TONALI CON LUKAKU
ALL’EXPLOIT DEL SUO GIGANTE L’INTER AGGIUNGE L’ACCORDO CON IL GIOIELLO DEL BRESCIA
Intesa definita nei dettagli: contratto quinquennale stipendio da 3,5 milioni a stagione, bonus compresi (35 quelli offerti al Brescia 10 subito e 25 nel 2021) Cellino aspetta Marotta
Lunedì sarà lo Shakhtar l’avversario nella semifinale di Europa League
Dieci mesi fa era leggibile, adesso è diventato un imprendibile. Guardi Lukaku e ti domandi dove l’hai già visto uno così. Uno che ha il fisico del centravanti classico e che invece gioca come un’anomalia. Desidera la palla tra i piedi e vuole campo avanti. Non chiede di essere cercato via cielo con un cross dall’ala. Era l’equivoco in piedi con Conte a ottobre. Chiede di usare il fisico a modo suo, non come un numero nove del passato ma come nel calcio contemporaneo si farebbe per ricoprire due o tre ruoli differenti. La bellezza di uno come Lukaku, rispetto a un Drogba, a un Weah, a un Adriano, sta nel vedergli mettere sul prato i suoi chili e i suoi muscoli sia come un centometrista sia come uno Shaquille O’Neal. Essere due sviluppi possibili di un corpo solo.
Come Shaquille, se a Lukaku manca qualcosa, quel qualcosa è nella sensibilità del tocco, nella raffinatezza tecnica. Quando deve giocare di sponda, spalle alla porta come a suo tempo il centro dei Magic e dei Lakers faceva con il canestro, qualche imprecisione va messa in conto. Di Shaquille non era celebre la mano delicata. Lo sapevano tutti, anche gli avversari, che i tiri liberi erano il suo tormento. Era nata così una strategia difensiva, Hack-a-Shaq, il fallo intenzionale per mandarlo in lunetta con quella sua imbarazzante percentuale di realizzazione del 50%. L’uomo, intelligente e spiritoso, quando ne sbagliava uno su due si definiva da solo il «miglior difensore che abbia mai incontrato».
Immarcabile. Dominante. Gli stessi aggettivi vengono usati per entrambi. È singolare come questa similitudine tra Lukaku e Shaquille ogni tanto torni a farsi viva. L’estate scorsa addirittura
Lukaku sul prato corre come un centometrista ma sa anche sfruttare il fisico come un “centro” Vuole farlo, però, in modo moderno e versatile È già a 31 reti: acchiappatelo, se ci riuscite...
Tifoso dei Lakers nell’estate 2019 sognava di ricevere gli assist di LeBron...
sull’account Twitter dei Lakers. Erano i giorni in cui il belga si trovava in bilico tra Juventus e Inter. A Los Angeles pubblicarono una foto nella quale Lukaku vestiva la maglia oro e viola di Shaquille e scrissero: affare fatto, giocherà per noi. Romelu, brillante e pronto, rispose: «Sono pronto a ricevere i passaggi di LeBron in contropiede, anche se alcuni dicono che sono lento». Il teatrino fu possibile perché la foto esisteva, e la foto esisteva perché Lukaku, in un colloquio con Bleacher Report, aveva raccontato che da ragazzino per via di una stazza fuori misura si paragonava al numero 34. «Ero un’anomalia di gioco - disse - ero Shaq e giocavo come lui». Scaraventa la palla in porta con la violenza di una schiacciata.
Per cercarsi una radice di cui sentirsi pianta è lo stesso Lukaku dunque a guardare oltre il calcio. Nel gol segnato quest’anno contro il Brescia è visibile tutta la sua modernità, tutta la sua coerenza con un modello nuovo di sportivo, un corpo classico che fa cose un tempo riservate a stazze differenti. Come un Gallinari e un Antetokounmpo che palleggino, come gli ex del ciclocross o gli ex pistard che vincono le corse su strada. Per avere questo Lukaku serviva cambiargli l’Inter intorno. A ottobre, nella partita con la Juventus, il centravanti in grado di spaccare le partite sembrava ancora Higuaín. Lukaku era un equivoco.
I due hanno avuto infanzie simili. Shaq figlio di un cestista e con un cestista per padre adottivo, Romelu figlio di un calciatore e in battaglia contro la povertà di una madre che mescolava l’acqua al latte e non aveva i soldi per pagare le bollette. In comune hanno pure la propensione alla musica. Shaq ha pubblicato diversi album da rapper. Il primo, Shaq Diesel, ha venduto più di un milione di copie.
Lukaku è un dj per divertimento. A Manchester aveva un impianto professionale in casa, a Milano teme le reazioni dei vicini. Shaq ha un nome che significa “Piccolo Guerriero”. Lukaku uno - Romelu- che è l’acronimo dei tre di suo padre più un cognome che in Inghilterra è diventato un verbo nello slang giovanile, to lukaku, per indicare l’azione in cui si smarrisce qualcosa per mancanza di abilità. Uno sfottò nato ai tempi in cui era maldestro e per quasi 10 partite non segnava. Ora che ne ha fatti 31 in una stagione, ora che sono 12 nelle ultime 9 partite europee, to lukaku vorrà dire altro. Acchiappatemi. Se ci riuscite.
Amano la musica: O’Neal ha inciso un album, Lukaku si diletta come dj