Addio a Benedek, gigante mito e campione di tutto
Ha vinto 5 Champions, 6 tricolori con Recco e 3 ori alle Olimpiadi Postiglione: «Giocatore incredibile»
L’ ultima volta che Francesco Postiglione ha visto Benedek erano a Budapest, estate 2018, «alla partita del millennio. Finì pari, e lui era lì, non ci si incontrava da qualche anno, e quando il tempo passa è sempre tutto così strano».
Ma conta poco quando è la leggenda a precederti. E così, ammantato di leggenda, se n’è andato Tibor Benedek, uno dei più grandi pallanotisti di sempre. Avrebbe compiuto 48 anni il 12 luglio, se l’è portato via un male cattivo.
MOLE. Postiglione se lo ricorda con quella mole imponente: «Ma quella sua capacità di nuotare come un treno, reattivo, coniugava potenza forza ed esplosività come mai nessuno aveva fatto prima. Gli ho visto fare delle giocate che anche noi addetti ai lavori ci guardavamo e restavamo stupiti. Questo era il frutto di un talento da professionista, della sua dedizione in allenamento, della sua grande forza. Il mio ricordo è questo: tante battaglie. Nel club ci siamo solo sfiorati: quando lui è arrivato a Roma io sono andato via».
CAMPIONE. Resterà soprattutto questo di Benedek, quel suo essere feroce e leggero allo stesso tempo, preda del suo spazio vitale in acqua («Qualche colpo volava, ma la lealtà a fine partita non mancava mai», dice ancora Postiglione) e braccato dal talento che lo ha reso celebre.
In vasca aveva raccolto cinque Champions League, una con l'Ujpest e quattro con la Pro Recco. A Recco era rimasto otto, suggestivi anni (dal 2001 al 2004 e dal 2007 al 2012) diventandone il capitano e collezionando scudetti (6), coppe (4 Coppe Italia e 4 Supercoppe Europee più una Lega Adriatica) e soprattutto applausi.
Ai primi di maggio aveva annunciato l’addio al mondo della pallanuoto. «La ragione è puramente privata. Non desidero fare altre dichiarazioni a riguardo». Dotato di un mancino fulminante, con la nazionale magiara ha vinto tre ori olimpici (Sydney 2000, Atene 2004 e Pechino 2008). Della sua Ungheria poi era diventato ct.
EX COMPAGNO. L’Ungheria quella bella, quella provvidenziale e magica. Tant’è che aveva arricchito il suo palmares con i Mondiali 2013, un argento e un bronzo agli Europei (2014, 2016), oltre a due argenti in World League (2013 e 2014) e uno in Coppa del Mondo (2014).
Con il gioco aveva lasciato il segno, con l’ardore i rapporti di una vita. Come con Maurizio Felugo, l'ex compagno di calottina per tante stagioni. «Tibor era un compagno, un capitano, un esempio: ha cambiato il modo di allenarsi e di vivere la pallanuoto, bastava osservarlo per comprendere quale fosse la strada per diventare un campione».
Un punto di riferimento, come ha detto Felugo, «e la sua stella continuerà a brillare. È un giorno triste per la nostra società: ci stringiamo attorno alla famiglia in questo momento di grande dolore».
L’ex compagno Felugo: «Aveva cambiato il modo di allenarsi»