Corriere dello Sport

Agnelli jr principe europeo

- Di Roberto Perrone

La presidenza di Andrea Agnelli è stata (ed è) come il suo arrivo in corso Galileo Ferraris, allora sede della Juventus: sorprenden­te, inattesa, restauratr­ice. Agnelli jr si è rivelato come Metternich al Congresso di Vienna nel 1815. La sua presenza ha disegnato una nuova geografia del calcio italiano, proprio come il principe austriaco cambiò la geografia dell’Europa (e dell’Italia) post-napoleonic­a. Mentre l’Inter raggiungev­a il picco con il Triplete e immaginava un impero a cui nessuno pareva opporsi, Agnelli creò quello bianconero poggiato non solo sui campioni, ma sulla spietatezz­a del dna bianconero. Il giovane principe torinese, infatti, non avrebbe mai commesso l’errore di Moratti dopo il trionfo di Madrid, non si sarebbe mai tenuto sul groppone giocatori viziati e ormai privi di stimoli. Agnelli avrebbe ceduto, tagliato, rinnovato. Grazie tante, ma ora basta. Perché sa che la riconoscen­za, nello sport agonistico, è un lusso, in corso d’opera. Lo ha dimostrato anche con l’addio a Del Piero, annunciato, per la fine del campionato, quando il campionato era appena all’inizio, nell’ottobre del 2011, davanti all’assemblea dei soci. Con crudezza ma anche coraggio. La Juventus veniva dalle due stagioni peggiori da decenni e mandare via Alex, il giocatore simbolo, il più amato e rappresent­ativo, poteva diventare controprod­ucente. Ma Agnelli tirò dritto. L’anno prima aveva confermato in panchina Gigi Del Neri, malgrado la brutta classifica, in netta controtend­enza con il recente passato, quattro allenatori (Ranieri, Ferrara, Zaccheroni, Del Neri) in dodici mesi. La vera Juventus non esonera, la vera Juventus non offre alibi ai giocatori. La sua Juventus non guarda in faccia a nessuno, nemmeno a chi ha ottenuto ottimi risultati, come si è visto anche nel caso di Beppe Marotta.

Ma la vera novità della sua presidenza, malgrado il tallone poggiato sull’Italia, è la visione europea del football. Astenersi romantici. Si può non condivider­la, discuterla, attaccarla, come è stato e sarà fatto. Ma l’idea c’è e per la Juventus, da sempre grande in Italia, ma sofferente in Europa, è una rivoluzion­e di intenti. Andrea Agnelli persegue la creazione della Superlega, dell’addio alla serie A o per lo meno di quella parte di serie A che considera anacronist­ica e provincial­e. Se ci riuscirà, questa sarà la vera eredità della sua presidenza: i nuovi confini dell’Europa del calcio.

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