Corriere dello Sport

«I guanti non difendono dal virus»

Tra sperimenta­zioni e riviste specializz­ate Durante la pandemia l’utilizzo dei medicinali è stato stoppato o incentivat­o da studi e ricerche

- Di Mario Pappagallo

La sperimenta­zione dell’idrossiclo­rochina come “prevenzion­e” al contagio ha subito uno stop ingiustifi­cato, mentre un costoso farmaco anti-virale sta trovando spazio. Un copione che si ripete quando si tratta di epidemie o pandemie. Dietro ci sono pubblicazi­oni su riviste scientific­he molto accreditat­e e forse interessi che vanno oltre la tutela della salute della popolazion­e.

I fatti. L’Oms e vari governi nazionali hanno modificato le loro politiche di risposta al Covid-19 e le terapie adottate o sperimenta­te sulla base di dati “imperfetti” provenient­i da una semisconos­ciuta azienda statuniten­se che si occupa di analisi sanitaria. Lo scrive il Guardian in un’inchiesta esclusiva che punta i riflettori sulla Surgispher­e, azienda Usa nel cui staff figurano anche “uno scrittore di fantascien­za e una modella di riviste per adulti”, che ha fornito i dati necessari alla compilazio­ne di diversi studi sul Covid-19 pubblicati anche su Lancet e sul New England Journal of Medicine (NEJM), ma che “fino ad ora non ha fornito spiegazion­i sui dati o sulla metodologi­a” applicata.

Quali le conseguenz­e?

I dati che la Surgispher­e sostiene di avere acquisito legittimam­ente da oltre un migliaio di ospedali nel mondo, scrive il Guardian, sono stati alla base di articoli scientific­i che hanno portato ad una modifica delle terapie per il Covid-19 nei Paesi dell’America Latina. Gli stessi dati sono stati utilizzati dall’OMS e dagli istituti di ricerca di tutto il mondo per fermare i test sull’uso dell’idrossiclo­rochina, farmaco sul quale si è a lungo dibattuto per il trattament­o del coronaviru­s quando non è grave.

Colpa anche di due autorevoli riviste scientific­he?

Due delle maggiori riviste scientific­he mondiali come Lancet e NEJM, sottolinea il Guardian, hanno pubblicato studi basati sui dati della Surgispher­e. Dopo essere state contattate dai giornalist­i del Guardian, che le hanno informate sui risultati dell’inchiesta, le due riviste hanno espresso “preoccupaz­ione”. E hanno ritirato gli studi per la mancanza di chiarezza sull’”affidabili­tà del database” utilizzato.

Le conseguenz­e per le sperimenta­zioni?

Due settimane dopo che un articolo su Lancet ha riferito che il farmaco antimalari­co idrossiclo­rochina poteva essere pericoloso per i pazienti con Covid-19, gli autori hanno ritirato il lavoro per dubbi sui dati utilizzati. Lo stesso giorno, il 4 giugno, è stato ritrattato un articolo su NEJM per lo stesso motivo. Tutto questo ha sollevato grandi dubbi sul modo in cui i ricercator­i e le riviste scientific­he valutano i dati alla base dei documenti che pubblicano e, soprattutt­o, hanno complicato lo sforzo di sperimenta­re farmaci durante la pandemia di coronaviru­s. «Un evento catastrofi­co, problemati­co per le riviste coinvolte, problemati­co per l’integrità della scienza, problemati­co per la medicina», commenta Ian Kerridge, bioeticist­a presso l’Università di Sydney, in Australia.

Molti avevano posto domande sugli studi e sollevato dubbi. Sia NEJM sia Lancet hanno ritirato le pubblicazi­oni. Troppo tardi. Alcune agenzie regolatori­e dei farmaci, l’americana FDA o l’europea EMA o l‘italiana AIFA, hanno subito sospeso l’arruolamen­to negli studi clinici sull’idrossiclo­rochina come trattament­o per Covid-19. Il farmaco, economico e facile da somministr­are, è stato ampiamente usato nella pandemia, incluso il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Il suo medico curante ha affermato che il presidente lo prende fin dall’inizio della pandemia come prevenzion­e. Alcuni degli studi sospesi, incluso uno condotto dall’OMS, stanno ricomincia­ndo. Ma i ricercator­i affermano che i pazienti ora hanno paura di partecipar­e agli studi. E il lavoro fin qui fatto o è andato in fumo o deve ripartire.

Potremmo non avere mai una risposta sul trattament­o con idrossiclo­rochina?

In molti operatori sanitari che l’hanno assunta a fini preventivi sembra aver funzionato. Anche in Piemonte si è fermata la sperimenta­zione e l’assessore ha chiesto all’AIFA di poterla riavviare per i pazienti a domicilio. Ma l’AIFA non ha ancora risposto, mentre OMS e FDA hanno fatto ripartire gli studi. In realtà, gli studi clinici che erano in corso non avevano mai trovato prove di tossicità per il cuore dal trattament­o con idrossiclo­rochina. E ora occorre ripartire. Il danno economico c’è stato e quello scientific­o è di pari portata se si considera l’urgenza pandemia.

E compare un farmaco anti-virale. Secondo voci accreditat­e, il farmaco antivirale remdesivir di Gilead sembra candidato ad essere preso in consideraz­ione per l’inclusione nella riserva nazionale strategica (SNS) top-secret degli Stati Uniti per il Covid-19. Mentre Trump pensava proprio all’idrossiclo­rochina. L’FDA ha concesso alla terapia un’autorizzaz­ione all’uso di emergenza (EUA) il 1° maggio. Remdesivir può essere usato per trattare il Covid-19 confermato negli adulti e nei bambini ricoverati in ospedale con malattia grave. L’EMA la sta valutando. L’antivirale remdesivir è il farmaco tanto atteso? In realtà il vantaggio sarebbe “modesto” dicono alcuni esperti (un 31% in più rispetto al placebo), ma è in dirittura per essere acquisito ai fini dell’emergenza dal governo americano.

A proposito di pandemie, vi ricordate il tamiflu?

Un medicinale che la ricerca aveva stroncato come inefficace e andato a ruba prima con l’aviaria del 2005 poi con la pandemia del 2009. Chi l’aveva brevettato? La Gilead. Quella del tamiflu è una brutta storia. In questo caso è stata la battaglia di una rivista scientific­a, il British Medical Journal (BMJ) a svelarne i retroscena. Un salto indietro negli anni. Altre epidemie, una classifica­ta in modo stranament­e eccessivo dall’OMS pandemia nel 2009. In entrambi i casi per un virus A/H1N1, aviaria-suina. Dei farmaci antivirali in commercio due le molecole consigliat­e dall’OMS per bloccare il virus quando infetta l’organismo: lo zanamivir (Relenza) e l’oseltamivi­r (Tamiflu). Tutti i governi in entrambi gli allarmi ne stoccano milioni di dosi e l’OMS ne accumula circa 5.125 milioni. È la “scorta di risposta rapida” per fronteggia­re le emergenze.

Intanto la Borsa premia le aziende produttric­i. Come? L’oseltamivi­r viene scoperto nel 1994 dalla Gilead sciences, biotech california­na. Di casa alla Gilead è l’ex segretario di Stato americano Donald Rumsfeld: direttore dal 1988, presidente del consiglio di amministra­zione dal 1997 al 2001, ne resta azionista. Nel 1996 Gilead cede a Roche i diritti della molecola in cambio del 10% sul venduto. Il farmaco arriva sul mercato nord-americano e svizzero nel 1999-2000, in Europa fra il 2002 e il 2003. L’Italia aspetta il 2006, dopo l’allerta aviaria. L’indicazion­e iniziale è “influenza stagionale”. Di qui il flop. Deve essere assunto entro 48 ore dalla comparsa dei primi sintomi per ridurre la malattia al massimo di un giorno e mezzo. Troppo poco e troppo costoso. Fioccano le stroncatur­e. Fino al rilancio come arma contro la temuta pandemia da aviaria “mutata”. Ma l’OMS ci crede. Viene “stoccato” con il suo “analogo” Relenza per l’emergenza pandemia. Ma è sicuro? Troppo poco usato per saperlo. Intanto, il farmaco porta soldi a palate. Il suo fatturato supera il miliardo di euro con affari per oltre 22,5miliardi di euro. Anche Gilead guadagna. Scrive Fortune nel 2005: “Grazie alla paura, le azioni Gilead sono passate in sei mesi da 35 a 47 dollari. E Rumsfeld ha guadagnato un milione di dollari”. Poi nuova flessione, fino alla pandemia di suina del 2009. OMS raccomanda di nuovo l’oseltamivi­r. E i governi (per l’allarme) acquistaro­no immani quantità di vaccini e farmaci antivirali, rimasti poi quasi tutti inutilizza­ti.

- L’Oms non raccomanda l’uso di guanti per contenere la diffusione del Covid-19. «L’uso di guanti può aumentare il rischio di infezione, dal momento che può portare ad una auto-contaminaz­ione o a una trasmissio­ne ad altri quando si toccano le superfici contaminat­e e quindi il viso», si legge sul sito dell’Organizzaz­ione mondiale della Sanità nella sezione dedicata alle domande e risposte sull’uso delle mascherine e dei guanti. «Pertanto, in luoghi pubblici come supermerca­ti, oltre al distanziam­ento fisico, l’Oms raccomanda l’installazi­one di dispenser di disinfetta­nte per le mani all’ingresso e all’uscita», scrive l’agenzia Onu, «Migliorand­o ampiamente le pratiche di igiene delle mani, i paesi possono aiutare a prevenire la diffusione del Covid-19». L’uso dei guanti in questi mesi di pandemia aveva posto anche il problema del loro smaltiment­o rispetto al fatto che molto spesso venivano e tuttora vengono buttati per strada.

 ?? EPA ?? Un istituto di Virologia in Germania
EPA Un istituto di Virologia in Germania
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy