Un uomo esagerato
Ora dorme. Riposa. Vegliato e protetto dalle persone giuste. Indurlo con i farmaci a un sonno profondo: è l’unico modo per fermarlo. Come quando, la notte, dorme abbracciato alla sua amatissima Daniela, mi raccontava. Dimezzato, ma mai così intero. Alex Zanardi. Riguardatevi la foto nella nostra prima pagina di ieri, concentratevi solo sul volto che spunta sotto il casco, puntate la lente su occhi, naso, bocca, bava e denti. Zanne, più che denti. Non avrete bisogno d’altro per sapere chi è davvero Alex Zanardi. Un uomo deformato dal senso titanico della sfida. Molto lontano dai ritrattini ben confezionati di queste ore, puntualmente spolverati di accattivanti aneddoti e rassicuranti chiose. Tutto nel nome della più dolciastra adulazione.
Basta prenderci per i fondelli. Basta con tutto questo incenso. Qui si tratta più di zolfo che di incenso. La grandezza irripetibile e probabilmente innominabile di Alex detto “Zanna” è altrove, in territori molto meno rassicuranti. Ci sono gli uomini che stanno nella misura e dopo, ma molto dopo, ci sono quelli della dismisura. I più virtuosi dei primi possono insegnare, trasmettere valori, diventare maestri di vita, possono contagiare e persino migliorare il mondo, ma non potranno mai togliergli il fiato. Saranno sempre dei tuoi simili. Ti ci puoi specchiare, con un po’ di buona volontà. I secondi puoi solo tentare di raccontarli, o subirli come uno scandalo. Li puoi ammirare, ma non li puoi avvicinare. Scoraggianti per quanto non ti ci puoi immedesimare.
Alex Zanardi è uno di loro. Un uomo della dismisura. Ha fatto della sua tragedia un capolavoro. Che è tale soprattutto perché incomprensibile. Nell’opera permanente di una sfida al limite che ha perso il senso del limite. Esemplari così non insegnano nulla se non che, forse, dovrai passare all’inferno e sopravvivere per poi rientrare nel mondo con tutte quelle fiamme addosso, non riconoscibile nemmeno a te stesso. Altro che maestro! La sua lezione, se c’è, non ti aiuta, ti sfonda. A te che ti dichiari arreso per una sciatica. Da quel giorno che un bolide ti è entrato dentro a trecento all’ora, spezzandoti in due come un’ostia sconsacrata. Con i tubi piantati in corpo, Alex si ribella e decide: se da ballerino con tutte le gambe era una schiappa, senza gambe, sulle protesi, non sarà meno leggiadro di Nureyev, su quel moncone che gli resta. Ma è davvero Alex a decidere, quel giorno? È ancora lui dietro quella ribellione luciferina (tornate a guardare i suoin occhi)? O dobbiamo prendere atto di un mistero che ci eccede per quanto ci esclude? Grandioso, di sicuro.
Essere Alex Zanardi è impossibile. Proviamo almeno a capirlo. A gettare un occhio nella fornace che sta dietro la facciata di un ragazzo amabile e ironico come pochi («oggi sono meno vulnerabile di prima. Se mi succede qualcosa mi basta sostituire un bullone e sono a posto», mi disse al telefono), disponibile come nessuno. Uno che, arrancando e zompando sul suo moncone, trasforma tutto in una sfida, si avventa su qualunque cosa e la fa meglio di qualunque uomo integrale. Gli danno una trasmissione da condurre? Mai fatto, ma lui è il migliore. Con lui la metafora del bicchiere mezzo pieno o vuoto non ha più senso. Il mezzo vuoto è più pieno del mezzo pieno.
Si muore solo da vivi, recitano gli uomini della misura. Si vive solo da morti, rispondono da un oltre molto lontano quelli della dismisura. Alex e già morto una volta (l’estrema unzione e sette arresti cardiaci) e si è fatto beffa della morte. Sopravvisse con un litro di sangue in corpo e i medici che si grattavano increduli la testa. Siamo curiosi, affascinati e anche un po’ atterriti di vedere se anche stavolta tornerà a battere le strade di casa con gli occhi della belva e nel taschino la provvista del suo amato grana intriso nella marmellata d’arancia. Perché Alex è un uomo esagerato. Il resto è conseguenza.