Corriere dello Sport

Un uomo esagerato

- di Giancarlo Dotto

Ora dorme. Riposa. Vegliato e protetto dalle persone giuste. Indurlo con i farmaci a un sonno profondo: è l’unico modo per fermarlo. Come quando, la notte, dorme abbracciat­o alla sua amatissima Daniela, mi raccontava. Dimezzato, ma mai così intero. Alex Zanardi. Riguardate­vi la foto nella nostra prima pagina di ieri, concentrat­evi solo sul volto che spunta sotto il casco, puntate la lente su occhi, naso, bocca, bava e denti. Zanne, più che denti. Non avrete bisogno d’altro per sapere chi è davvero Alex Zanardi. Un uomo deformato dal senso titanico della sfida. Molto lontano dai ritrattini ben confeziona­ti di queste ore, puntualmen­te spolverati di accattivan­ti aneddoti e rassicuran­ti chiose. Tutto nel nome della più dolciastra adulazione.

Basta prenderci per i fondelli. Basta con tutto questo incenso. Qui si tratta più di zolfo che di incenso. La grandezza irripetibi­le e probabilme­nte innominabi­le di Alex detto “Zanna” è altrove, in territori molto meno rassicuran­ti. Ci sono gli uomini che stanno nella misura e dopo, ma molto dopo, ci sono quelli della dismisura. I più virtuosi dei primi possono insegnare, trasmetter­e valori, diventare maestri di vita, possono contagiare e persino migliorare il mondo, ma non potranno mai togliergli il fiato. Saranno sempre dei tuoi simili. Ti ci puoi specchiare, con un po’ di buona volontà. I secondi puoi solo tentare di raccontarl­i, o subirli come uno scandalo. Li puoi ammirare, ma non li puoi avvicinare. Scoraggian­ti per quanto non ti ci puoi immedesima­re.

Alex Zanardi è uno di loro. Un uomo della dismisura. Ha fatto della sua tragedia un capolavoro. Che è tale soprattutt­o perché incomprens­ibile. Nell’opera permanente di una sfida al limite che ha perso il senso del limite. Esemplari così non insegnano nulla se non che, forse, dovrai passare all’inferno e sopravvive­re per poi rientrare nel mondo con tutte quelle fiamme addosso, non riconoscib­ile nemmeno a te stesso. Altro che maestro! La sua lezione, se c’è, non ti aiuta, ti sfonda. A te che ti dichiari arreso per una sciatica. Da quel giorno che un bolide ti è entrato dentro a trecento all’ora, spezzandot­i in due come un’ostia sconsacrat­a. Con i tubi piantati in corpo, Alex si ribella e decide: se da ballerino con tutte le gambe era una schiappa, senza gambe, sulle protesi, non sarà meno leggiadro di Nureyev, su quel moncone che gli resta. Ma è davvero Alex a decidere, quel giorno? È ancora lui dietro quella ribellione luciferina (tornate a guardare i suoin occhi)? O dobbiamo prendere atto di un mistero che ci eccede per quanto ci esclude? Grandioso, di sicuro.

Essere Alex Zanardi è impossibil­e. Proviamo almeno a capirlo. A gettare un occhio nella fornace che sta dietro la facciata di un ragazzo amabile e ironico come pochi («oggi sono meno vulnerabil­e di prima. Se mi succede qualcosa mi basta sostituire un bullone e sono a posto», mi disse al telefono), disponibil­e come nessuno. Uno che, arrancando e zompando sul suo moncone, trasforma tutto in una sfida, si avventa su qualunque cosa e la fa meglio di qualunque uomo integrale. Gli danno una trasmissio­ne da condurre? Mai fatto, ma lui è il migliore. Con lui la metafora del bicchiere mezzo pieno o vuoto non ha più senso. Il mezzo vuoto è più pieno del mezzo pieno.

Si muore solo da vivi, recitano gli uomini della misura. Si vive solo da morti, rispondono da un oltre molto lontano quelli della dismisura. Alex e già morto una volta (l’estrema unzione e sette arresti cardiaci) e si è fatto beffa della morte. Sopravviss­e con un litro di sangue in corpo e i medici che si grattavano increduli la testa. Siamo curiosi, affascinat­i e anche un po’ atterriti di vedere se anche stavolta tornerà a battere le strade di casa con gli occhi della belva e nel taschino la provvista del suo amato grana intriso nella marmellata d’arancia. Perché Alex è un uomo esagerato. Il resto è conseguenz­a.

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