Corriere dello Sport

MATTEO SI FERMA SUL PIÙ BELLO

Niente semifinale: solo rimpianti per il numero uno azzurro Berrettini lotta tre ore: rimonta e va avanti 5-3 nel tie-break decisivo, ma si deve arrendere a Ruud, che oggi sfida Djokovic

- Di Massimo Grilli

Due dritti. Due stramalede­tti dritti. Quelli che Berrettini ha sbagliato nelle fasi decisive del terzo set. Uno sul 5-4 a suo favore, 30-30 servizio Ruud, l’altro - ancora più grave - sul 5-3 del tie-break. Certo, in una partita durata 2 ore e 57 minuti, estrapolar­e due “quindici” sui 209 giocati sembra un esercizio puramente statistico. Eppure è da quei due punti che bisogna partire per parlare del ko del nostro numero uno (e 8 del mondo) contro il roccioso e bravissimo norvegese Ruud (34 del ranking, tutto gambe e dritto pesante), una sconfitta che ha impedito il ritorno dopo tredici anni di un italiano nelle semifinali di Roma, da giocarsi oggi in una affascinan­te sfida con Djokovic con mille spettatori sugli spalti (e visto l’altalenant­e stato di forma del numero uno del mondo, che ha sofferto anche ieri contro Koepfer, i rimpianti aumentano). Parliamo di quei due dritti, Matteo, te li ricordi? «Io purtroppo ho una memoria spaventosa per le mie partite - dice il nostro, in conferenza stampa - mi ricordo tutto. Sì, dovevo fare quei due punti. Poi lui sul 4-5 del tie-break ha preso mezza riga e mezza buca sul servizio... ma la partita dovevo chiuderla io prima. Adesso starei festeggian­do la semifinale».

Un passo indietro. Berrettini che in tutto il torneo ha dato l’impression­e di essere una macchina di grande cilindrata ancora in rodaggio - aveva cominciato bene l’incontro, capitalizz­ando il break ottenuto nel primo gioco, soffrendo un po’ ma riuscendo regolarmen­te a tenere il servizio. All’inizio del secondo set la svolta: Ruud riesce a entrare più nello scambio e vola 3-0. Chiuso sull’angolo sinistro, Matteo sbaglia molto, come dimostrato dal gioco finale del parziale, due errori di dritto e altrettant­i di rovescio. «Abbiamo schemi di gioco simili ha spiegato poi il romano - anche se lui colpisce da molto più lontano rispetto a me. Cerchiamo entrambi il rovescio dell’avversario per poi affondare di dritto. E il suo fa male, molto».

“DAI MAT”. Il terzo set è il momento della sofferenza, è il momento di farsi sentire. Santopadre, allenatore del nostro, salta su come una molla a ogni punto vinto, mentre papà e mamma non fanno mancare dalla tribuna il loro apporto. «Dai Mat! Siamo qui con te, forza». Berrettini sbuffa, sembra senza energie, minaccia di spaccare la racchetta «al prossimo rovescio che sbaglio», va sotto 1-3 poi un errore - finalmente! - del figlio d’arte norvegese scatena l’urlo dell’azzurro, il pugno teso verso l’alto. E’ la svolta - credono i pochi seduti sui marmi del “Pietrangel­i”, tra loro si è anche affacciata la sindaca di Torino Appendino, neoeletta tra i consiglier­i della Fit - in un baleno siamo 4-3 Berrettini. Poi le occasioni sprecate, Ruud che sbaglia ma è ancora vivo, troppo vivo, arriva il tie-break con Matteo sempre avanti ma in due minuti ecco l’epilogo inaspettat­o, da 5-3 (e servizio) a 5-7.

«Un po’ di amarezza c’è - le parole dopo la gara - ma sono comunque fiero di me. Certo, non posso essere soddisfatt­o, ho perso e volevo arrivare in semifinale, ma venivo dal cemento e prima di Roma non avevo mai giocato sulla terra (l’ultima partita, al Roland Garros 2019, l’aveva persa proprio contro Ruud...; ndr). Qui ho disputato tre incontri a livelli alti, dimostrand­o di sapermi adattare in breve tempo. È stato un anno difficilis­simo, tra infortuni e poche partite. Oggi mi sono un po’ seduto all’inizio del secondo set poi sono stato molto bravo a reagire e alla fine mi sentivo fisicament­e a posto, avrei potuto giocare altri due set. Però è andata male, mi dispiace molto. Con il pubblico? Certo, sarebbe stata un’altra cosa, il tifo mi avrebbe dato energia, adrenalina, ma bisogna adattarsi. Anche il campo: avrei preferito giocare sul Centrale, è in condizioni migliori del “Pietrangel­i”, ma non possono essere scuse, queste».

LA PRIMA VOLTA. Giusto a questo punto regalare un po’ di spazio a Ruud, che fra tre mesi compirà 22 anni e ha confermato gli ultimi grandi progressi. Qui ha battuto anche Khachanov, Sonego e Cilic, nel 2020 ha vinto Buenos Aires e superato Fognini e Isner nell’ATP Cup che aveva aperto la stagione. E’ la sua prima semifinale in un Masters 1000 e nel prossimo ranking salirà almeno alla 30ª posizione. «La mia tattica si è rivelata vincente. Ho fatto giocare a Matteo tanti colpi, sono riuscito a muoverlo, a spingerlo anche fuori dal campo, perché se mette i piedi dentro i suoi colpi non li prendi più. Ora avanti così. Affronterò Djokovic? E’ la prima volta, sono pronto». Grinta da vero vichingo.

«Decisivi due dritti sbagliati. Peccato, ma posso essere fiero del mio torneo»

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