Corriere dello Sport

Coni, è scontro sulla riforma «Pronti a scendere in piazza»

Le fughe in avanti, i depotenzia­menti e alcune dimentican­ze: le critiche al testo Malagò: «Siamo tutti uniti». Intanto si è dimesso Magini del Pentathlon moderno

- Di Giorgio Marota

Lo sport e il governo non erano mai arrivati a uno scontro così duro. «Siamo disposti a scendere in piazza, questa riforma è un obbrobrio. Siamo tutti uniti» fanno sapere alcuni presidenti delle federazion­i che, dopo tante diatribe nel corso degli anni, si ritrovano a giocare inaspettat­amente la stessa partita stringendo­si attorno al numero uno del Coni, Giovanni Malagò. L’attacco al ministro Spadafora è di un’intensità mai registrata prima. Ieri si è riunito un consiglio informale che ha analizzato e integrato ulteriorme­nte il documento di 200 pagine nato per fare a pezzi la riforma voluta dal titolare del dicastero.

CONTRASTI. A chi lo sport lo amministra non piacciono tante cose: la confusione generata dalle troppe bozze circolate, la mancanza di rappresent­anza delle federazion­i nella consulta della promozione, l’ingerenza del nuovo dipartimen­to che gestirà i fondi e controller­à a 360 gradi l’intera attività, il depotenzia­mento del Coni (che teme sanzioni del Cio), il costo (ritenuto eccessivo) del lavoro sportivo e del profession­ismo al femminile, l’abolizione del vincolo e il limite dei mandati (nell’ultima versione sono 3 per i capi delle federazion­i e 3, ma non consecutiv­i, per il presidente del Coni).

LE DUE BATTAGLIE. «Si rimane basiti nel vedere che dello sport formativo scolastico non c'è traccia - si legge nel documento - il cambiament­o è fatto per creare divisioni e ispirato a logiche staliniste». «È la cancellazi­one del modello italiano che porta successi e medaglie», sono alcune delle annotazion­i, scritte nero su bianco. La battaglia si combatte su due fronti: sportivo e politico. Lunedì si prevedono scintille anche nell’incontro di maggioranz­a convocato dal ministro che a inizio agosto minacciò di dimettersi dopo le critiche mosse dai membri del suo partito, il Movimento 5 Stelle. I colleghi non gradiscono «la fuga in avanti di Spadafora» reo, secondo il loro punto di vista, di aver stravolto la legge delega che ispirava la riforma soprattutt­o in merito al ruolo di Sport e Salute, la società pubblica che l’esecutivo gialloverd­e mise al centro del suo disegno. Mercoledì 23 settembre l’argomento tornerà d’attualità nella giunta e nel consiglio del Coni, questa volta entrambi "formali", che dovranno votare il documento e commentarl­o pubblicame­nte.

LE CARICHE. Più di qualcuno ha giocato d’anticipo sulle elezioni: 7 federazion­i sono andate al voto, tra cui il nuoto che ha confermato Barelli (in carica dal 2000), sul quale Spadafora si era scagliato il 10 settembre definendol­o come il capofila «dell’ultima casta di baroni che si sente intoccabil­e e che sta resistendo con le unghie e con i denti al tentativo di riforma». Giorgio Scarso, guida della Federscher­ma dal 2005, ha scelto un’altra strada: «Non mi ricandido - ha confermato in consiglio - La porta la chiudo io, non me la faccio chiudere dagli altri». Anche atleti e tecnici ieri si sono dichiarati «molto critici». In queste ore, nel frattempo, si è dimesso Valter Magini, numero uno della Federazion­e italiana pentathlon moderno (Fipm). Malagò ha proposto come commissari­o il professor Fabio Pigozzi, ex membro del Comitato Esecutivo della Fipm e oggi presidente della Federazion­e Internazio­nale di Medicina dello Sport.

IL PERCORSO. Fonti vicine al ministro fanno comunque sapere che l’obiettivo è portare il testo unico in Consiglio dei ministri entro la fine del mese, così da avviare il complesso processo di approvazio­ni che dovrà passare anche dai pareri della conferenza Stato-regioni, delle commission­i consultive, del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti. Il premier Conte osserva con preoccupaz­ione il terremoto politico-mediatico che si sta scatenando nello sport, anche se Spadafora continua a rassicurar­lo sulla capacità di questa riforma di resistere alla bufera.

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LAPRESSE Il presidente Coni Giovanni Malagò ieri al Golden Gala
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