Butini: Più collegiali in Italia ma temo l’onda lunga del Covid
Il movimento è in crescita e i big hanno ripreso. C’è preoccupazione per il futuro «Le società vanno aiutate o molti atleti non avranno possibilità»
- Rivederli in acqua dopo tanto tempo è già una soddisfazione. Questa tre giorni di Roma (oggi si chiude in bellezze con Paltrinieri nei 1.500 e Pellegrini nei 200 stile libero) simbolica ma anche tecnica visti gli exploit inattesi, è il paletto della ripartenza. In attesa di capire l’evoluzione del coronavirus c’è l’esigenza di programmare la nuova stagione che culminerà con i Giochi di Tokyo. Almeno si spera, perché l’aria che tira a bordovasca non è proprio delle migliori in chiave olimpica.
Il cassetto di Cesare Butini, direttore tecnico della nazionale, è chiuso ma gli appunti sono lì e prenderanno una veste ufficiale dopo le elezioni federali del 5 settembre. I programmi sono pronti: se da una parte l’idea è quella di seguire il percorso interrotto la scorsa stagione, dall’altra bisogna adeguarsi alla nuova situazione. Quindi sì ai collegiali in altura ma... «Cercheremo location in Italia spiega Butini - dobbiamo necessariamente muoverci in anticipo ed è difficile oggi programmare un soggiorno all’estero, soprattutto oltreoceano. E anche per i collegiali a livello del mare, priviligeremo destinazioni italiane o comunque europee».
Interrotta poche settimane prima dei trials di marzo 2020, la stagione è ripresa da qui ma il vero banco di prova sarà da settembre in poi.
Intanto, un manipolo di azzurri tecnicamente è già qualificato per i Giochi: Paltrinieri (1.500 e 10km), Martinenghi (100 rana), Quadarella (1.500), Panziera (200 dorso) solo per restare alla vasca hanno centrato il minimo per Tokyo già a dicembre 2019. «Dobbiamo seguirli con attenzione: il fatto di avere la qualificazione in tasca potrebbe essere controproducente, portando un rilassamento generale. Poi diventa difficile riprendere il ritmo. Viviamo tutti momenti nuovi, particolari e non dobbiamo lasciare niente al caso».
Poi ci sono gli altri: «L’idea è sempre quella di un campionato invernale a dicembre con i trials veri e propri a marzo 2021. E’ chiaro che ci muoviamo anche nell’incertezza, perché non possiamo conoscere l’andamento dell’epidemia e cosa sarà possibile fare. I criteri, così come i tempi limite, dovrebbero restare gli stessi: non mi sembra corretto, nel momento in cui ci sono atleti già qualificati, modificare le regole».
Più ampia e complessa sarà la gestione dell’attività a 360 gradi. Il nuoto, come molti altri sport che solo per ignoranza vengono definiti minori, poggia soprattutto sull’attività di base: un impianto che funziona e in qualche modo rende, permette una buona attività agonistica, economicamente in perdita. Se la base non riparte, c’è il rischio che molte società non possano mettere a disposizione spazi acqua per gli atleti di livello medio-alto: «Questa sarà la vera onda lunga del Covid e non è ancora arrivata - spiega Butini - noi possiamo intervenire favorendo gli allenamenti nei Centri Federali e lo faremo ma paradossalmente non sono i grandi nomi a preoccuparmi: è il livello di mezzo, quello che spinge dal basso per emergere, che rischia di essere spazzato via interrompendo anche un ricambio generazionale. Lavoreremo ancora più in simbiosi con la nazionale giovanile per riavviare un processo di crescita del movimento ma le società devono essere aiutate».
«Ripartire tutti a settembre, è a rischio il ricambio generazionale»
«Difficile pensare a soggiorni all’estero I criteri per Tokyo resteranno gli stessi»