«I guanti non difendono dal virus»
Tra sperimentazioni e riviste specializzate Durante la pandemia l’utilizzo dei medicinali è stato stoppato o incentivato da studi e ricerche
La sperimentazione dell’idrossiclorochina come “prevenzione” al contagio ha subito uno stop ingiustificato, mentre un costoso farmaco anti-virale sta trovando spazio. Un copione che si ripete quando si tratta di epidemie o pandemie. Dietro ci sono pubblicazioni su riviste scientifiche molto accreditate e forse interessi che vanno oltre la tutela della salute della popolazione.
I fatti. L’Oms e vari governi nazionali hanno modificato le loro politiche di risposta al Covid-19 e le terapie adottate o sperimentate sulla base di dati “imperfetti” provenienti da una semisconosciuta azienda statunitense che si occupa di analisi sanitaria. Lo scrive il Guardian in un’inchiesta esclusiva che punta i riflettori sulla Surgisphere, azienda Usa nel cui staff figurano anche “uno scrittore di fantascienza e una modella di riviste per adulti”, che ha fornito i dati necessari alla compilazione di diversi studi sul Covid-19 pubblicati anche su Lancet e sul New England Journal of Medicine (NEJM), ma che “fino ad ora non ha fornito spiegazioni sui dati o sulla metodologia” applicata.
Quali le conseguenze?
I dati che la Surgisphere sostiene di avere acquisito legittimamente da oltre un migliaio di ospedali nel mondo, scrive il Guardian, sono stati alla base di articoli scientifici che hanno portato ad una modifica delle terapie per il Covid-19 nei Paesi dell’America Latina. Gli stessi dati sono stati utilizzati dall’OMS e dagli istituti di ricerca di tutto il mondo per fermare i test sull’uso dell’idrossiclorochina, farmaco sul quale si è a lungo dibattuto per il trattamento del coronavirus quando non è grave.
Colpa anche di due autorevoli riviste scientifiche?
Due delle maggiori riviste scientifiche mondiali come Lancet e NEJM, sottolinea il Guardian, hanno pubblicato studi basati sui dati della Surgisphere. Dopo essere state contattate dai giornalisti del Guardian, che le hanno informate sui risultati dell’inchiesta, le due riviste hanno espresso “preoccupazione”. E hanno ritirato gli studi per la mancanza di chiarezza sull’”affidabilità del database” utilizzato.
Le conseguenze per le sperimentazioni?
Due settimane dopo che un articolo su Lancet ha riferito che il farmaco antimalarico idrossiclorochina poteva essere pericoloso per i pazienti con Covid-19, gli autori hanno ritirato il lavoro per dubbi sui dati utilizzati. Lo stesso giorno, il 4 giugno, è stato ritrattato un articolo su NEJM per lo stesso motivo. Tutto questo ha sollevato grandi dubbi sul modo in cui i ricercatori e le riviste scientifiche valutano i dati alla base dei documenti che pubblicano e, soprattutto, hanno complicato lo sforzo di sperimentare farmaci durante la pandemia di coronavirus. «Un evento catastrofico, problematico per le riviste coinvolte, problematico per l’integrità della scienza, problematico per la medicina», commenta Ian Kerridge, bioeticista presso l’Università di Sydney, in Australia.
Molti avevano posto domande sugli studi e sollevato dubbi. Sia NEJM sia Lancet hanno ritirato le pubblicazioni. Troppo tardi. Alcune agenzie regolatorie dei farmaci, l’americana FDA o l’europea EMA o l‘italiana AIFA, hanno subito sospeso l’arruolamento negli studi clinici sull’idrossiclorochina come trattamento per Covid-19. Il farmaco, economico e facile da somministrare, è stato ampiamente usato nella pandemia, incluso il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Il suo medico curante ha affermato che il presidente lo prende fin dall’inizio della pandemia come prevenzione. Alcuni degli studi sospesi, incluso uno condotto dall’OMS, stanno ricominciando. Ma i ricercatori affermano che i pazienti ora hanno paura di partecipare agli studi. E il lavoro fin qui fatto o è andato in fumo o deve ripartire.
Potremmo non avere mai una risposta sul trattamento con idrossiclorochina?
In molti operatori sanitari che l’hanno assunta a fini preventivi sembra aver funzionato. Anche in Piemonte si è fermata la sperimentazione e l’assessore ha chiesto all’AIFA di poterla riavviare per i pazienti a domicilio. Ma l’AIFA non ha ancora risposto, mentre OMS e FDA hanno fatto ripartire gli studi. In realtà, gli studi clinici che erano in corso non avevano mai trovato prove di tossicità per il cuore dal trattamento con idrossiclorochina. E ora occorre ripartire. Il danno economico c’è stato e quello scientifico è di pari portata se si considera l’urgenza pandemia.
E compare un farmaco anti-virale. Secondo voci accreditate, il farmaco antivirale remdesivir di Gilead sembra candidato ad essere preso in considerazione per l’inclusione nella riserva nazionale strategica (SNS) top-secret degli Stati Uniti per il Covid-19. Mentre Trump pensava proprio all’idrossiclorochina. L’FDA ha concesso alla terapia un’autorizzazione all’uso di emergenza (EUA) il 1° maggio. Remdesivir può essere usato per trattare il Covid-19 confermato negli adulti e nei bambini ricoverati in ospedale con malattia grave. L’EMA la sta valutando. L’antivirale remdesivir è il farmaco tanto atteso? In realtà il vantaggio sarebbe “modesto” dicono alcuni esperti (un 31% in più rispetto al placebo), ma è in dirittura per essere acquisito ai fini dell’emergenza dal governo americano.
A proposito di pandemie, vi ricordate il tamiflu?
Un medicinale che la ricerca aveva stroncato come inefficace e andato a ruba prima con l’aviaria del 2005 poi con la pandemia del 2009. Chi l’aveva brevettato? La Gilead. Quella del tamiflu è una brutta storia. In questo caso è stata la battaglia di una rivista scientifica, il British Medical Journal (BMJ) a svelarne i retroscena. Un salto indietro negli anni. Altre epidemie, una classificata in modo stranamente eccessivo dall’OMS pandemia nel 2009. In entrambi i casi per un virus A/H1N1, aviaria-suina. Dei farmaci antivirali in commercio due le molecole consigliate dall’OMS per bloccare il virus quando infetta l’organismo: lo zanamivir (Relenza) e l’oseltamivir (Tamiflu). Tutti i governi in entrambi gli allarmi ne stoccano milioni di dosi e l’OMS ne accumula circa 5.125 milioni. È la “scorta di risposta rapida” per fronteggiare le emergenze.
Intanto la Borsa premia le aziende produttrici. Come? L’oseltamivir viene scoperto nel 1994 dalla Gilead sciences, biotech californiana. Di casa alla Gilead è l’ex segretario di Stato americano Donald Rumsfeld: direttore dal 1988, presidente del consiglio di amministrazione dal 1997 al 2001, ne resta azionista. Nel 1996 Gilead cede a Roche i diritti della molecola in cambio del 10% sul venduto. Il farmaco arriva sul mercato nord-americano e svizzero nel 1999-2000, in Europa fra il 2002 e il 2003. L’Italia aspetta il 2006, dopo l’allerta aviaria. L’indicazione iniziale è “influenza stagionale”. Di qui il flop. Deve essere assunto entro 48 ore dalla comparsa dei primi sintomi per ridurre la malattia al massimo di un giorno e mezzo. Troppo poco e troppo costoso. Fioccano le stroncature. Fino al rilancio come arma contro la temuta pandemia da aviaria “mutata”. Ma l’OMS ci crede. Viene “stoccato” con il suo “analogo” Relenza per l’emergenza pandemia. Ma è sicuro? Troppo poco usato per saperlo. Intanto, il farmaco porta soldi a palate. Il suo fatturato supera il miliardo di euro con affari per oltre 22,5miliardi di euro. Anche Gilead guadagna. Scrive Fortune nel 2005: “Grazie alla paura, le azioni Gilead sono passate in sei mesi da 35 a 47 dollari. E Rumsfeld ha guadagnato un milione di dollari”. Poi nuova flessione, fino alla pandemia di suina del 2009. OMS raccomanda di nuovo l’oseltamivir. E i governi (per l’allarme) acquistarono immani quantità di vaccini e farmaci antivirali, rimasti poi quasi tutti inutilizzati.
- L’Oms non raccomanda l’uso di guanti per contenere la diffusione del Covid-19. «L’uso di guanti può aumentare il rischio di infezione, dal momento che può portare ad una auto-contaminazione o a una trasmissione ad altri quando si toccano le superfici contaminate e quindi il viso», si legge sul sito dell’Organizzazione mondiale della Sanità nella sezione dedicata alle domande e risposte sull’uso delle mascherine e dei guanti. «Pertanto, in luoghi pubblici come supermercati, oltre al distanziamento fisico, l’Oms raccomanda l’installazione di dispenser di disinfettante per le mani all’ingresso e all’uscita», scrive l’agenzia Onu, «Migliorando ampiamente le pratiche di igiene delle mani, i paesi possono aiutare a prevenire la diffusione del Covid-19». L’uso dei guanti in questi mesi di pandemia aveva posto anche il problema del loro smaltimento rispetto al fatto che molto spesso venivano e tuttora vengono buttati per strada.