Quei mille quasi una beffa
Mille e non più mille. Si saranno ispirati all’Apocalisse i governatori delle Regioni, e poi il ministro Spadafora, per stabilire a quanti spettatori riaprire le competizioni sportive all’aperto?
Mille e non più mille. Si saranno ispirati all’Apocalisse i governatori delle Regioni, e poi il ministro Spadafora, per stabilire a quanti spettatori riaprire le competizioni sportive all’aperto? Ma una riapertura così limitata suona quasi come una beffa. Perché la capienza di uno stadio va definita in proporzione alla sua ampiezza. A San Siro una capienza del 30 per cento consente a ventitrémila persone di assistere alla partita distanziate, cioè in condizioni di sicurezza. A questa soglia si arriverà, forse, solo l’8 ottobre. Un ritardo che non si spiega.
Il problema è serio. E merita un approccio serio. Deve prevalere la prudenza sanitaria o l’ottimismo verso la riapertura e la normalità? Quando vanno prese scelte complesse in diritto parliamo di bilanciamento. Perché si tratta di casi in cui vengono in gioco molti profili e dobbiamo comparare i diversi interessi contrapposti. Un esempio: il caso di Ilva. Per decidere cosa fare degli stabilimenti di Taranto bisogna considerare l’interesse alla salute, quello al lavoro, quello all’ambiente e quello alla produzione industriale. Cosa fare? Bisogna trovare un punto di ragionevole bilanciamento.
Spesso non è facile. Come anche per il pubblico negli eventi sportivi. Certo, dopo settimane di lockdown, in estate abbiamo riaperto concerti, discoteche e scuole. Ovviamente con tutte le cautele del caso. Ma perché non riaprire gli stadi? Lo scorcio finale del campionato scorso ci è sembrato a tutti irreale. E ora? E’ un bilanciamento delicato e complesso. Non si può tenere tutto chiuso per mesi e anni. E non si può nemmeno riaprire sconsideratamente. Venerdì il passo avanti. Prima Veneto ed Emilia-Romagna per gli stadi, poi il Ministro Spadafora per il tennis. Ancora la Lombardia, e ieri sera l’Accordo ministeriale per eliminare le asimmetrie fra le regioni. Da oggi, stadi aperti ovunque, con soli 1000 spettatori.
Ma come si stabilisce chi entra? In ordine di prenotazione o su invito delle squadre? E come distribuire i tifosi? Ma soprattutto perché gli stessi 1000 a San Siro che ha una capienza di 78.000 spettatori e anche al Vigorito di Benevento, che è grande meno di un quarto con i suoi 16.000 spettatori? Al pari degli stadi di Crotone e di Cagliari. Davvero non c’è proporzionalità. Basta pensare all’effetto visivo che possono fare 1000 spettatori in un impianto gigantesco come l’Olimpico o San Siro.
Troppi punti interrogativi, troppi rischi di disparità e di perplessità. Occorre fare un provvedimento ragionevole e bilanciato, che consenta riaperture in sicurezza e con spazi proporzionali rispetto alla capienza dell’impianto. Altrimenti dobbiamo veramente pensare che le nostre istituzioni abbiano scelto il 1000 come numero simbolico. Ispirandosi alla Apocalisse di Giovanni: «Quando i mille anni saranno trascorsi, Satana sarà sciolto dalla sua prigione…». Il famoso versetto da cui si tramanda il detto 1000 e non più 1000! ©RIPRODUZIONE RISERVATA