Corriere dello Sport

Koke (ex Malaga) «In carcere studio e mi alleno»

- An.d.p.

BARCELLONA - Dev’essere difficile per un globetrott­er del pallone ritrovarsi rinchiuso tra quattro mura. E non stiamo parlando degli arresti domiciliar­i imposti dal Covid-19. Dallo scorso 19 novembre, infatti, Sergio Contreras ‘Koke’, ex centravant­i di Malaga, Marsiglia, Aris Salonicco, Houston, Baku, Blooming (Venezuela) e North East United (India), vive nel carcere andaluso di Alhaurin de la Torre, in attesa di una sentenza definitiva. Una brutta storia. L’accusa parla di organizzaz­ione a delinquere, traffico di droga e detenzione illecita di armi da fuoco. Un’operazione che ha coinvolto 150 agenti della Guardia Civil, una roba grossa. «La situazione qui non è così malvagia come potrebbe sembrare - la riflession­e dell’ex attaccante trentasett­enne, che ha risposto a un questionar­io che gli ha inviato il portale iberico ElDesmarqu­e - forse in questo periodo siamo stati anche meglio anche di voi, là fuori. Possiamo correre, allenarci. Io passo il giorno studiando diritto e giocando al “Non t’arrabbiare”». Il salto da idolo locale del pallone a detenuto è stato traumatico, ma Koke pare essersi adattato in fretta alla nuova realtà. «Sono di Malaga e qui tutti già mi conoscevan­o. Quando sono arrivato mi stavano aspettando. Qua dentro, però, siamo tutti uguali, anche quando parliamo di calcio. C’è un po’ di tutto: panettieri, muratori, ex calciatori... A me non è accordato nessun privilegio, siamo davvero tutti uguali. Il rispetto qui te lo devi guadagnare per quello che sei». Dopo aver ammesso che ciò che più gli manca sono le figlie e i genitori, che per scelta ha preferito non far venire in carcere nell’orario di visita, si è mostrato preoccupat­o per la compagna e il fratello, anche loro dietro le sbarre. Di calcio, per ora, neanche a parlarne. «Tutti vogliono che giochi, ma io preferisco stare a guardare. Tra l’altro usano il pallone da calcio a cinque. Io non mi ci sono mai trovato bene».

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