JUVE-LAZIO ALLA ROVESCIA
Si ritroveranno domani a Torino ma non potrà più essere la partita dello scudetto come si pensava prima, durante e subito dopo il lockdown
Sette mesi dopo Riyad e la doppietta di Inzaghi è cambiato tutto, non solo classifica e condizione: dal modulo di Sarri alla rincorsa di CR7 a Immobile
Dall’ultima volta sono passati sette mesi, compresi tre di lockdown, perché la pandemia ha sconvolto il mondo e non solo la Serie A. Niente è uguale a prima, neppure gli orari. Persino la partita scudetto è sparita senza una giustificazione plausibile, inghiottita dalle stranezze del calcio d’estate. Le stelle di Ryad e dell’Arabia Saudita, domenica 22 dicembre 2019, avevano illuminato la Lazio: la Supercoppa strappata alla Juve, bissando il 3-1 di due settimane prima allo stadio Olimpico, aveva certificato l’ingresso a sorpresa di Inzaghi e dei suoi giocatori nella corsa al titolo. Il tempo, di fatto, ha rimesso Conte e l’Inter al centro del villaggio come principale antagonista dei bianconeri. Così si immaginava alla partenza della stagione e così era andata sino a dicembre, persino con un primato a lungo ripreso e mantenuto dai nerazzurri nonostante il confronto diretto con Sarri perso a San Siro. Oggi ci sono sei punti di differenza (più uno a favore della Juve in caso di arrivo ex aequo) e la Lazio, scheggia impazzita del campionato, potrebbe orientare la volata. A meno 8 dalla vetta, Inzaghi si deve preoccupare dell’ingresso in Champions e chissà se stasera gli toccherà tifare per Conte. Un eventuale successo della Roma sull’Inter all’Olimpico non lo lascerebbe totalmente tranquillo in chiave quarto posto. Di sicuro non si potrà equiparare la sfida dell’Allianz Stadium ai due precedenti stagionali, paragone impossibile. La classifica, la condizione atletica, lo stato d’animo, i numeri e persino il duello tra Cristiano Ronaldo e Immobile, oggi quasi appaiati e in corsa per la Scarpa d’Oro da soffiare a Lewandowski del Bayern Monaco. Tutto o quasi è cambiato.
LA FAME DEI BOMBER
Partiamo da qui. Dalla fame del fuoriclasse portoghese e dall’involuzione del centravanti azzurro, mai stato a secco per tre partite dall’inizio del campionato. Ciro era squalificato con il Milan e non ha segnato con Lecce, Sassuolo e Udinese. Soltanto un punto in quattro giornate, le speranze laziali sono legate al suo risveglio. Inzaghi, dal dicembre 2018, non raccoglieva così poco. I suoi successi sono largamente riferibili al rendimento di Immobile, assistito da Milinkovic e Luis Alberto. Se sono in forma quei tre, la Lazio gioca un bellissimo calcio e diventa irresistibile negli spazi. Altrimenti, con una condizione fisica scadente e tanti infortuni, torna velocemente alla normalità o persino alla mediocrità di queste settimane. A dicembre Ciro era al top. Allo stadio Olimpico si fece parare un rigore da Szczesny, ma dopo quindici giornate aveva già realizzato 17 gol. Cristiano si sbloccò proprio a Roma, innescando e poi concludendo l’azione rifinita da Bentancur. Era la settima rete del suo campionato. Ora si trova a quota 28, solo un meno rispetto al capocannoniere Immobile. Significa, nel periodo compreso tra la partita di andata e questa, un parziale di 21-12 a favore di CR7. Il cannibalismo del portoghese in ogni circostanza, con o senza Dybala come partner.
MODULO DIVERSO
Inzaghi, dopo il lockdown, ha smarrito le certezze costruite costruite attraverso un lavoro lungo quattro anni, non è più riuscito a ritrovare la Lazio che aveva fatto innamorare i suoi tifosi e strappato consensi sino a febbraio. S’è rivista, solo per mezz’ora, a Bergamo. L’ultimo bagliore prima di un tracollo psico-fisico a cui bisognerà dare risposte sincere. Sarri, invece, non è mai arrivato al punto di caduta del suo percorso. All’Olimpico perse l’imbattibilità e l’occhio rubato dai bianconeri nella prima mezz’ora lo convinse a insistere sulla stessa strada: era passato al 4-3-1-2, lasciando troppo scoperte le fasce laterali. Crollò, rimontato dal guizzo di testa di Luiz Felipe e da un capolavoro di Milinkovic, dopo l’infortunio di Bentancur e l’espulsione di Cuadrado. Si capì, quella notte, come le difficoltà fossero concentrate a centrocampo. Indispensabile l’uruguaiano, in ritardo Pjanic, un disastro Emre Can, pochi giorni dopo ceduto al Borussia Dortmund. Si era già fermato Khedira, non si era ancora rotto Demiral, l’inserimento di De Ligt procedeva con un fisiologico adattamento al calcio italiano. A Ryad, nell’imminenza di Natale, Sarri si presentò addirittura con il tridente, Dybala dietro a Higuain e Ronaldo, consegnandosi alla Lazio. Milinkovic, Leiva e Luis Alberto erano in una condizione splendida, Lazzari e Lulic dominavano sulle corsie esterne, il trio arretrato (Luiz Felipe, Acerbi e Radu) proteggeva Strakosha, Immobile e Correa erano imprendibili. Ora la Juve tende al 4-4-2, è un modulo ibrido: Bernardeschi (domani squalificato) e Rabiot hanno aggiunto raddoppi e più consistenza davanti ai terzini. Questa può essere l’ultima curva pericolosa del campionato. Se batte la Lazio, Sarri cancella in parte il tonfo di Riyad e piazza l’allungo decisivo verso il nono scudetto di fila per la Signora.
ASSENZE E SQUILIBRI
Date un’occhiata ai precedenti. Scoprirete la perfezione della Lazio, sintetizzata dagli stessi undici titolari (al top della forma) nelle due partite dominate e vinte per 3-1. Sette mesi dopo a Inzaghi mancheranno quattro colonne (Leiva, Lulic, Radu e Correa) nella formazione di partenza più due alternative come Marusic e Patric in panchina. Cataldi non sta bene e si trascina una distorsione alla caviglia destra dalla trasferta di Bergamo. Ieri sono nati dubbi persino sulla disponibilità di Luis Alberto. Sarri ha perso Khedira, Demiral e De Sciglio lungo il cammino. Chiellini non è stato ancora recuperato e Bernardeschi dovrà scontare un turno di squalifica. A San Siro, dopo cinquanta minuti, pensava di avere lo scudetto in tasca quando si è scatenato l’uragano del Milan incrinando persino le certezze difensive. Il poker dei rossoneri, la rimonta grazie a due rigori trasformati da Ronaldo con l’Atalanta, altre tre reti incassate e diverse sbandate di fronte al Sassuolo: 9 gol al passivo in 3 partite. Un’enormità. I bianconeri non subiscono almeno 2 gol per quattro giornate di fila dal 1993 con Trapattoni in panchina. Non sta bene la Juve, dicono tutti. E’ una verità parziale, perché la Lazio sta ancora peggio e continua a perdere un giocatore dietro l’altro. Chi non s’è infortunato, cammina. Acerbi non riesce a marcare, Immobile fatica a stoppare un pallone, tanto per rendere l’idea citando due big fuori discussione. Cosa sia accaduto e perché dovranno spiegarlo Lotito, Tare e Inzaghi. La classifica post-Covid fa spavento: quindicesimo posto, 1 punto di media e 4 sconfitte in 7 giornate dopo averne perse solo 2 nelle prime 26, 12 gol al passivo per l’ex miglior difesa della Serie A. Pretendere lo scudetto era eccessivo, finire così male non è accettabile. Il campo, però, offre sempre l’occasione per salvare la faccia.