La Liga va in onda il 12 giugno per amore e per forza
TEBAS HA MESSO TUTTI D’ACCORDO: PARTIRE DOPO IMPLICHEREBBE PAGARE PENALI MILIONARIE ALLE TV
A quanto pare, Javier Tebas ha studiato almeno una decina di possibili calendari differenti per la ripresa, ma tutti avevano una costante: la data limite per la ripartenza non superava mai il 12 giugno. Dopo il via libera agli allenamenti, però, sono arrivate le prime proteste da parte di diversi club, che su richiesta dei loro preparatori atletici, hanno chiesto se fosse possibile rimandare di qualche settimana il nuovo fischio d’inizio, avvisando che il rischio di infortuni muscolari, allo stato delle cose, sarà piuttosto elevato. La Lega, che ultimamente si è dimostrata molto diplomatica e conciliante con tutte le componenti più o meno su tutte le questioni, pur di riattivare la grande macchina del pallone, su questo punto, però, è stata inamovibile. E l’argomento che ha apportato alle 20 società di Primera Division è stato più che convincente, visto che una volta reso noto, nessuno ha avuto più nulla da eccepire. Si riparte il 12, punto!
GRANE TV. La questione è semplice. Se si va oltre questa data, si oltrepasseranno i 90 giorni dal momento in cui è stato dichiarato il primo stato d’allerta. Ciò, secondo quanto recitano i contratti in mano di Tebas, permetterebbe agli oltre 100 operatori in giro per il mondo che si sono assicurati i diritti di trasmissione del campionato spagnolo di presentare richieste per danni e pregiudizi, indennizzi vari, fino alla totale cancellazione degli accordi. Un disastro, insomma, specie per i club medio-piccoli, che dai proventi tv ricavano fino al 75% delle loro intere entrate. In ballo, come il numero uno della Lega ripete fin dal primo giorno della crisi, ci sono 550 milioni. 350 milioni sono già andati in fumo a causa dell’impossibilità di ospitare il pubblico sugli spalti. Non dovesse ripartire il torneo - opzione ormai remota - le perdite si eleverebbero, invece, fino a un miliardo di euro per l’intero sistema.
RITMO INDIAVOLATO. Tutti d’accordo, quindi, sulla data limite della ripartenza, sebbene un po’ prematura a livello muscolare per gli atleti. E il timore che gli innovativi cinque cambi possano ridurre solo in parte il rischio infortunio pare fondato. Rimane aperta, però, l’ipotesi di poter interrompere il ritmo indiavolato, che prevede la disputata delle partite sette giorni su sette, con intervalli di 72 ore tra una gara e l’altra, con due turni separati da almeno 5 o 6 giorni di riposo per garantire un minimo di recupero in più in momenti strategici. Il calendario, in questo senso, dà un minimo di margine fino al 29 luglio. Sulla questione decideranno Lega e Federazione nei prossimi giorni.
I preparatori atletici avevano chiesto più tempo per evitare il rischio infortuni