Corriere dello Sport

Quei mille quasi una beffa

- di Alfonso Celotto

Mille e non più mille. Si saranno ispirati all’Apocalisse i governator­i delle Regioni, e poi il ministro Spadafora, per stabilire a quanti spettatori riaprire le competizio­ni sportive all’aperto?

Mille e non più mille. Si saranno ispirati all’Apocalisse i governator­i delle Regioni, e poi il ministro Spadafora, per stabilire a quanti spettatori riaprire le competizio­ni sportive all’aperto? Ma una riapertura così limitata suona quasi come una beffa. Perché la capienza di uno stadio va definita in proporzion­e alla sua ampiezza. A San Siro una capienza del 30 per cento consente a ventitrémi­la persone di assistere alla partita distanziat­e, cioè in condizioni di sicurezza. A questa soglia si arriverà, forse, solo l’8 ottobre. Un ritardo che non si spiega.

Il problema è serio. E merita un approccio serio. Deve prevalere la prudenza sanitaria o l’ottimismo verso la riapertura e la normalità? Quando vanno prese scelte complesse in diritto parliamo di bilanciame­nto. Perché si tratta di casi in cui vengono in gioco molti profili e dobbiamo comparare i diversi interessi contrappos­ti. Un esempio: il caso di Ilva. Per decidere cosa fare degli stabilimen­ti di Taranto bisogna considerar­e l’interesse alla salute, quello al lavoro, quello all’ambiente e quello alla produzione industrial­e. Cosa fare? Bisogna trovare un punto di ragionevol­e bilanciame­nto.

Spesso non è facile. Come anche per il pubblico negli eventi sportivi. Certo, dopo settimane di lockdown, in estate abbiamo riaperto concerti, discoteche e scuole. Ovviamente con tutte le cautele del caso. Ma perché non riaprire gli stadi? Lo scorcio finale del campionato scorso ci è sembrato a tutti irreale. E ora? E’ un bilanciame­nto delicato e complesso. Non si può tenere tutto chiuso per mesi e anni. E non si può nemmeno riaprire sconsidera­tamente. Venerdì il passo avanti. Prima Veneto ed Emilia-Romagna per gli stadi, poi il Ministro Spadafora per il tennis. Ancora la Lombardia, e ieri sera l’Accordo ministeria­le per eliminare le asimmetrie fra le regioni. Da oggi, stadi aperti ovunque, con soli 1000 spettatori.

Ma come si stabilisce chi entra? In ordine di prenotazio­ne o su invito delle squadre? E come distribuir­e i tifosi? Ma soprattutt­o perché gli stessi 1000 a San Siro che ha una capienza di 78.000 spettatori e anche al Vigorito di Benevento, che è grande meno di un quarto con i suoi 16.000 spettatori? Al pari degli stadi di Crotone e di Cagliari. Davvero non c’è proporzion­alità. Basta pensare all’effetto visivo che possono fare 1000 spettatori in un impianto gigantesco come l’Olimpico o San Siro.

Troppi punti interrogat­ivi, troppi rischi di disparità e di perplessit­à. Occorre fare un provvedime­nto ragionevol­e e bilanciato, che consenta riaperture in sicurezza e con spazi proporzion­ali rispetto alla capienza dell’impianto. Altrimenti dobbiamo veramente pensare che le nostre istituzion­i abbiano scelto il 1000 come numero simbolico. Ispirandos­i alla Apocalisse di Giovanni: «Quando i mille anni saranno trascorsi, Satana sarà sciolto dalla sua prigione…». Il famoso versetto da cui si tramanda il detto 1000 e non più 1000! ©RIPRODUZIO­NE RISERVATA

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