Corriere dello Sport

Allarme per tutto il basket

- a.b.

Forse abbiamo sbagliato tutti. O almeno tutti quelli che contavano sul fatto che Claudio Toti non avrebbe mai lasciato Roma. Perché, dopo averla rilevata da Corbelli 20 anni fa per ragioni non propriamen­te sportive, il costruttor­e romano anno dopo anno si era appassiona­to al basket in maniera viscerale. Aveva provato a cambiare vecchi equilibri del campionato ingaggiand­o fuoriclass­e come Myers, Parker, Bodiroga, e chiamando santoni della panchina come Pesic e Repesa. Fino a che ha potuto, non si era mai arreso all’idea di non poter conquistar­e uno scudetto come fecero i ragazzi dell’83. Ha commesso errori, a volte si è fidato di persone sbagliate, ma era sempre lì, in parterre: ad alzarsi, a protestare. Ma ha sempre garantito il basket agli appassiona­ti romani, anche quando, come è accaduto quest’anno, era rimasto l’unico presidente di A senza sponsor. E tutti a credere che lo avrebbe fatto ancora. Poi la crisi economica mondiale, nuove difficoltà, nessuna mano tesa. Così Toti ha detto basta: nessuno può scegliere scientemen­te di perdere almeno 4 milioni l’anno, tantomeno lui.

C’è chi ha preso la notizia come un campanello d’allarme. Per noi, più che un campanello, è una sirena dal suono forte e potente: avvisa che se qualcosa non cambierà nel modo di fare basket, a tutti i livelli, gli imprendito­ri disposti a investire nella pallacanes­tro saranno presto solo un bel ricordo.

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