senza voltarsi indietro. Senza troppe paure. Senza facili o pretestuose polemiche. È ora di ripartire, anche per quel che riguarda il mondo del calcio. E se dovesse esserci un nuovo giocatore positivo al Covid-19? «Avanti lo stesso, con tutte le precauzioni del caso si intende», parola di Roberto Testi, medico legale, capo del Dipartimento di prevenzione delle Asl di Torino e presidente dell'Unità di crisi della Regione Piemonte. Un personaggio che in questi mesi di emergenza Coronavirus è stato a suo modo coinvolto anche da tutti quei ragionamenti legati al calcio, per meccanismi che forse non si sarebbe mai dovuto aspettare di affrontare non essendo propriamente un appassionato. Ma d'altronde «stiamo parlando di lavoratori e di aziende, anche se differenti da tanti altri», aggiunge.
Dottor Testi, da dove si può cominciare per capire come cambieranno tempistiche e modi di affrontare il Coronavirus nel calcio?
«Forse con annotazioni semplici, che però secondo molti forse non sono così semplici. Dal mio punto di vista non è necessario, anzi è sbagliatissimo, gridare allo scandalo quando si fa riferimento alla disponibilità di tamponi per i calciatori, tanto per fare un esempio. Al di là del fatto che ormai ci sono molte meno difficoltà di settimane fa per la reperibilità di materiali e reagenti, stiamo parlando di serie A, un sistema dove ci si può permettere delle spese di un certo tipo senza alcun problema. Allo stesso modo anche altre aziende importanti stanno provvedendo ad acquisti simili».
In attesa dei protocolli applicativi definitivi, cosa cambia per la serie A dopo gli ultimi decreti? «Quello che in fondo cambia per tutti gli altri cittadini. Ma al di là di tutto ciò che è permesso o reso obbligatorio, bisogna rendersi conto di cosa non è vietato».
Può farci un esempio? «Parliamo dell'ormai famoso caso Ibrahimovic, quello del doppio tampone rapido di cui sta parlando tutto il mondo. Non è scritto da nessuna parte che chi rientra dall'estero possa fare due tamponi in 48 ore e poi ottenere l'autorizzazione a interrompere l'isolamento di due settimane, eppure non è stata violata nessuna regola. È un lavoratore in salute che è stato ritenuto idoneo a riprendere la propria attività senza che potesse rappresentare un rischio per sé e per gli altri, semplicemente si tratta di una prassi che già negli scorsi mesi poteva essere applicata. Come dicevo prima, senza che ci sia nulla di immorale o scandaloso».
Una situazione simile è quella che aveva permesso ad alcuni giocatori di lasciare l'Italia pur essendo stati a stretto contatto con un positivo, come capitato per Gonzalo Higuain e altri bianconeri?
«Non proprio. Perché tornando a Ibrahimovic, lui non era stato a contatto con positivi, ma rientrava solo dall'estero. Nel caso degli juventini, avevano dovuto rispettare delle tempistiche differenti, in caso di negatività poteva essere legittimo che il responsabile sanitario autorizzasse l'interruzione dell'isolamento dopo circa una settimana. Anche in questi casi però non è stato fatto niente di sbagliato o di irregolare».
Ora quali possono essere i tempi giusti se ci fosse un positivo dopo la ripresa degli allenamenti?
«Credo che possano bastare 72 ore dall'ultimo contatto diretto per avere la realistica certezza che l'esito negativo del tampone possa essere ritenuto valido».
Una quarantena forzata per tutta la squadra sarebbe eccessiva?
«Secondo me sì. Non dimentichiamoci che parliamo di atleti in salute, giovani, che non corrono rischi eccessivi. Possiamo dire che per calciatori costantemente attenzionati non si possa parlare di virus letale».
E se ci fosse un positivo dopo la ripresa del campionato, cosa bisognerebbe fare?
«Andare avanti. Si isola il positivo e in breve tempo si può capire se compagni o avversari sono stati a loro volta contagiati. Quello del calcio di serie A è un sistema che prevede la possibilità di monitorare quotidianamente tutti i calciatori, che si parli di tamponi o test sierologici. Ci sono le risorse economiche per riuscire a gestire il tutto senza far correre rischi considerevoli ai protagonisti coinvolti».
«Il sistema serie A si può permettere spese di un certo tipo senza alcun problema. Anche altre aziende si muovono così»