Rino tenta l’aggancio
Roma al San Paolo, Gattuso scuote il Napoli. Fuori Mertens, spazio a Milik Pallotta rasserena Fonseca: «Ha il mio sostegno». Zaniolo tra i convocati
Bisogna (ri)pensare al passato, per potersi godere queste tracce ormai simboliche di futuro: e un quinto posto, che pure sa d’effimero, può aiutare a conoscersi meglio, a capirsi, a guardarsi dentro e a rendersi conto di cosa sia cambiato da quell’inverno gelido. Sei mesi e dieci partite fa - solo dieci partite fa - tra Napoli e Roma c’era un abisso di quattordici punti, la distanza siderale che separava una squadra in piena crisi di nervi e di identità, da un’avversaria che invece sembrava proiettata verso la Champions, raffigurata in quel quarto posto che le apparteneva in solitudine. Il tempo è volato via, però ce ne siamo accorti, ora l’Europa più nobile è un’esclusiva che con Juventus, Lazio e Inter va a godersi l’Atalanta, ma Napoli e Roma sono lì, si giocano il quinto posto, che ha un valore ed un peso soprattutto per analizzarsi, evitando di accomodarsi su lettino dello psicologo. Gattuso s’è regalato (tanto) altro - perché una Coppa Italia non sta semplicemente in bacheca, ma riempie di sé e d’orgoglio - ma adesso deve anche capire dove, come e quando intervenire, cosa cambiare per rendere completamente suo quel Napoli che ha ereditato, che poi ha ritoccato per avvicinarlo alle proprie teorie, che andrà completato, per avviare il proprio ciclo.
ESAMI. C’è un’inevitabile rotazione, servirà per comprendere ulteriormente la consistenza tecnica e anche psicologica dei singoli o per rivalutare chi s’è perso in quest’annata a tratti sciagurata, e ciò che resta di questo campionato d’avvicinamento alla sfida del Camp Nou di Champions League non può diventare accademia. Il Napoli che è tornato da Bergamo ed è stato «sculacciato» da Gattuso deve risposte e completare nel suo piccolo una rimonta che lo riporti immediatamente alle spalle della zona elitaria: e le indicazioni, soprattutto caratteriali, serviranno per definire il futuro, per modellarlo a immagine e somiglianza di un allenatore che non ha intenzione di smarrirsi proprio quando è riuscito ad intrufolarsi nella testa dei giocatori. Dopo la Roma ci sono altri otto esami, saranno indispensabili per completare un processo evolutivo che insegue nuovi orizzonti: perché dopo aver rielaborato la fase difensiva, ed aver capito che esiste una fase difensiva più che legittima, quindi rassicurante, adesso il Napoli dovrà snellire la sua capacità offensiva, riappropriarsi della sua stessa natura, esaltare il talento che possiede e che dev’essere esibito con l’autorevolezza che viene chiesta ad una squadra ch’è consapevole del proprio ruolo e deve esercitarlo pure «appropriandosi» delle partite, non solo gestendole.
TESTA E CUORE. E comunque, dalla Roma in poi, e per arrivare sino al Barcellona, Gattuso avrà bisogno di ricevere ulteriori input dal «suo» Napoli, che è uscito dalla brume di questo semestre con fierezza, ma al quale è vietato sprecare quel patrimonio formativo necessario per evitare che tutto andasse perduto, persino l’onore. Il 19 gennaio, un mese dopo essere arrivato su una panchina rovente, portandosi appresso, di suo, le sconfitte con Parma, Lazio, Inter e Fiorentina, a Gattuso è stato indispensabile aspettare il Lecce, prima di procedere con una piccola rivoluzione ideologica del suo tridente: però adesso non è più, e non è solo, una questione di schemi e di moduli. E un quinto posto, per cominciare, saprebbe di un segnale per ripartire in allegria. «Niente chiacchiere». Nè distintivi.