BONIEK: FIORENTINA PIATEK È UNA GARANZIA
«Gestita male la prima crisi in Italia, ma lui ti assicura i gol Milik? Può giocare in qualsiasi club al mondo I polacchi hanno “fame” e lottano»
Ex Juve e Roma, oggi a capo della federazione polacca: «Pensavo al futuro, il Covid ha prorogato il mio mandato»
Avrebbe dovuto terminare tra poche settimane il suo mandato alla presidenza della Federazione calcistica della Polonia, «e nella mia testa c’era già qualche idea sul dopo», ma la pandemia da Covid ha rimescolato il mazzo di carte. Zbigniew Boniek, 64 anni compiuti lo scorso 3 marzo, accompagnerà la sua nazionale all’Europeo del prossimo giugno posticipato di un anno: confida nei giovani polacchi, «di buona qualità», e soprattutto nei senatori, da Lewandoski a Szczesny, «che nonostante i 30 anni di età media ci auguriamo possano trascinare il gruppo. Ma la Polonia non è la Spagna. Abbiamo gli atleti, è vero, ma mancano gli investimenti a livello di club. Arrivati ai 18-19 anni, molte nostre promesse volano per giocare altrove». L’Italia lo sa bene: per molti di questi figli di Varsavia, la Serie A è diventata una seconda casa. E la Fiorentina, che con Dragowski ha scelto di cominciare a percorrere questa strada ormai quattro anni fa, ora alla Polonia guarda con particolare interesse per il mercato alle porte, da Piatek a Milik passando per Linetty, concretezza in fase offensiva e geometrie in mezzo al campo.
Zibì Boniek, i viola per l'attacco pensano a Krzysztof Piatek. Scelta giusta?
«È un grosso attaccante. Ha avuto un momento di difficoltà, è vero, ma niente di diverso rispetto a quanto succede in quasi tutte le situazioni sportive. Quella sua prima “crisi” (di fatto, dopo il passaggio al Milan dal Genoa, con un’avventura in rossonero durata appena 12 mesi, ndr) secondo me, è stata gestita male. Piatek resta un centravanti molto valido, di quelli capaci di garantire sempre un buon bottino di gol».
Tra gli “osservati speciali” della Fiorentina c'è anche Arkadius Milik, oggi al Napoli, corteggiato da Juventus e Premier League. «Con la fiducia dell’allenatore, Milik può fare le fortune di ogni squadra. Arek è un attaccante capace di giocare in qualsiasi squadra al mondo, ci ho parlato ma non entro nel dettaglio. Si chiacchiera da troppo tempo del suo futuro: di certo le sue qualità tecniche non hanno bisogno di sponsor».
In questa estate, il vento dell'est ha acceso i riflettori proprio sul calcio polacco. A Pradè, che ai tempi della Samp ha fatto conoscere all'Italia Bartosz Bereszyński, piace Linetty, il Benevento invece ha riportato in Italia Glik. Perché secondo lei? «I polacchi sono giocatori molto disponibili, di quelli che si allenano a testa bassa, che non creano problemi. Questo non è un paragone con atleti di altre nazionalità. Da presidente della Federazione Calcio della Polonia dico però che la nostra è una “fame” che non passa inosservata. Glik non vedeva l’ora di tornare in Italia, i suoi figli parlano benissimo questa lingua, so che non aspettava altro. Sa bene che la strada, col Benevento, sarà difficile: non si batterà per vetrine internazionali, penso all’Europa League o alla Champions, ma lui è un lottatore nato, uno che non molla mai. E come Glik sono tutti i suoi connazionali a cominciare da Zielinski, che fin da ragazzino ha fatto subito intravedere il potenziale da sfruttare».
La Juventus, intanto, per la sua panchina ha puntato tutto su Pirlo. Da ex bianconero, lei che la Coppa dei Campioni l'ha vinta, condivide la scelta fatta? «Totalmente. A me piacciono le scommesse di questo tipo, le ho fatte in passato indirizzando anche io l’attenzione su allenatori giovani, gli “insospettabili”, quelli che nessuno immaginava di vedere lì, in panchina. La Juventus, col Bayern Monaco, è uno dei due primi club al mondo per organizzazione: Pirlo avrà il sostegno di tutti e già questo sarà un buon punto di partenza. E poi, in campo non ci va mai l’allenatore, non vinci con lui, ma coi giocatori. Dirigere dalla panchina la Juventus potrà essere “stressante”, ma il palcoscenico è di quelli di primissima fascia. Quanto a Sarri, ha comunque vinto lo scudetto, che poi è il nono di fila, con disinvoltura. La Champions? Non è andata per il verso giusto».
La Roma, intanto, viaggia sulle ali dell'entusiasmo con Friedkin. Cosa si aspetta da questo cambio?
«C’era tanto entusiasmo anche al momento dell’arrivo di Pallotta, ma stavolta si percepisce qualcosa in più, legato anche al fatto che il patrimonio di Friedkin è più facilmente riconoscibile rispetto al passato. Mi auguro che nei disegni della nuova proprietà ci sia davvero quello di rendere la Roma un grande club, anche se è evidente che si dovrà portare avanti anche un business-plan. Credo che servirà un anno di transizione, in cui magari far di tutto per vincere l’Europa League, puntando magari al quarto posto in campionato, per poi spiccare il volo in maniera definitiva».
Il Covid ha costretto anche la Federazione polacca a rivedere il proprio cronoprogramma: adesso com'è la situazione? «Avrei dovuto terminare il mio mandato ad ottobre, adesso invece anche la data per le elezioni non è stata stabilita. L’Europeo è slittato e ogni disegno che avevo immaginato dovrà essere rimodulato. La situazione relativa alla pandemia, per il momento, è sotto controllo ma camminiamo tutti e ovunque su un filo sottilissimo: dobbiamo convivere con il virus, consapevoli che lo scenario può cambiare nuovamente. E da un momento all’altro».
«Linetty e Zielinski: gente che non molla Glik a Benevento pronto alla battaglia»
«Abbiamo giovani di buona qualità Lewa trascinatore Bene Szczesny»
«Dare la Juve a Pirlo è una scommessa che mi piace molto Il club lo sosterrà»
«Roma a Friedkin oltre all’entusiasmo c’è qualcosa di più Servirà tempo ma...»