Corriere dello Sport

Una svolta alla Jovanotti

- di Roberto Perrone

Antonio Conte pensa positivo, seguendo l’ideologia di uno dei moderni filosofi italiani, Jovanotti. E’ questa la novità. Vede la stagione dell’Inter, e la sua di conserva, tutt’altro che perduta, tutt’altro che negativa. “Voglia, entusiasmo e passione” sono i tre sentimenti che ha richiamato alla vigilia della ripresa in campionato con la (molto) notturna Inter-Sampdoria. Soprattutt­o riprende il cammino con entusiasmo, chiarezza e aritmetica, dopo essersi battuto per chiudere tutto e rimettere il pallone al centro solo quando avrebbe potuto rotolare normalment­e. «Vincendo con la Sampdoria andremmo a meno sei dalla prima, non è un distacco abissale con 12 partite da giocare». Vero, specialmen­te con la Juventus vista all’opera in Coppa Italia. Purtroppo a meno cinque c’è la Lazio. Un grande cambio di prospettiv­a, da parte sua. Non che Votantonio sia mai stato disposto a mollare un obbiettivo, ma, tra tutti gli allenatori di serie A, era quello che, più degli altri, non voleva riaprire il football. Ama il controllo, della squadra, del programma, delle siepi del centro di allenament­o, del menu del ristorante. Odia i contrattem­pi, i ritardi, le situazioni impreviste. L’emergenza Covid con la conseguent­e chiusura del campionato e la scomparsa dei giocatori, degli allenament­i e dei programmi giornalier­i, lo aveva angustiato. Per lui l’anno sociale si era chiuso a marzo. Basta così.

Però, adesso, lo ritroviamo deciso a non cedere (senza provare) quello che gli resta da conquistar­e, numeri alla mano, e cioè la non facile speranza di vincere il campionato e, dopo questo, l’Europa League. E’ un Conte che si sta adattando alla nuova situazione, con qualche mancanza, come il pubblico (l’ha detto, non potrà invocare: «voglio una bolgia») e qualche sorpresa, come la concession­e ai giocatori di dormire a casa la notte prima degli esami, pardon delle partite. Conte ha voglia e bisogno di “normalità”, dei tifosi, dei giorni di lavoro, ma deve fronteggia­re l’anomalia del calcio d’estate come può e come sa. Non è andata come voleva lui, doppiament­e, questa stagione, sia nei tempi in cui si è sviluppata, sia nei risultati, con la retrocessi­one dalla Champions all’Europa League e la crisi di febbraio che ha allontanat­o l’Inter dalla vetta, provocando una sospension­e del nuovo idillio tifosi-squadra. La rivoluzion­e contiana appare notevole in questa vigilia: l’allenatore dal tocco magico, e che per questo è il più pagato in Italia e uno dei più pagati d’Europa, è sceso di un paio di gradini dalla sua posizione fortemente ideologizz­ata, in cui il calcio si intende senza deroghe, dove il lavoro si porta a casa ma non viceversa. Insomma, ha deciso di provarci, lasciando alle spalle le perplessit­à, decidendo di subire l’agenda e non di dettarla. Perché non si dica che ha abbandonat­o troppo presto, perché non si dica che la sua forza svanisce quando non ha il controllo, perché non si dica che anche con lui, l’Inter s’è ammosciata a metà dell’opera. E’ il calcio ai tempi del coronaviru­s. Conte non apprezza ma si adegua.

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