Troppo Var rovina lo spettacolo
La figura dell’arbitro e dei suoi aiutanti: perché sembrano diventati la “scientifica”?
Applicato così, il Var è una sciagura. Come mettersi in casa la suocera delle barzellette che mette il becco su tutto e vuole sempre l’ultima parola.
Normali spintarelle da mischia e falli di mano assurdi, che caos Così il calcio perde il suo appeal
Applicato così, il Var è una sciagura. Come mettersi in casa la suocera delle barzellette che mette il becco su tutto e vuole sempre l’ultima parola. Che ti fredda con un’acida occhiata ogni volta che ti va di farti una risata. Risultato: aumentano i tempi morti e i minuti di recupero. Si allunga il brodo su una minestra che già fatica a riscaldarsi. E questo solo perché quattro o cinque boy scout attempatelli si sentono in missione per conto di Dio e devono maniacalmente sezionare con la lente una sporgenza di gomito o l’esuberanza di un alluce. Ogni volta uno snervante rimuginare che nemmeno alla “scientifica”, sezione “crimini efferati”. C’è da spararsi. Ti passa la voglia. Non bastava l’horror vacui da stadio deserto, ci mancava questo accanimento autoptico.
Dobbiamo assistere ogni volta a decisioni non si sa se più comiche o più demenziali. Aumentano i cartellini rossi. Ti scappa un calcetto, una manata, una spintarella, cose innocenti da mischie umane, da che l’umanità si mischia? Fuori. Nessuno la fa franca. Si sprecano i rigori. Mai così tanti. L’Italia in vetta a tutte le statistiche. Fenomeno di una nazione di fenomeni. Arbitri che da sempre si vivono come protagonisti, tra il gallo cedrone e il merlo maschio. Quasi un rigore su tre causato da famigerati “falli di mano”. Gol annullati per millimetrici sforamenti, lembi di pelle, rigori che non stanno in cielo né in terra, ma stanno purtroppo nella stanza del Var, il Super Arbitro con l’occhio da ciclope. Il gol annullato a Simeone contro l’Atalanta, i rigori fischiati a Bonucci contro il Milan e a Patric contro il Lecce, solo alcuni dei casi più recenti. Quello di Patric, in particolare, grida vendetta. Leggi di natura, biomeccanica elementare: l’unica chance del ragazzo in caduta di far sparire il braccio era di trasformarsi nel dottor Stranamore del film di Kubrick, un arto metallico a scomparsa al posto del braccio. Se sei carne, sei spacciato, il Var, questo Var, malato di ottusità, non ti perdona. Il rigore? Una follia. Brutta e cattiva.
Basta. Bisogna decidere una volta per tutte se braccia e mani fanno parte del corpo umano, come risulterebbe da qualunque atlante di anatomia, o se si tratta, invece, di accessori con una forte propensione eversiva, che sarebbe poi quella di non separarsi dal corpo nel nanosecondo in cui la palla li sfiora. Ha ragione Zenga: «Un regolamento buono per il calcio balilla». L’amputazione degli arti superiori sarebbe l’unico modo di osservare le regole. Torniamo a dire: il Var è in sé cosa buona, ma può diventare un’arma di distruzione se messo in mano a incapaci. Come sempre, il difetto è nella testa. Manca un approccio filosofico a un tema così complesso. In sintesi: l’importanza fondamentale di saper chiudere un occhio. Nessun atto della vita può resistere all’ispezione prolungata di un occhio non umano. Il calcio è un capitolo della vita. Non può essere abbandonato all’astratta ferocia delle regole e ai suoi mediocri custodi. Si torni al vecchio, saggio criterio che mani, gomiti e braccia siano richiamabili e dunque punibili solo quando c’è l’intenzione dolosa o quando l’estensione del volume è talmente ampia e non naturale da giustificare la sanzione per colpevole imprudenza. Gli “errori chiari”, insomma, che erano all’origine del Var. Quelli per cui, oggettivamente, arrossire.
Così, è solo un disperante casino. Dovevamo aiutare il peccabile meschino a peccare di meno. Dovevamo semplificargli la vita. Il risultato è che il meschino è sempre più meschino. Continua a peccare, ma per interposta persona e non sa più quale sia il suo posto nel mondo. Non abbiamo reso il calcio meno iniquo e meno litigioso. In compenso, abbiamo disintegrato la sua grande bellezza. Il suo fluire tumultuoso e bastardo. Da respiro in gola.
Basterebbe solo un po’ di filosofia: chiudere un occhio a volte è importante