TOTI LASCIA ROMA TREMA
«Decisione sofferta, devo dedicare energie e risorse alle attività della mia famiglia». C’è un’azienda interessata
Ma cosa volete rimproverare a Claudio Toti? Di aver detto basta, non ce la faccio più a sostenere i costi del basket nel momento peggiore dell’economia italiana? Di non volerci rimettere ancora milioni di euro per una città che ultimamente non gli ha mai teso una mano?
In passato chi scrive non ha mai risparmiato più di una critica al proprietario della Virtus, soprattutto per aver voluto disputare (molto mal consigliato...) le finali del 2013 contro Siena nel vetusto Palazzetto invece che al PalaEur, e di aver in seguito autoretrocesso la squadra A2. Ma negli ultimi anni Toti sempre ha tenuto in vita Roma da solo, con genuina passione, e per questo lo si deve solo ringraziare. E capire, se ieri ha comunicato di lasciare la Virtus. Che ora rischia di sparire. A meno che...
IL COMUNICATO. «Dopo vent’anni di impegno nel basket sono costretto, mio malgrado - scrive Toti - ad annunciare il mio disimpegno dalla Virtus Roma. È una decisione importante e sofferta, ma non me la sento più di andare avanti. In questa difficile scelta ovviamente ha inciso in maniera preponderante l’emergenza legata al Covid-19, che mi obbliga a dedicare le mie energie e le mie risorse alle aziende di famiglia, piuttosto che allo sport. Non è stato facile fare basket in una grande città come Roma, dove il calcio fagocita attenzione e interessi, ma nonostante tutto io l’ho fatto, e non me ne pento. E’ un grande dolore dover interrompere un percorso iniziato vent’anni fa, con entusiasmo, passione e dedizione, ma che oggi non mi è più possibile proseguire. La situazione economica del Paese è profondamente cambiata e io ritengo doveroso e imprescindibile concentrare i miei sforzi altrove. Metto a disposizione il pacchetto azionario della squadra a chiunque voglia investire nel mondo del basket, coltivando i valori dello sport. Auspico che la Virtus possa trovare un nuovo imprenditore disposto a rilanciare la società, che è fatta di uomini e donne alle quali va il mio più sincero ringraziamento. Ringrazio soprattutto i tifosi, che hanno sempre sostenuto i colori della Virtus. Io mi fermo qui, ma mi auguro che la Virtus possa invece continuare, per raggiungere importanti risultati sportivi e per regalare ancora gioie ed emozioni».
TOTI. Un pensiero che porta avanti da molto, da quando si è reso conto che a Roma non si riesce a trovare sponsor, e che il costo dell’affitto del PalaEur è a dir poco proibitivo. Quest’anno aveva fatto un ultimo tentativo, lanciando una raccolta fondi, rivelatosi però fallimentare.
«Io non posso seguitare ogni anno a mettere soldi in una società di basket - ci ha detto Toti al telefono - Che mi rimane di questi venti anni? Tanti momenti belli, difficili, gioie e sofferenze. Un percorso che ha permesso a Roma di continuare ad avere la pallacanestro. Mi auguro che qualcuno rilevi la società. Pensare che in questa città il basket debba finire solo perché Toti ha scelto di non investire più nello sport, mi sembrerebbe limitativo. Non voglio sentire questa responsabilità. Non può essere neppure una condanna».
SPERANZA. Dunque, se non si dovesse trovare nelle prossime settimane un acquirente (il 30 luglio scadono i termini per l’iscrizione alla serie A), la gloriosa Virtus, quella di Larry Wright, Gilardi, Parker e Bodiroga, scomparirebbe.
Prima dello stop al campionato c’era stato un contatto ben avviato con un’azienda interessata a rilevare la maggioranza delle quote societarie della Virtus. Poi, con l’inizio della pandemia e la conseguente crisi economica mondiale, i colloqui si erano interrotti. Gli interessati si sono rifatti vivi però qualche giorno fa, e la prossima settimana le trattative potrebbero riprendere. Nell’eventualità che si trovasse un accordo, Toti potrebbe rimanere come socio di minoranza. Il tutto però è subordinato al fatto che gli eventuali nuovi arrivati abbiano serie intenzioni nel voler continuare a fare pallacanestro a Roma. Esclusa la vendita a soggetti interessati a portare la squadra lontano dalla Capitale, e la autoretrocessione.
Morale: chi può, faccia qualcosa per evitare di cancellare Roma dal basket. E dalla storia.
Escluse la vendita a chi porterebbe il club altrove o una autoretrocessione