«Tutelare indotto e chi vive di calcio a rischio 50 mila posti di lavoro»
«Un’iniziativa autonoma e indipendente: l’avremmo lanciata anche se la Lazio si fosse trovata in vetta»
L’avvocato Mignogna spiega le finalità della nuova idea promossa dal Comitato
L’avvocato Gianluca Mignogna, 52 anni, è il presidente del Comitato Consumatori Lazio, è conosciuto per aver portato in Federcalcio l’istanza per il riconoscimento dello scudetto 1915. La petizione per la riapertura del campionato è un’altra iniziativa laziale? «No, assolutamente. Non è solo per i laziali, può aderire qualsiasi tifoso. E lo stesso discorso vale per gli addetti ai lavori. E’ una petizione che raccoglie chiunque sia correlato o si trovi all’interno del sistema calcio. Il Comitato Consumatori Lazio è un ente che tutela gli interessi dei consumatori del prodotto calcio. Nacque nel gennaio 2018 e per la prima volta lanciammo una diffida all’Aia. In un momento di difficoltà di comprensione e di evidenti sviste arbitrali, si chiese di attuare in modo corretto il protocollo Var. Era la prima stagione e proponemmo anche alcuni correttivi».
Il pensiero che siate stati mossi da Lotito è legittimo? «No. La nostra iniziativa è indipendente e autonoma dalla società biancoceleste. C’è stata una riunione del Comitato Consumatori in cui abbiamo deciso di provare a fare un passo noi, considerando l’impasse governativa che c’era e che ancora vediamo».
Avrebbe lanciato lo stesso la petizione se la Lazio, al momento della sospensione del campionato, si fosse ritrovata al primo posto in classifica? «Assolutamenbte sì. Da un punto di vista del sistema non conta l’interesse campanalistico. Se crolla il sistema, crollano tante società professionistiche, l’impiantistica di base e scolastica e soprattutto le altre federazioni, che per il principio del mutuo soccorso ottengono sovvenzioni dal calcio. Bisogna ripartire per evitare che si crei un gap incolmabile tra il sistema sportivo italiano e quelli degli altri Paesi europei come accadrebbe in caso di sospensione definitiva».
Cosa significherebbe non ripartire per il sistema calcio? «Partiamo da un presupposto. Ci sono cento società professionistiche in Italia, 15 mila club dilettantistici, 5 milioni di tesserati. Il calcio contribuisce con una percentuale del 7% alla crescita del Pil italiano e rappresenta il 12% del Pil generato dal calcio mondiale. Tutto questo grazie agli spettatori, ai ricavi televisivi, al merchandising, agli sponsor, alla pubblicità e all’intero indotto che ruota intorno. Bisogna aggiungere un altro aspetto: con quasi 1,5 miliardi generati dal mondo professionistico e un’incidenza del 70 per cento circa rispetto al gettito fiscale dell’intero comparto sportivo, il calcio è uno dei principali contributori del sistema fiscale e previdenziale dello Stato. Un lockdown senza prospettive brucerebbe circa 50 mila posti di lavoro e oltre 4 miliardi di reddito di famiglie che direttamente o indirettamente ruotano intorno al calcio. E poi il Governo, in caso di collasso, sarebbe costretto a metterci soldi e risorse importante sottraendole ad altre emergenze sanitarie e sociali che si stanno innescando su tutto il territorio nazionale».
Il calcio è un sistema autofinanziato. «Sì. E finanzia altre discipline sportive. Perché lo Stato dovrebbe dare altre risorse quando il calcio, ripartendo, sarebbe in grado di andare avanti con le proprie forze? Tutto questo è confermato da quanto sta accadendo in Germania e in Inghilterra. La Bundesliga è ripartita e la Premier è in procinto di ripartire».
La Serie A ripartirà? «Se questo è il protocollo, come riparte si potrebbe rifermare subito... Il nostro obiettivo è lottare e spendersi per salvare il calcio italiano e l’indotto. Guardate la Bundesliga. Ripartendo per prima, ha già moltiplicato i ricavi televisivi. Sono detentori di un’esclusiva mondiale».
«Il calcio produce il 7% del Pil italiano e genera 1,5 miliardi di gettito fiscale»
«La Bundesliga ora detiene l’esclusiva e ha già moltiplicato i ricavi televisivi»
«Il calcio si finanzia da solo e il suo stop toglierebbe altre risorse allo Stato»