Una svolta alla Jovanotti
Antonio Conte pensa positivo, seguendo l’ideologia di uno dei moderni filosofi italiani, Jovanotti. E’ questa la novità. Vede la stagione dell’Inter, e la sua di conserva, tutt’altro che perduta, tutt’altro che negativa. “Voglia, entusiasmo e passione” sono i tre sentimenti che ha richiamato alla vigilia della ripresa in campionato con la (molto) notturna Inter-Sampdoria. Soprattutto riprende il cammino con entusiasmo, chiarezza e aritmetica, dopo essersi battuto per chiudere tutto e rimettere il pallone al centro solo quando avrebbe potuto rotolare normalmente. «Vincendo con la Sampdoria andremmo a meno sei dalla prima, non è un distacco abissale con 12 partite da giocare». Vero, specialmente con la Juventus vista all’opera in Coppa Italia. Purtroppo a meno cinque c’è la Lazio. Un grande cambio di prospettiva, da parte sua. Non che Votantonio sia mai stato disposto a mollare un obbiettivo, ma, tra tutti gli allenatori di serie A, era quello che, più degli altri, non voleva riaprire il football. Ama il controllo, della squadra, del programma, delle siepi del centro di allenamento, del menu del ristorante. Odia i contrattempi, i ritardi, le situazioni impreviste. L’emergenza Covid con la conseguente chiusura del campionato e la scomparsa dei giocatori, degli allenamenti e dei programmi giornalieri, lo aveva angustiato. Per lui l’anno sociale si era chiuso a marzo. Basta così.
Però, adesso, lo ritroviamo deciso a non cedere (senza provare) quello che gli resta da conquistare, numeri alla mano, e cioè la non facile speranza di vincere il campionato e, dopo questo, l’Europa League. E’ un Conte che si sta adattando alla nuova situazione, con qualche mancanza, come il pubblico (l’ha detto, non potrà invocare: «voglio una bolgia») e qualche sorpresa, come la concessione ai giocatori di dormire a casa la notte prima degli esami, pardon delle partite. Conte ha voglia e bisogno di “normalità”, dei tifosi, dei giorni di lavoro, ma deve fronteggiare l’anomalia del calcio d’estate come può e come sa. Non è andata come voleva lui, doppiamente, questa stagione, sia nei tempi in cui si è sviluppata, sia nei risultati, con la retrocessione dalla Champions all’Europa League e la crisi di febbraio che ha allontanato l’Inter dalla vetta, provocando una sospensione del nuovo idillio tifosi-squadra. La rivoluzione contiana appare notevole in questa vigilia: l’allenatore dal tocco magico, e che per questo è il più pagato in Italia e uno dei più pagati d’Europa, è sceso di un paio di gradini dalla sua posizione fortemente ideologizzata, in cui il calcio si intende senza deroghe, dove il lavoro si porta a casa ma non viceversa. Insomma, ha deciso di provarci, lasciando alle spalle le perplessità, decidendo di subire l’agenda e non di dettarla. Perché non si dica che ha abbandonato troppo presto, perché non si dica che la sua forza svanisce quando non ha il controllo, perché non si dica che anche con lui, l’Inter s’è ammosciata a metà dell’opera. E’ il calcio ai tempi del coronavirus. Conte non apprezza ma si adegua.