BORJA VALERO VIOLA QUESTIONE DI CUORE
«Impossibile dire di no alla Viola. Con Ribery e Chiesa è il massimo Voglio essere l’uomo in più»
Certi amori fanno dei giri immensi e poi ritornano. Ed è così che Borja Valero, centrocampista spagnolo oggi trentacinquenne, dopo 100 partite con l’Inter tra campionato e Coppe, alla fine ha chiuso il cerchio rivestendosi di viola. «Perché al cuore non si comanda - ha spiegato -. Sarei potuto andare in tanti club dove mi avrebbero offerto più soldi e contratti più lunghi, ma ai mei agenti ho detto: o Firenze o Firenze. E qui voglio essere un elemento in più». Una risorsa, insomma. Ha firmato un contratto di un anno, è vero, ma in questo momento si vede solo lì, al centro del rettangolo verde. Di un futuro in altre vesti, eventualmente, se ne riparlerà più avanti. Intanto, pensa a studiare da Ribery, «perché non si smette mai di imparare e allenarsi con lui è unico» e applaude Chiesa, lui che ha assistito al battesimo del figlio d'arte tra i professionisti (stagione 2016/17). «Le sue qualità si intravedevano già allora, ci aiutò tanto. Adesso è cresciuto e gioca pure in Nazionale, mi auguro possa essere protagonista di una carriera luminosa».
INIEZIONE D’IDENTITA’. A ri-presentarlo, otto anni dopo la prima volta, è stato Giancarlo Antognoni, la bandiera viola: «Lo abbiamo riportato a casa. La sua presenza ci dà ulteriore identità, alla squadra e al club: un giocatore come lui ci voleva».
COME UN BAMBINO. Borja Valero non è tornato sull’addio dell’estate del 2017, quando fu ceduto all’Inter, se non per ringraziare il club nerazzurro. «Hanno creduto in un momento in cui, qui, la direzione sportiva non mi voleva. A Milano sono stato felice, peccato solo non essere riuscito a sollevare nemmeno un trofeo, cosa mai riuscita in carriera. Mi allenerò con la stessa foga di un bambino per provare a giocare tutte le partite, poi sarà l’allenatore a scegliere. Sono a disposizione: posso metterci l’esperienza e la conoscenza di Firenze, ma voglio guadagnarmi il rispetto per quello che farò, non per ciò che ho fatto nei cinque anni che ho trascorso in viola. Io mi sento un calciatore».
STORIA DA RISCRIVERE. Ce la metterà tutta per provare a scrivere nuove pagine di storia, magari davvero dal comune denominatore internazionale, come accaduto nella sua prima era. «In quegli anni sfiorammo la Champions, perché allora il quarto posto valeva solo l’Europa League. Spero che il passato si possa ripetere, perché giocare in competizioni internazionali serve anche per la crescita dei singoli e del collettivo».
POLIEDRICO QUANTO SERVE. Quanto al ruolo, Borja è pronto a sfruttare la propria poliedricità. «Posso fare il regista basso, come accaduto a Milano in una mediana a due, ma anche la mezzala: spetta al tecnico decidere se e dove sistemarmi. Concorrenza in mezzo al campo? Meglio. Aiuta ad aumentare l’intensità negli allenamenti, è un bene». Il numero di maglia, il 6, lo ha scelto insieme al figlio Alvaro: «Non è nato qui, ma ci è praticamente cresciuto. Quando gli ho detto che saremmo tornati a Firenze è corso in camera sua per vestirsi di viola, era euforico. Il 6 è il suo giorno di nascita».
Gioia Antognoni: «L’abbiamo riportato a casa. Ci serviva un leader come lui»