GASP, CAPOLAVORO FAI DA TE
Dopo l’esonero dall’Inter, dissero che non era da grande squadra: con l’Atalanta se l’è plasmata da solo Chiede dedizione, chi lo segue vola: il suo calcio è un gigantesco “uomo contro uomo” offensivo
Non possiamo non dirci gasperiniani. Un po’ (minoranza) perché abbiamo sempre creduto nell’uomo, nell’allenatore, nel progetto come dicono quelli bravi, un po’ (maggioranza) perché il carro dei vincitori è sempre incinto e sovraffollato (alla faccia del distanziamento). L’Atalanta anche se non ha vinto trofei ha avvinto tutti, in campo e fuori, con il suo giro palla, con la sua aggressività, con quel modo sfrontato di fare calcio divertendosi, prima di divertire gli altri. I soliti insolenti da tastiera contano le coppe e le medaglie, ma nello sport lasciare un’impronta, riempire la memoria è altrettanto significativo e l’Atalanta ci sta riuscendo. Viaggio nell’anti “ismo” (non chiamatelo gasperinismo) di Gian Piero Gasperini.
UN UOMO SOLO. “Sotto il ponte Mirabeau scorre la Senna / e i nostri amor / bisogna che mi ricordi / la gioia viene sempre dopo il dolore” (G. Apollinaire). Questo verso racconta un cammino di nove anni. Allora Gasperson (non ancora sir, baronetto del calcio) viene chiamato da Massimo Moratti all’Inter. Il patron interista si pente subito anche perché i MISPE (morattiani in servizio permanente effettivo) si ritrovano un tecnico che concede pochissimo al loro birignao. Pesano che il Triplete sia per sempre.
Non hanno imparato nulla dalla fuga di Josè Mourinho, volatilizzatosi nella notte Champions di Madrid. Fatto sta che Gasperini comincia circondato dalla sfiducia e da un gruppo di combattenti e reduci che, dopo aver vinto la guerra, non vogliono più vedere il fronte. Cioè l’esatto opposto dei giocatori di cui ha bisogno Gasperini. Ex campioni senza voglie. Moratti lo licenzia dopo 73 giorni. Tra le accuse: “Gioca con la difesa a tre”. E che, non lo sapevate? Tra i giudizi sferzanti: “Non è da grande squadra”. Infatti l’Inter era avviata a non esserlo più e gli annali sono qui a dimostrarlo. Nel frattempo, Gian Piero Gasperini decide di costruirsela, una grande squadra.
AL COMANDO. Ci riesce grazie alle sue capacità che si sintetizzano con la precisa strategia societaria. Gasperini forma un triumvirato con l’amministratore delegato Luca Percassi e il responsabile dell’area tecnica Giovanni Sartori. Importante, ovviamente, il rapporto con il presidente Antonio Percassi che prende la decisione che cambierà la storia dell’Atalanta a fine settembre 2016: conferma l’allenatore dopo quattro sconfitte in cinque partite. Da lì comincia la Nuova Storia dell’Atalanta. Non è vero che Gasperini non può lavorare con i campioni. Che cosa sono Zapata, Muriel, Ilicic e il signor Gomez? Può lavorare con i campioni che si riconoscono in un progetto, in un modo di lavorare. Gasperini è un grande conoscitore di uomini. Se al Genoa ci fosse stato un altro, Thiago Motta non avrebbe mai ricominciato. Nelle sue corde non c’è solo il calcio aggressivo in ogni zona del campo e l’iper attivismo dei giocatori, pronti ad attaccare e difendere in massa, ma c’è anche una rara capacità di mettere chi ha davanti su un lettino virtuale. Con l’ipocondriaco Thiago fece proprio così. Ha convinto il “Papu” Gomez ha cambiare ruolo e a giocare da tuttocampista, ha preso un Ilicic avviato sul Sunset Boulevard e lo ha rivitalizzato, ha azzerato i capricci di Zapata, ha trasformato Muriel in un’arma letale. Come può un allenatore non volere i campioni? Gasperini ce li ha e non ha solo loro, da ognuno, però, pretende lo stesso grado di adesione al progetto.
CON MATURITA’. Il gioco di Gasperini prevede che si affronti l’avversario in ogni zona del campo. Il suo è un gigantesco uomo-contro-uomo offensivo. Normalmente, quando si parla di marcatura a uomo, si pensa a una difesa coperta, massiccia, al vecchio catenaccio. Nel suo tipo di gioco, Gasperini vuole che si aggredisca ovunque e che tutti partecipino all’azione. Nell’Atalanta segnano tutti, manca solo Gollini, attaccano tutti, tranne Gollini, ma non è detto che non ci si arrivi. Sir Gasperson viene descritto come un allenatore duro, che pretende moltissimo dai suoi giocatori. Non di più di quello che possono dare e neanche di meno. In questo è simile ad Antonio Conte, con una fondamentale differenza. Non è ossessionato dal calcio e non si porta il lavoro a casa. Fuori da Zingonia e dagli stadi dove lo porta il suo lavoro, il mare, ama le tavolate con gli amici, la buona cucina, la compagnia.
Per carattere è po’ fumantino e nel suo caso Grugliasco fa rima con basco. Però, ora che in campo si sente tutto, riesce a trattenersi. Lo ha fatto anche con il tifoso stalker. E’ la pazienza la virtù matura, la novità di sir Gasperson e dell’Atalanta. Quei lunghi minuti in cui non hanno fatto veder palla alla Juventus, gli approcci alle partite meno avventati, dopo aver subito lo svantaggio da Sassuolo e Lazio, rivelano il salto di qualità: questa è una grande squadra che sa aspettare, che si conosce, che si stima. Sul carro, solo posti in piedi.