NAPOLI: MERTENS OTTAVA MERAVIGLIA
In sette stagioni l’attaccante belga è diventato il migliore marcatore azzurro di tutti i tempi Si riparte con Dries ancora al centro dell’attacco. Ha scelto di restare e ha voglia di allungare il suo record di gol. La love story di Ciro continua
Il più forte di tutti i tempi ha deciso di non accontentarsi e di andare persino al di là dei luoghi comuni: come se non gli bastasse lasciarsi alle spalle Hamsik, che era diventato il re, e Maradona, che rimane ovviamente tale (e per sempre), Dries Mertens ha lasciato che gli scivolasse via la «presunta» crisi del settimo anno, ha sistemato l’ombrellone sul terrazzo del suo splendido appartamento a Palazzo Donn’Anna, ed ha dato un senso al significato assoluto di scelta di vita. Poteva starsene sulla riva del mercato ed aspettare, qualcuno sarebbe passato prima o poi, e non gli sarebbe mancate le soddisfazioni economiche: ma qui i soldi non sono tutto, aiuteranno pure a vivere meglio, ma vuoi mettere Posillipo e il risveglio placido dinnanzi a Capri, che strizza l’occhiolino.
Napoli è casa-Mertens, probabilmente sino alla «pensione», quella che scatterà tra due anni (o anche tra tre, come suggerisce l’opzione del recente rinnovo) e quattro milioni e mezzo stagionali qua valgono di più, perché portano dentro di sé un benessere quotidiano che si avverte passeggiando per le strade in cui quasi tutto sa di te, delle tue centoventicinqe reti, di quella espressione assai scugnizza, di una empatia che si è avvertita sin dal primo giorno - estate 2013 - e che non è mai evaporata, neanche nei momenti peggiori che pure sono capitati.
NAPOLI, GOL. L’ottavo mandato di Dries Mertens, in realtà il quinto da centravanti vero, riparte dall’Olimpico di Roma, 17 giugno, e da una Coppa Italia che sta lì, a ricordare tutto ciò ch’è successo, anche serate magiche, in un anno disastrato da ammutinamenti, esoneri e polemiche sembravano aver spaccato un ciclo: invece lui è rimasto, ci ha messo dentro tutta la sua sana e contagiosa allegria, ha accolto due «nemici» come Osimhen e Petagna senza lasciarsi distrarre, né inquietare, perché mica è presunzione essere consapevole della propria Storia.
Mertens ci ha già messo centoventicinque gol, tra i cannonieri in attività in campionato solo Immobile e Quagliarella hanno fatto meglio di lui nell’ultimo decennio, e loro sono nati per questo, mentre il belga per un po’ è stato «costretto» a sfilare sulla fascia, come la sua vecchia natura suggeriva. Poi Sarri intuì che in quell’uomo si nascondesse un diavolo e da quel momento nulla è stato come prima.
IL DRIESDENTE. Victor Osimhen è costato settanta milioni di euro e Andrea Petagna altri venti: ma i centoventicinque gol di Mertens pesano ancora (e tanto), sanno di una autorevolezza che sopprime persino questa esuberanza giovanile che sa di fresco e che viene depositata all’ombra di un fenomeno paranormale.
C’è un tridente (quasi) inedito al «Tardini», e s’avverte (almeno sentimentalmente) l’assenza di Callejon, che nel tempo attraversato nel settennato gliene ha fornito di piatti d’argento: stavolta, a destra, si appoggerà a Lozano, e a sinistra rimarrà ancora Insigne, toccherà a loro allargare il campo per consentire a Mertens di buttarsi dentro, di prendersi i loro «scarichi», di cercare gli uno-due che dovranno aprire la difesa, di fungere da elastico e comunque da prima punta, mai da «falso nueve».
Perché se c’è una cosa che limpidamente è stata mostrata, soprattutto in questi ultimi cinque anni, e non è stato necessario ricordarlo a Gattuso, è quel talento esagerato di Mertens, la sua sfacciata consapevolezza di avere dentro di sé ancora la vocazione del cercatore d’oro (di Napoli).
Ha accolto Osimhen e Petagna da vero amico, ma al Tardini oggi il titolare è lui
Nel tridente mobile di Gattuso ci saranno la classe di Insigne e i guizzi di Lozano