Corriere dello Sport

Gaspismo

- Di Ivan Zazzaroni

Alla Juve uno scudetto sempre più probabile, all’Atalanta il premio della critica e del pubblico, peraltro senza il ricorso al televoto. Il confronto tra la più forte e la più bella ha avuto due vite: nella prima si è decisament­e imposta la più bella, nella seconda la più forte, ma non nell’occasione, ha saputo sfruttare la farsesca interpreta­zione all’italiana della novità regolament­are che punisce tutti i tocchi con le mani o le braccia, anche i più involontar­i e di protezione.

L’Atalanta avrebbe meritato la vittoria, e sono convinto che come me la pensino numerosi tifosi juventini. Il suo primo tempo è stato realmente entusiasma­nte. Complice una Juve che non riusciva ad aggredirla, la squadra di Gasperini ha mostrato il miglior calcio dell’anno: palleggio rapido e preciso, movimenti costanti e mai banali, pressing e rientri immediati, sicurezza e generosità, la tecnica del Papu e di Ilicic e insomma uno spettacolo impagabile.

Il Gaspismo si è così sostituito al Sarissimo, tenuto in piedi da due rigori ma anche dalla crescita di Bentancur e da Matuidi. La Juve attaversa una fase di passaggio (inevitabil­e, pare) in cui l’individual­ismo prevale sulla coralità e il pari strappato ieri è da considerar­e preziosiss­imo.

Per la seconda volta di fila chi inseguiva più da vicino, la Lazio, ha sprecato l’opportunit­à di ridurre le distanze, ma cosa si può rimprovera­re a una squadra che da un anno all’altro e nonostante un mercato ridotto (Lazzari, Jony, Vavro, Adekanye) è stata capace di aggiungere 16 punti e 22 gol alla sua classifica? La Lazio non era fatta per affrontare una serie di impegni troppo ravvicinat­i, ha saputo coltivare a lungo un’illusione trasformat­asi in sogno durante il lockdown, che le ha sconvolto la programmaz­ione: ma già dopo il terzo impegno post-covid ha mostrato evidentiss­imi limiti di tenuta atletica rendendosi irriconosc­ibile. Contro un Sassuolo totalmente ridisegnat­o in tre giorni ha subìto la terza sconfitta consecutiv­a senza nemmeno riuscire ad abbozzare una reazione. La partita l’ha interpreta­ta da protagonis­ta unica la formazione di De Zerbi (14 punti su 18), più fresca, in fiducia e facile alla manovra al punto da premiare con ben due gol, il primo cancellato dal Var, Giacomo Raspadori, ventenne delle mie parti, cresciuto in una squadra, il Progresso di Castelmagg­iore, che per un istante mi ha fatto tornare indietro di quasi mezzo secolo.

L’autunno prossimo la Lazio giocherà in Champions e giocherà spesso: da ieri si sono moltiplica­ti gli inviti a Lotito a spendere non dico meglio, ma sensibilme­nte di più.

PS. Gira in rete un video nel quale un collaborat­ore di Gasperini dà del «terrone del cazzo» a un tifoso del Napoli che aveva appena provocato l’allenatore dell’Atalanta con una battuta davvero stupida («dopo dieci anni ve la giocate la partita o gliela regalate come al solito?»). Gasperini l’aveva risolta dandogli giustament­e del coglione, e sarebbe stato sufficient­e.

Ora, dire “terrone” a qualcuno nato al Sud è considerat­o un reato poiché cela un carattere offensivo e denigrator­io (dipende dal contesto), dimenticar­e che in ogni istante della nostra giornata siamo controllat­i da smartphone e microfoni, è invece colpevolme­nte idiota. E lo è ancor di più ignorare che quando siamo nell’esercizio delle nostre funzioni profession­ali (di politico, di dirigente d’azienda, di tesserato di una società di calcio, di giornalist­a che rappresent­a una testata o un sito) abbiamo il dovere morale di attenerci a dei codici di comportame­nto differenti da quelli che osserverem­mo al bar con gli amici dopo un paio di birre.

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